Fatture elettroniche: quando sono dovute dal non profit?

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Mancano pochi mesi all’entrata in vigore dell’obbligo di emettere le fatture in formato elettronico. Facciamo un primo punto della situazione.

 

Nel precedente intervento ho parlato dello standard delle fatture elettroniche dirette alla Pubblica amministrazione (PA). Vale la pena ricordare che, dal prossimo 31 marzo 2015, per quanto riguarda le sole prestazioni sinallagmatiche, sarà lo standard di colloquio obbligatorio con la PA.

Un primo scaglione di operazioni è già a regime dallo scorso 6 giugno 2014 e riguarda le operazioni di vendita e di prestazione di servizi, verso corrispettivo, effettuate a favore delle amministrazioni pubbliche centrali.

Mentre ci si avvicina alla deadline del 31 marzo le indicazioni ufficiose, emerse in incontri di studio e convegni, sono che le operazioni legate a prestazioni rese in regime di convenzione NON COMMERCIALI e soggette a rendicontazione sono escluse dall’obbligo di emissione di documenti elettronici.

Ciò significa che i documenti riepilogativi di spesa che un’associazione di volontariato (ad esempio) presenta alla PA per essere rimborsata, non sono soggetti all’obbligo di fatturazione elettronica. Questo emerge dal tenore letterale della norma che prevede le specifiche procedure solo per le fatture, cioè quei documenti fiscali emessi a fronte di cessioni di beni e/o di prestazioni di servizi diretti alla PA. Come dire: se in precedenza non dovevamo emettere la fattura cartacea in quanto attività non soggetta ad IVA, non è che se cambia il supporto allora improvvisamente l’attività diventa soggetta ad IVA!

E’ comunque probabile che nel futuro il sistema potrà essere implementato ed esteso anche alle operazioni in convenzione con rendicontazione, dal momento che anche queste costituiscono una non trascurabile fonte di “debito” per la PA.

I passi per l’emissione della fattura digitale

Nei casi in cui la fattura (digitale o non) fosse dovuta, vediamo come adeguarci alla digitalizzazione. L’emissione di una fattura digitale non è di per sé un problema insormontabile: una volta ottenuti un indirizzo pec e una firma digitale adeguati, diverse sono le soluzioni offerte sia dagli applicativi che si utilizzano per l’emissione delle fatture sia in outsourcing. Il tutto più o meno a buon mercato.

Ho scritto “adeguati” non a caso perché sembra che gli indirizzi pec messi a disposizione dal Governo non sono riconosciuti dal Governo stesso (sic!) per questo tipo di comunicazioni e ci si domanda allora a cosa servano.

Occorre tenere presente che oltre al codice unico di gara (CIG) e al codice unico di progetto (CUP) sarà necessario indicare anche il codice di un ufficio di fatturazione elettronica funzionalmente preposto a ricevere la fattura elettronica. Ogni amministrazione si dota anche di un codice centrale denominato “Uff_eFatturaPA” a cui saranno inviate le fatture finché non sarà individuato l’ufficio funzionale specifico. I vari codici si reperiscono attraverso l’indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA)

che permette di instradare in modo univoco (si spera!) il documento emesso in formato XML verso l’amministrazione destinataria della fornitura. Risulta perciò basilare acquisire i codici necessari sin dal momento della stipula del contratto per non trovarsi in panne al momento di dover emettere la fattura.

All’invio del file il sistema di interscambio (SdI) produce un primo messaggio di ricevuta che conferma esclusivamente la rispondenza formale del file al formato richiesto. Questo però non significa che la fattura sia giunta alla corretta destinazione bensì solo la conformità tecnica del file.

Il problema della fattura respinta

Lo SdI procede quindi a recapitare il file all’amministrazione destinataria ma se il file viene respinto, il sistema invia al fornitore un messaggio motivato di mancato recapito entro 15 giorni dall’invio, affinché si provveda a rimuovere l’ostacolo all’inoltro.

Ai fini IVA è importante notare che la fattura si ha comunque per emessa e quindi deve concorrere alla liquidazione dell’IVA se del caso. Il problema è che la fattura non accettata dalla PA comporta il divieto di pagamento della fornitura: questo è quanto disposto dall’art. 6, comma 6, d.m. 55/2013.

Finché la fattura elettronica non giunge al corretto destinatario e non viene accettata dallo stesso come rispondente al contratto stipulato, il documento elettronico rimane in una sorta di “limbo telematico” che non produce alcun effetto in tema di pagamento della fornitura.

La conservazione della fattura elettronica

Risolti i vari problemi dell’emissione delle fatture elettroniche, la questione più importante diviene la loro conservazione a norma posto che, per effetto dell’art. 39, comma 3, d.P.R. 633/72, le stesse devono essere conservate elettronicamente, ai sensi dell’art. 21, comma 5, d.lgs. 82/2005.

Diviene perciò opportuno isolare le fatture elettroniche destinate alla PA perché, ad esempio, se nel corso dell’anno ci si trovasse ad emettere la prima fattura elettronica con il progressivo n. 300, non solo dovrebbe essere conservata a norma la fattura 300, ma anche le precedenti 299 sebbene siano state emesse in formato cartaceo.

La norma di riferimento si rinviene nel d.m. 23/01/2004 del Ministero dell’Economia e delle Finanze e nella successiva circolare del 06/12/2006 n. 36 dell’Agenzia delle Entrate.

In entrambi i provvedimenti si prescrive che le fatture elettroniche devono essere conservate senza soluzione di continuità progressiva e temporale.

Si ritiene perciò utile procedere ad una numerazione ad hoc delle fatture elettroniche con istituzione di un registro sezionale IVA nel quale registrarle.

Ulteriori informazioni sul tema si possono reperire consultando la circolare del 31/03/2014 n. 1

 Gianpaolo Concari

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2 commenti

  1. Fabio Pagano on

    Buonasera. Cortesemente, si noti che il d.m. 23/01/2004 del Ministero dell’Economia e delle Finanze (e quindi la relativa successiva circolare del 06/12/2006 n. 36 dell’Agenzia delle Entrate al quale si riferisce), da Voi citati, nei quali si prescrive che la conservazione sostitutiva deve essere effettuata senza soluzione di continuità progressiva e temporale, sono stati abrogati e sostituiti dal DM del 17/06/14 (dall’ Art. 7 Comma 2), nel quale non è più riportata la necessità della non soluzione di continuità relativamente alla conservazione sostitutiva delle fatture. Grazie.

    • Gianpaolo Concari on

      Pur essendo stata innovata la materia (cfr. dm 17/06/2014), si ritiene ancora valida la posizione dell’Agenzia delle entrate che, con circolare 06/12/2006 n. 36 (par. 5.3), ha testualmente affermato che

      (…) ove il contribuente intenda adottare la conservazione elettronica delle sole fatture elettroniche, e’ consentita la conservazione con le modalita’ tradizionali delle fatture in formato analogico a condizione che le stesse siano annotate in un apposito registro sezionale e numerate progressivamente con una distinta serie numerica in ordine cronologico, senza soluzione di continuita’ per periodo di imposta

      La posizione è stata ribadita altresì dall’Agenzia delle entrate con propria risoluzione 30/06/2009 n. 196/E

      GC

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