Tutti gli articoli della Riforma: cerchiamo di capirne il senso

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Mercoledì scorso (18.3) la XII commissione della Camera ha licenziato il testo della Riforma del Terzo Settore. Ovviamente non è definitivo perché come sapete deve passare ancora il vaglio dell’assemblea della Camera e Commissione e Assemblea del Senato. Qui l’infografica per chi non ricordasse l’iter.

Vita ha prontamente pubblicato i due testi a confronto (disegno di legge del Governo e nuovo ddl) e in questo loro articolo trovate in fondo il pdf.

Andiamo a leggere cosa dice ogni articolo, e se ci sono novità positive o punti critici. Prendetela per quella che è, solo una prima analisi, impressioni “a tiepido”.

Articolo 1
E’ l’articolo di premessa e non è stato cambiato granché.
Si dà una definizione di Terzo Settore che a mio avviso non è corretta, in quanto insiste sulla coincidenza tra assenza di scopo di lucro e Terzo Settore, ovvero NON PROFIT = TERZO SETTORE. Secondo me non è così, tanto è vero che, con gli opportuni distinguo, chi entrerà con il capitale e guiderà dal board un’impresa sociale avrà correttamente una aspirazione di profitto (seppure low profit). Ugualmente le cooperative sociali vedono nella base cooperante persone che intendono migliorare la propria posizione lavorativa e il proprio welfare e hanno diritto a sedersi in consiglio di amministrazione, potendosi peraltro distribuire una minima parte di profitti.
Mi sembra una posizione diversa rispetto a chi sta nei CdA di associazioni e fondazioni, no?
Credo che da questo misunderstanding sia poi scaturita la polemica tra M5S e resto du mundo (gli altri deputati).
Sono stati aggiunti i riferimenti alla Costituzione, il che, almeno fino a quando ce la lasciano, mi sembra una buona cosa.
Articolo 2
Detta i Principi e criteri direttivi generali. Anche qui si dice che l’iniziativa economica privata viene svolta senza finalità di lucro. Ossimoro. Quando capiranno che “lucro” non è una parolaccia e quando si tratta di imprese sociali et similia vi è una giusta aspettativa di lucro?
Articolo 3
Revisionano il codice civile, così dicono; ma, come per altre parti, non dicono quali articoli, parlano solo del libro I, Titolo II. Vogliono riformare tutti i 28 articoli vigenti? Perché non parlano del DPR 361/00 che ha innovato non poco le procedure?
Articolo 4
Riordino e revisione disciplina del Terzo settore e Codice del Terzo settore
E’ l’articolo dove si dicono cose nuove forse realizzabili, altre che non si capiscono e altre ancora che non sono nuove – cioè sono già esistenti.
In generale è previsto un codice unico del Terzo Settore. Io non so se sia realizzabile, ma togliamoci dalla testa che gli amministratori del non profit possano trovare davvero tutte le norme che interessano i loro enti in un codice unico. E’ impossibile. Esempi? Credete davvero che tolgano dal TUIR le norme fiscali sulla imposizione diretta? O dal DPR 633/72 quelle sull’IVA? Vogliamo parlare di privacy e di sicurezza sul lavoro? E quelle sul lavoro in generale? E la nuova legge sulla cooperazione internazionale sarà integrata o solo richiamata nel Codice Unico? E le sportive dilettantistiche che non sono mai citate? Davvero lo chiameremo Codice Unico?
La lettera b recita
“individuare le attività solidaristiche e di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa”. Cosa fanno? Un elenco di attività per poi ritornare nell’incubo della qualificazione dei settori d’attività delle Onlus? L’intenzione è lodevole ed ha un senso. La sua realizzazione mi appare ardua e può rivelarsi un boomerang.
La lettera f) afferma
“f) disciplinare gli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e d’informazione nei confronti degli associati e dei terzi, differenziati anche in ragione della dimensione economica dell’attività svolta e dell’impiego di risorse pubbliche, nonché prevedere il relativo regime sanzionatorio”.
Mi sembra opportuno il riferimento alla dimensione economica. Gestire un ente con 5.000 euro di entrate non è la stessa cosa di amministrarne uno con 5 milioni di euro.
Lettera h)
“h) disciplinare gli eventuali limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.”
Ho già detto che sulla pubblicità degli emolumenti bisognerebbe allargare la visuale e fare un salto culturale. Inoltre, ad oggi i limiti già esistono ma la legge è stata fatta così male che non si capisce quali siano.
Alla lettera i) prevedono il registro unico, che credo farà fare un salto in avanti al non profit italiano (noi abbiamo cercato di anticipare il Parlamento in Piemonte). Speriamo che lo sappiano gestire: i Commercialisti suggeriscono di partire dalla buona esperienza del Registro delle Imprese tenuto dalle Camere di Commercio. Dispiace che i Commercialisti si siano un attimo confusi: il Registro deve dare garanzia non tanto ai creditori ma alla pubblica fede. Il Registro del non profit deve essere raggiungibile con un click a costo zero per qualsiasi cittadino italiano, cosa un po’ diversa dal Registro delle imprese. La Commissione della Camera collega giustamente il registro alla possibilità di ricevere fondi pubblici o privati ma attraverso sollecitazioni pubbliche. Si sono dimenticati di inserire che dovrebbero essere iscritte anche le organizzazioni che ottengono benefici fiscali (decommercializzazioni varie).
Articolo 5
Volontariato, APS e mutuo soccorso
E’ quello scritto meglio, anche perché sembra lasciare immutata la situazione odierna. Vengono date maggiori funzioni ai Centri di servizio, ma si evita accuratamente di dar loro maggiori fondi. Le nozze coi fichi secchi hanno notoriamente un gran successo.
Alla lettera g) si legge: “uniformare i requisiti dei registri e degli osservatori nazionali con quelli regionali”. Cosa vuol dire? L’uniformità dovrebbe essere tra registri locali, dato che ad oggi il problema è che due associazioni identiche di diverse regioni o province si sentono dare risposte opposte all’atto di iscrizione allo stesso tipo di registro. Ma poi, non dovrebbe esserci il Registro Unico?
Articolo 6
Impresa sociale. Qui c’è stata la grande bagarre, e ho già detto qual è stata l’incomprensione di fondo.
Articolo 7
Vigilanza, monitoraggio e controllo. Non mettetevi a ridere, ma hanno* un compito da far tremare i polsi (su 300.000 enti) al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Li hanno premiati dato che finora quegli uffici hanno dato un gran servigio al mondo del non profit!!!
Ci fosse solo questo. Come al solito va tutto in malora se tutta questa vigilanza si riduce a questo:
“promuove l’adozione di adeguate ed efficaci forme di autocontrollo degli enti del Terzo settore, con particolare riguardo per quelli di piccole dimensioni, anche attraverso l’utilizzo di strumenti atti a garantire la più ampia trasparenza e conoscibilità delle attività svolte dagli enti medesimi,”
Autocontrollo! Solito pasticcio all’italiana. Il controllo deve essere esterno! E’ stata una pessima idea – credo del Forum del III Settore. Dato che è pessima, è passata.
*(Grazie, AG; nella prima versione avevo perso l’h)
Articolo 8
Servizio civile universale. Poche modifiche, non sostanziali, a mio avviso. Poi intanto l’ho già fatto quando era “obbligatorio”. 😀
Articolo 9
Fisco e sostegno economico
Lettera a)
a) definizione di ente non commerciale ai fini fiscali connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente e introduzione di un regime di tassazione agevolativo che tenga conto delle finalità solidaristiche e di utilità sociale dell’ente, del divieto di ripartizione anche in forma indiretta degli utili e dell’impatto sociale delle attività svolte dall’ente
Ti puoi immaginare se la burocrazia fiscale ti lascia passare questo concetto, cioè che la definizione di ente non commerciale passa dalle finalità e non dalle attività! Il regime di tassazione agevolata a seconda delle finalità solidaristiche già esiste come il divieto di ripartizione degli utili. Chicca finale: impatto sociale dell’ente. Chi e come lo misura? Chimera.
Lettera b)
“b) razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità e detraibilità dal reddito o dall’imposta delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali, in denaro e in natura, disposte in favore degli enti di cui all’articolo 1, al fine di promuovere, anche attraverso iniziative di raccolta fondi, i comportamenti donativi delle persone e degli enti”
Giusta la prima parte, sempre che razionalizzazione non significhi che riducono i risparmi fiscali per i donatori. Nella seconda parte si è uccisa la lingua italiana. Dovevano dire qualcosa del tipo “consentendo agli enti diverse tipologie (o la maggior flessibilità nelle iniziative) di raccolta fondi”.
5 per mille, lettera c). Due manine (on Lenzi e on Beni, ex ARCI) hanno aggiunto che si rivedranno i criteri di accreditamento del 5 per mille, che significa che metteranno un tetto all’inoptato, come propugnava anni fa Zamagni, in uno dei suoi frequenti viaggi nell’iperuranio.
Alla lettera d) si prevedono sanzioni per chi non pubblica l’utilizzo delle somme del 5 per mille, sanzioni che ci sono già, le hanno votate questi stessi deputati pochi mesi fa. Memoria corta, eh?
Alla lettera g) si parla di “istituzione di un fondo rotativo destinato a finanziare a condizioni agevolate gli investimenti degli enti del Terzo settore”, ma lo si dice nella lettera dedicata alle imprese sociali. Quindi a chi va questo fondo?
Alla lettera m) giustamente si dice che bisogna rivedere la legge sulle Onlus e viene detto tra le righe – così ho letto nei resoconti – che è esclusa dalla qualifica di Onlus l’impresa sociale che distribuisca – anche limitatamente – gli utili. L’hanno pensata così, ma l’hanno scritta in modo astruso.
Articolo 10
Disposizioni finali
Soldi? Non ce ne sono. Se ci sono se ne danno di più alle imprese sociali (fondo rotativo) e al 5 per mille (bene!).
Articolo 11
Entro il 30 giugno di ogni anno, avremo la relazione alle Camere del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sue attività di  vigilanza, monitoraggio e controllo.
Chissà che ressa ad ascoltarli!
Per finire, mi ha colpito una cosa, tra le tante. Questo ddl diventerà una legge delega, nella quale il Parlamento deve dare al Governo entro precisi confini una delega a legiferare. I confini sono di senso (le materie) ma sono spesso rappresentati anche da leggi ad oggi vigenti. Si delega il governo a modificare l’art X della Legge Y/ANNO. Bene: quante leggi vigenti del non profit vengono citate espressamente nel ddl? 5, solo 5. Tutto è un riferimento generale alla legislazione (senza numeri di norma e date). Ma è possibile scrivere una legge delega che dà un potere enorme al Governo di abrogare o modificare un’enorme quantità di disposizioni senza dire quali disposizioni saranno cambiate?
Capisco l’altissima aspirazione di essere zerbini del Governo, ma un po’ di forma salverebbe la dignità di chi vota.

Carlo Mazzini

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2 commenti

  1. Caro sig. Mazzini, essendo il presidente di una APS – Onlus, vorrei sapere se ci può indicare un sito del ministero dove viene indicato l’iter da seguire per richiedere di partecipare ai bandi per il servizio civile, ai fini di un inserimento di un giovane che svolga il servizio presso la nostra associazione.
    Grazie, Claudio Danza

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