La raccolta fondi commerciale? Non esiste!

1

Ho cercato di spiegarlo in un modo. E niente, non l’hanno capita. Allora ci ho provato con i disegnini. Vuoto, totale assenza di sinapsi.
Di cosa parlo?

Ma della raccolta fondi, della sua qualificazione giuridica e fiscale e di come troppi professionisti e amministratori di enti stiano equivocando sul suo concetto affermando senza vergogna che l’attività di raccolta fondi può essere commerciale. Allora mi sono detto che prima che causino altri danni debbano essere messi al corrente o almeno debbano confrontarsi con quanto riporto qui di seguito.


Quella che segue è quindi una mini spiegazione perché chi non ha capito finora nulla inizi a vedere la luce!
Vi starete chiedendo: ma questo crede di avere la luce in tasca? E’ un fottutissimo presuntuoso?
Ok luce. Ok presuntuoso (anche fottutissimo).
Ma statemi un attimo a sentire perché la questione è articolata ma comunque semplice.

Gli ETS devono realizzare attività di interesse generale in prevalenza.
Però, dato che agiscono spesso (non sempre) in “non mercati”, devono in qualche modo riuscire a tenersi in piedi per poter perseguire gli scopi e realizzare nel futuro ulteriori attività di interesse generale.

Il quesito è: come mantengo le attività di interesse generale, come rendo reali e concreti i progetti che sono sostanza e ragione al mio essere ente con finalità ideale?

Il legislatore si è qui tolto il velo dell’ipocrisia e ha detto sostanzialmente questi 3 concetti fondamentali.
Primo: se c’è spazio per il mercato tra le attività di interesse generale, che gli ETS lo sfruttino pagandoci le imposte.
Quindi le attività di interesse generale possono essere realizzate anche in forma commerciale e, no, non è questo il posto né il momento per dire come cambierà se cambierà la normativa fiscale sull’attività commerciale degli ETS quando la Commissione europea darà una risposta ad un quesito che a 6 anni di distanza ancora nessuno gli ha posto. (non fate commenti!)
Secondo concetto: non solo le attività di interesse generale possono essere realizzate in forma commerciale: possono essere realizzate anche altre attività in forma commerciale che il legislatore ha chiamato attività diverse: noterete che l’aggettivo ha un qualche significato. Diverse da cosa? Ma dalle attività di interesse generale (e non solo).
Sponsorizzazioni, vendite continuative, attività anche imprenditoriali. Tutto ciò che comporta un mercato nel quale agire. Consentendone l’attività – e superando i limiti qualitativi della norma Onlus – il legislatore ha dato prova di maturità e persino di visione.
Terzo concetto: il legislatore si è fatto persuaso che gran parte degli enti non profit sono sostenuti da anni (chi da secoli) dalle donazioni.
E ha anche capito che le donazioni – al di là della divina provvidenza – tendono a non piovere sulle organizzazioni in modo automatico appena qualcuno annuncia “ho una buona causa!”.
Ci vuole una vera e propria attività di sollecitazione delle donazioni.
Quindi il legislatore ha scritto che sarebbe stata cosa buona e giusta per gli enti essere liberi di realizzare attività di raccolta fondi.
Adesso bisogna fare un passo in avanti con il ragionamento.
Siamo d’accordo che un ETS non può fare solo raccolta fondi? Bene. E che non può fare solo attività diverse? Benissimo.
Perché non possono farlo? Perché il legislatore riconosce un ETS se realizza attività sociali, ambientali, sanitarie, culturali ecc. E’ grazie a queste, e solo a queste, che si caratterizza l’ente come ETS.

Quindi … cosa sono le attività diverse e le attività di raccolta fondi?
Sono attività funzionali alla realizzazione delle attività di interesse generale.
Con poca fantasia chiamiamo AD le attività diverse e RF quelle di raccolta fondi.
Se sia AD che RF sono funzionali alla realizzazione delle attività di interesse generale, il legislatore le avrà differenziate in qualche modo, vero?
Certo che lo ha fatto e lo ha fatto in modo netto grazie alla definizione di RF.
Infatti all’art 7 del Codice si legge:
“Per raccolta fondi si intende il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva”.
La raccolta fondi caratterizza gli enti non profit perché solo a questi soggetti i cittadini si sentono in animo di donare soldi senza ottenere nulla in cambio.
Quindi, sia dal punto di vista esperienziale, sia da quello del testo letterario della norma (quando dice “di natura non corrispettiva”) viene fuori che la raccolta fondi viene è un’attività nella quale qualcuno sollecita i terzi perché lo sostengano senza che questi ricevano nulla in cambio, quindi in una relazione di non corrispettività.
Se non fosse così … cosa differenzierebbe la raccolta fondi dalle attività generali?
Quando ottengo una somma di denaro come posso dire che sono in un contesto di raccolta fondi anziché di attività diverse?
Devo trovare un criterio e, come scrive la legge, il criterio è che con la raccolta fondi convincete i cittadini a sostenervi senza che questi si aspettino nulla in cambio.
Invece, con le attività diverse i vostri donatori non sono più tali ma clienti, perché acquistano da voi, aspettandosi qualità dal bene o dal servizio, e che sono consapevoli che anche acquistando “aiutano”.

Quindi, chi continua a dire che ci possono essere attività di raccolta fondi di natura commerciale sbaglia almeno 3 volte.
Il primo errore è che interpreta l'”offerta di beni e servizi di modico valore” contenuto nella norma come un “liberi tutti” NELLA raccolta fondi, quando invece si tratta delle raccolte occasionali pubbliche di fondi (che sono un “di cui”, con norma particolare che deriva da norma europea). Non è attività commerciale, non c’è alcuna via libera: non la è perché questo tipo di raccolta deve avere caratteristiche grazie alle quali il frutto, il fiore o il diavolo che se lo porti che viene dato al sovventore (come viene chiamato nella norma) è un mero ringraziamento, un “presente” dell’ente. Il fatto che il sovventore nella manifestazione possa non ritirare il bene ma dare ugualmente i soldi dimostra che il contesto è di una “non vendita” (ne ho parlato anche qui).
Il secondo sbaglio di chi dice che l’attività di raccolta fondi può essere fatta “per corrispettivo” è che non sa dirci quando un’attività per corrispettivo debba essere messa nella RF e quando nelle AD. E se non si sanno distinguere i due ambiti il rischio fiscale e di definizione della commercialità dell’ente è ENORME. Per i più acculturati, si vada a vedere cosa dice l’articolo 79, c 5 del CTS e il DM 19 maggio 2021 sulle attività diverse.
Il terzo scivolone consiste nel fidarsi di decreti ministeriali (linee guida della raccolta fondi e schemi di bilancio) che brillano per insipienza e trasudano di ignoranza, affastellando uno dietro l’altro errori macroscopici di concetto, mischiando colpevolmente le attribuzioni per natura (giuste) con quelle per destinazione (sbagliate). I decreti sono abborracciati nella forma e nella sostanza e portano … portano sfiga. Ecco! l’ho detto. Per come sono stati scritti è chiaro che sono iettatori degli enti del terzo settore. Gli fanno sbagliare le cose semplici. E nella sostanza stanno causando danni enormi alle organizzazioni, ai loro controllori, alla rappresentazione economica delle loro attività (avremo modo di parlarne).
In merito alla raccolta fondi, possiamo dire che il ministero ha sbagliato a scrivere – per come le ha scritte – le linee guida della raccolta fondi? Io l’ho detto e non solo ora.
Se ha fatto il bis con gli schemi di bilancio, cosa facciamo? La ola come allo stadio? Vogliono i complimenti e la standing ovation? Diciamo va tutto bene, madama la marchesa!? Favoriamo la coazione a ripetere?
Ognuno si misuri con il grado di esperienza che ha nel trattare queste materie. Si faccia domande sulla natura giuridica della relazione tra ente e donatore o cliente.
Poi, tragga le proprie conclusioni.

In conclusione. Se un ente vende in via continuativa beni o servizi (sempre che non sia attività di interesse generale) dovrà classificare questa sua azione nelle attività diverse.
Le raccolte fondi interessano sempre e solo il rapporto disinteressato (economicamente) del donatore con l’ente.
Tertium non datur.
Quindi, a me, fottutissimo presuntuoso, non si dica più che le raccolte fondi possono essere commerciali.
Per me resta “una cagata pazzesca!” (cit.)

Carlo Mazzini

Related Posts with Thumbnails
Share.

About Author

1 commento

  1. Massimo Torsello on

    Buongiorno
    un chiarimento se possibile: se per raccogliere fondi organizzo un concerto con ingresso a pagamento, sto svolgendo una attività diversa, anche se lo faccio una tantum? Anche se nelle Linee guida è considerata raccolta fondi?
    Grazie in anticipo
    cordiali saluti

Leave A Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Questo sito utilizza cookie per funzioni proprie. Se continui nella navigazione o clicchi su un elemento della pagina accetti il loro utilizzo Per maggiori informazioni vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy"

Vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy" - Per contattarci su questioni "Privacy" scrivi a "studiouno (chiocciola) quinonprofit.it"

Chiudi