Uscire dall’articolo 30: una proposta concreta. La sottoscrivete?

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Schermata 2009-10-12 a 01.23.46Oggi, lunedì 12 ottobre, si incontrano l’Agenzia delle Entrate e alcuni rappresentanti del Terzo Settore per discutere finalmente di articolo 30 su tre aspetti: proroga della scadenza di invio, ambito soggettivo della norma (è possibile allargare la platea degli esclusi?) e ambito oggettivo, cioè come cambiare il contenuto delle 38 dichiarazioni o almeno come precisarne il significato.

Questa è una notizia, e personalmente do il mio contributo su Il Sole di oggi, nella pagina del volontariato (pag 29), con la puntualizzazione su alcune questioni di fondo dei tre ambiti.

Ma una notizia per me più importante perché legata un pò meno al contingente e più al pensare di costruire un paese normale, è la seguente: esiste un modo semplice per superare in un blocco solo l’articolo 30 e le problematiche che reca seco.

Ho pubblicato nell’ultimo numero di Vita a pag 31 un articolo per il quale vi chiedo – ancora una volta – 5 minuti di attenzione; saranno 5 minuti spesi bene, credo.

Eccolo.

ARTICOLO 30. C’È UN’EXIT STRATEGY: È IL MODELLO UNICO

“Parliamoci chiaro, senza opportunismi e difese di corporazione.

L’articolo 30 ha messo in luce la necessità da parte della comunità nazionale di avere meccanismi snelli e umani di controllo degli enti non profit, al fine anche – ma non solo – di stanare i furbi e i disonesti.

Come sappiamo questa necessità è stata tradotta in una norma insana (articolo 30) che non si confronta con la realtà dell’associazionismo, norma che ha partorito un modello illeggibile e dalla dubbia utilità.

Forse sarebbe meglio uscire da una situazione così deleteria e arrivare ad una soluzione con logica win-win, ovvero che porti vantaggio sia a chi impone l’adempimento, sia a chi lo subisce.

Questa pertanto è la mia proposta.

Attenti allo zelig

Vi è uno zelig che si aggira per le vie tributarie, ed è il Modello Unico Enti non commerciali (ENC). Deve essere compilato da una platea di soggetti assolutamente eterogenea (da qui la sua natura di zelig) che va dalle associazioni, fondazioni, onlus, ai condomini, enti pubblici economici, enti ospedalieri, trust, ma anche società ed enti non residenti. Si parla di enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno quale oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Il famoso “di tutto, di più”. Ai fini statistici e di comprensione di cosa sta facendo il non profit è una dichiarazione inutile, in quanto per sapere qualcosa del non profit bisognerebbe estrapolare dai dichiaranti di questo modello gli enti non commerciali, verificare quanti tra questi ultimi sono anche “senza scopo di lucro”, e poi si avrebbe … la sola parte commerciale. Infatti, essendo una dichiarazione dei redditi (e come tali assoggettabili ad imposta), chiede lumi ai soli enti che hanno entrate commerciali o redditi da terreni, fabbricati, partecipazioni. Ha pertanto utilità solo (e non è poco, capisco) per riscuotere le imposte sulla parte commerciale.

Ma facciamo finta – per una volta – di essere un paese normale. Lo capisco, il salto è lungo, ma la fantascienza ci affascina.

Immaginiamo che – mantenendo l’obbligo della dichiarazione per i soggetti che realizzano attività imponibili – si imponga a chi ha entrate non commerciali superiori ad una certa cifra (ipotizziamo 50.000 euro) di compilare pochi ma determinati riquadri del modello Unico ENC. Si parte dai dati anagrafici e dalla conferma del rispetto di determinate norme agevolative a seconda delle tipologie di enti; quindi alcune notizie riguardanti il volontariato non dovranno essere compilate dalle altre onlus, e così nei casi delle fondazioni, delle associazioni di promozione sociale, eccetera.

In questo modo, ad esempio, non si esigerà dal volontariato il rispetto di norme che non gli competono, ma si chiederanno delucidazioni sulle entrate commerciali e produttive commerciali (DM 25 maggio 1995).

A tutti verranno chieste informazioni sulle entrate, sulle diverse tipologie, sulla loro natura.

In America invece …

Cosa si otterrà, alla fine? La possibilità non di un “una-tantum”, ma di un “continuum” di dichiarazioni che metterà l’Agenzia delle Entrate in condizione di monitorare, verificare, sanzionare chi dichiara il falso, i mendaci, i truffatori. Poi si otterrà qualcosa di ancora più straordinario.

Uno spaccato fenomenale del non profit con quei numeri e trend che ridicolmente mancano da quasi 10 anni causa la scadenza (appunto decennale) del censimento ISTAT sul terzo settore. Siamo qui che ragioniamo ancora con i dati del ’99, quindi sragioniamo, perché quei dati non rispecchiano ciò che è successo di recente, e pertanto non sappiamo quale sia il vero peso economico del movimento, né sappiamo sui singoli enti se l’amministratore, il direttore generale, ecc sia retribuito – come in molti casi è ovvio ed opportuno – e con quali cifre!

Non svenite; è bene mettere l’asticella un po’ più in alto. Perché altrimenti non si va da nessuna parte. Prendiamo ad esempio il Form 990 che determinate organizzazioni non profit americane devono compilare per vedere confermate, guarda un po’, le esenzioni dalle imposte.

Cosa chiede il fisco americano a questi enti? Tenetevi forte, scelgo a casaccio. Compensi degli amministratori, ma anche le spese sostenute per servizi professionali (anche i consulenti, sì), i costi di personale attribuibili al fundraising, eventuali benefits accordati ai dipendenti, le spese di viaggio, quelli relative alle conferenze, i costi di attività di lobbying sostenuti per influenzare la pubblica opinione anche con iniziative legislative.

Ed ancora, se ci sono rapporti economici con altri enti non profit o partiti politici; se l’ente ha avuto rapporti economici acquistando o vendendo beni o servizi, o imprestando denaro a qualcuno dei donatori, dei volontari, degli amministratori, dei dipendenti (fuori dal contesto lavorativo).

E si deve dichiarare se vi sono legami di sangue tra i componenti del Consiglio di Amministrazione. Nel nostro paese, quello del “tengo famiglia”, sarebbe bello vedere quanti, senza ragione, – o se c’è, non è confessabile – fanno di un ente un esclusivo feudo familiare.

E il bello di tutto ciò è che gli enti più virtuosi sarebbero spinti a pubblicare non solo il bilancio ma anche la dichiarazione “Unico Enti non commerciali”, per mostrarsi più trasparenti di una casa di vetro. Ed è così che succede negli Stati Uniti.

Battete un colpo

Immaginiamo che queste notizie vengano inviate una volta sola all’anno, anche agli enti pubblici (Regioni, Province, Direzioni Regionali delle Entrate) che controllano il mantenimento dei requisiti che consentono alle organizzazioni di stare nei registri (del volontariato, delle onlus, delle associazioni di promozione sociale). Un solo adempimento, più funzioni (amministrative, fiscali) soddisfatte.

Una sola dichiarazione, responsabile, chiara, della quale andare fieri, perché il fine del nostro ente è (anche) preservare la fiducia che il pubblico ci accorda da molto tempo.

Si può pensare di introdurre una misura del genere in modo graduale, ed evitare che diventi un mostro con domande a ripetizione alle quali non si sa come rispondere perché pensate male e formulate peggio.

Il costo per l’ente? Mentre compilo il bilancio sono lì che posso riempire gran parte della dichiarazione; inoltre chiedo aiuto ad un commercialista e per gli enti sopra i 50.000 euro diventa un costo ben inferiore all’1% delle entrate.

Questa è la proposta. Questi sono gli esempi. Se vi sono ragioni per sostenere questa proposta fatele sapere a Vita. Se vi è piaciuta, spronate dal loro torpore le rappresentanze del non profit. Evitiamo che queste giochino al “piccolo politico” come i bambini giocano al “piccolo chimico”. Diamo loro il mandato di cercare la via più trasparente e diretta per risolvere i problemi, per certificare la volontà di fare e bene. Se ritenete non congrua, sbagliata, populistica questa proposta, parlate, argomentate. Io non sono qui a sostenerla ad ogni costo. Sono qui a sostenere un non profit più maturo, che non gioca di rimessa con gli enti pubblici; un terzo settore credibile, che propone, che fa un po’ meno convegni e condivide più sapere, che si presenta come parte più avanzata (e in questo anche un po’ aliena) della società.

Carlo Mazzini”

Sopravvissuti? Bene. Capito tutto? Magari qualche aspetto vi può sembrare un pò oscuro, forse non mi sono spiegato bene in alcune parti. Qui potete chiedere lumi, puntualizzare, controbattere. Basta andare subito dopo l’articolo e scrivere un commento; come potete vedere nella colonna a sinistra, cerco sempre di rispondere prontamente ai vostri commenti.

E se volete “fare 31” (e il caso vuole che l’articolo incriminato sia il 30 🙂 ) potreste anche voi dare un ulteriore contributo, in un modo molto semplice.

Scrivete a Vita, che ha avuto l’ardire di pubblicare questo mio contributo, che ci ha creduto credo perché vi ha visto qualcosa di più di un pezzo che riempisse una pagina del settimanale.

Scrivete quindi a onlus@vita.it e dite la vostra. Non saranno indifferenti alla vostra opinione.

Vi aspetto qui e su Vita. Terzo settore, se ci sei batti un colpo.

Carlo Mazzini

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4 commenti

  1. La proposta mi sembra innovativa ed interessante. La sottoscrivo certamente, se può far saltare nel breve quella pazzia burocratica dell’articolo 30, sono dei vostri!
    Anche la mia piccola associazione si troverà in grossissime difficoltà a compilare la dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate.

    Franco

  2. Carl Drexler on

    Molto interessante ed importante. Stiamo studiando come meglio intervenire nei prossimi giorni. Grazie a quinonprofit per questa illuminazioni

  3. Caro Mazzini,
    apprezzando la Sua proposta ( se ne era parlato anche con il commercialista che dà la sua consulenza a CSV in Friuli V.G.)provo a semplificare al massimo la questione così come la vediamo dal nostro osservatorio di sportelli del CSV in rapporto quotidiano con il Volontariato:
    a) l’Agenzia delle Entrate, stimolata da un Ministro che sembra fare della lotta all’evasione una crociata (salvo periodici condoni e scudi fiscali), pensa bene di stanare le Onlus che, rifugiandosi dietro la normativa che concede benefici fiscali a queste ultime, in realtà svolgono attività commerciale a tutti gli effetti evedendo IVA e tasse ( ritengo che la cosa sia particolarmente vera per alcune Ass. Sportive Dilettantistiche che fanno pagare salatissime quote di associazione a fronte della fornitura di veri e propri servizi di palestra, piscina, quando non di maneggio, rimessaggio barca ecc.);
    b) il mezzo per stanare gli indegni è una autocertificazione in 38 punti che, a detta dei commercialisti stessi e come ben acclarato nella Sua rubrica,rende quasi impossibile non incorrere in errori da parte dei soggetti tenuti a compilarla che, guarda caso, sono proprio le Onlus non iscritte ai Registri regionali e provinciali e che per struttura sono meno avvezze a questi adempimenti: ergo, necessitano di rivolgersi a professionisti sia per la compilazione che per la spedizione telematica, previo esborso di cifre che possono arrivare a 100 € (non dimentichiamo che le istruzioni dell’autocertificazione impongono l’elezione di domicilio presso il professionista inviante che deve farsi carico dei futuri contatti fra il proprio cliente e l’Agenzia delle Entrate);
    c)le rappresentanze del mondo delle Onlus interessate (Forum del III settore, Agenzia per le Onlus, CSVnet) non sono state consultate nella fase della definizione del contenuto dell’autocertificazione e delle modalità della complazione e dell’invio della stessa: e ciò in barba a tutte le dichiarazioni di principio contenute nel Libro Bianco del Ministro Sacconi relative alla ricerca di un coinvolgimento reciproco fra istituzioni e Terzo settore; solo a seguito di ripetute iniziative dei rappresentanti di quest’ultimo e del CSVnet, e alla minaccia di una mobilitazione nazionale, si è giunti a istituire il tavolo tecnico che, coinvolgendo la Direzione dell’Ag. delle Entrate, ha rimesso in gioco l’ambito soggettivo ed oggettivo della norma (o almeno questo è l’auspicio).
    d)nel frattempo la incertezza e la confusione regnano sovrane, come dimostrano le tante telefonate che ci arrivano quotidianamente: non è solo in ballo la questione del rinvio della data di spedizione del documento, ma l’opportunità di mantenerlo come strumento adeguato dell’emersione degli Enti furbi e disonesti che, ammettiamolo, esistono anche fra le Onlus: la sua proposta di ricorrere al Modello Unico ENC, in particolare nei riquadri specifici per ogni tipologia di Onlus, allargato a chi abbia entrate non commerciali superiori a un tetto significativo, potrebbe essere davvero il modo di uscire dall’impasse.
    E’ troppo sperare che ciò arrivi fino al tavolo di concertazione in essere fra i soggetti che abbiamo prima considerato? Facciamo opera di informazione sui nostri siti e nelle nostre news e stiamo a vedere.
    Con stima
    Andrea Vuano

  4. gabriella croci on

    Mi sembra un’ottima proposta, quella di un nuovo quadro di UNICO ENC con le informazioni per monitorare il terzo settore.
    Una proposta seria, soprattutto suffragata dagli esempi USA.
    Spero che venga accolta e che ne nasca un prospetto chiaro, comprensibile ai professionisti e “comunicabile” ai clienti; mi raccomando non lasciamo l’elaborazione nelle sole mani del ministero !!!! credo che anche il nostro consiglio nazionale(CNDCEC)dovrebbe dare una mano …
    buon lavoro
    gabriella croci

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