Istituto Italiano della Donazione: la trasparenza a senso unico (Agg.to 20.07)

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E’ paradossale ma proprio per questo è bene segnalarlo.

All’Istituto Italiano della Donazione (IID) è stato contestato dal Giurì dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria che un certo messaggio pubblicitario diffuso lo scorso inverno per promuovere le proprie attività, è in contrasto con l’art 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale. (Pronuncia 54/2010 del 25 maggio 2010. Pronuncia eliminata dal presente post su richiesta dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria come riferito qui)

Ma andiamo con ordine.

Cosa è l’IID

L’Istituto Italiano della Donazione è un ente privato che ha questi obiettivi (copiato dal sito)

“L’Istituto Italiano della Donazione si propone di contribuire a:

  • diffondere tra le organizzazioni non profit comportamenti di eccellenza etica
  • aiutarle a qualificare la propria attività
  • rassicurare il donatore nelle sue scelte di destinazione delle risorse

Nello svolgimento della sua attività, l’Istituto si ispira a valori quali la fiducia, la trasparenza, la correttezza, l’equità, l’affidabilità, l’indipendenza ed imparzialità.

I principali obiettivi che si pone sono quindi:

  • INCENTIVARE LA CULTURA DELLA DONAZIONE, diffondendo tra le organizzazioni non profit (Onp) comportamenti di eccellenza, trasparenza e correttezza gestionale;
  • GESTIRE LA CARTA della DONAZIONE, attestando e monitorando, attraverso un processo rigoroso, la veridicità dei suddetti comportamenti, in particolare il corretto utilizzo delle risorse;
  • PROMUOVERE LE DONAZIONI, tutelando i donatori nel loro diritto ad una informazione precisa e trasparente, che consenta loro di valutare l’efficacia degli interventi e l’efficienza della gestione economica.”

Chiaro, no? E’ una spanna sopra le organizzazioni nel senso che ne promuove i comportamenti più eticamente rilevanti.

Dico subito che tifo per persone ed enti, come l’IID, che nel non profit – e in generale nella società – hanno queste finalità; nel non profit vi è una grande necessità di questi profili, di queste funzioni che non sono moraleggianti ma “morali”.

Cosa è lo IAP e il Giurì

Vi è poi un altro ente, lo IAP, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, che dal 1966 promuove un Codice della Comunicazione Commerciale che (da loro sito)

“ha lo scopo di assicurare che la comunicazione commerciale, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, anche come mezzo di competizione tra concorrenti, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore.
Il Codice assicura quindi che la comunicazione commerciale sia onesta, veritiera e corretta.”

In 44 anni di codice, l’Istituto ha modificato il testo – evidentemente per tenerlo aggiornato e sulla base delle pronunce via via prodotte – per ben 50 volte!

Fanno parte dell’Istituto le associazioni di categoria dei pubblicitari e dei comunicatori oltre ai principali media (qui).

La forza del Codice risiede nel fatto che .. di fatto è vincolante per i soci, e non solo (vedi Sfera di applicazione)

“Il Codice di Autodisciplina è vincolante per aziende che investono in comunicazione, agenzie, consulenti, mezzi di diffusione, le loro concessionarie e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di inserzione.
Gli enti che costituiscono l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria si impegnano a osservare e a far accettare dai loro associati le norme del Codice da loro stessi formulate, a diffondere la conoscenza delle decisioni autodisciplinari, nonché ad adottare adeguati provvedimenti nei confronti degli associati che non si attengano ad esse. (omissis)

In forza della clausola di accettazione del Codice, inserita nei contratti standard di inserzione, anche la comunicazione commerciale dell’utente, dell’agenzia o del professionista che non appartengano alle associazioni di cui sopra è soggetta al Codice. Pertanto, pur trattandosi di una disciplina volontaria, la larga generalità della comunicazione commerciale italiana è ad essa soggetta.
Le norme del Codice di Autodisciplina sono accolte come usi e consuetudini commerciali da numerose Camere di Commercio, e sono state riconosciute anche da una sentenza della Corte di Cassazione come validi parametri di valutazione del principio della correttezza professionale in campo pubblicitario, in quanto espressione di quel dover essere dei comportamenti (inteso come il costume professionale e commerciale eticamente qualificato) alla cui tutela l’articolo 2598 n. 3 del Codice civile è finalizzato. (grassetti nostri ndr)

Un organo dello IAP, infine, chiamato Giurì giudica sul rispetto del Codice della Comunicazione Commerciale.

E ora veniamo al caso.

L’IID, al fine di promuovere sia i comportamenti virtuosi nel non profit sia la propria attività, diffonde nel dicembre 2009 una comunicazione pubblicitaria con questo claim: “Scopri di chi ti puoi fidare”. Il messaggio continuava (dalla pronuncia del Giurì, par. 1)

PARTE ELIMINATA dal presente post su richiesta dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria come riferito qui . Qui l’estratto della sentenza

Ora fermiamoci. Care non profit, vi piace questo messaggio? A me no, ma non riesco a dare ragioni diverse da quelle comunicate dal Giurì che, in cinque mesi di dibattimento ha chiuso il caso con una condanna. Riporto l’ultimo paragrafo della Pronuncia (i grassetti sono miei):

PARTE ELIMINATA dal presente post su richiesta dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria come riferito qui. Qui l’estratto della sentenza

Riporto – sempre dal sito dello IAP – l’articolo 2 del Codice:

Art. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole

La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti.

Nel valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.

Vi invito a prendervi 15 minuti di tempo e leggere tutta la pronuncia … PARTE ELIMINATA dal presente post su richiesta dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria come riferito qui. Qui l’estratto della sentenza

Io concludo con poche considerazioni

– ho ricavato la notizia dal blog di Valerio Melandri e a cascata da quello di Paolo Ferrara (grazie a tutti e due per la diffusione della notizia e la discussione).

– sul sito dell’IID, ad oggi non vi è traccia della pronuncia; li informo che a me (che sono un perfetto signor nessuno) è bastata una telefonata e una email e in pochissimo tempo mi hanno mandato la pronuncia con le indicazioni su come pubblicarla.

– sul sito dell’IID, ad oggi campeggia ancora il messaggio contestato, dichiarato in contrasto con l’art 2 del Codice; lo trovate nella parte bassa del sito. Qui di seguito una istantanea dell’home page

– La comunicazione in basso linka ad una pagina – questa – che ripropone le criticità messe in evidenza dal Giurì.

– Mettiamo le cose in chiaro: non è detto che in assoluto il Giurì abbia ragione, e pertanto l’IID può ritenere legittimamente di non essere in contrasto con il Codice.

– Ciò che stupisce è che gli enti non profit ripropongano le stesse “pecche” degli enti pubblici e delle aziende. Nessuna informazione sul sito IID. Perché? Se ritengono di aver ragione – posizione assolutamente legittima – come mai non sono “trasparenti” (pubblicando la pronuncia e un loro commento) come giustamente insegnano ai loro associati?

– Perché questo bastare a loro stessi? Da quale investitura divina deriva questa autoreferenzialità assoluta?

– A me non sorprende che l’IID abbia toppato la comunicazione. Succede; andate a vedere le pronunce del Giurì (qui le sintesi), e trovate le maggiori società. Mi sorprende il “dopo”. Il fatto di non parlarne, mettendo la polvere sotto il tappeto. Ed invece, lo dico con convinzione, il profilo morale di persone e di enti si misura più in come affrontano le avversità e negli incidenti di percorso che nel pavoneggiarsi continuamente di meriti che certamente persone ed enti possono avere.

– E da questa mia sorpresa mi chiedo: ma mi posso fidare di un ente che colto in errore (colpa non dolo), fa finta che l’errore non vi sia? Ma di quale trasparenza parla, se l’ente non la esercita?

– Magari è solo questione di pochi giorni e pubblicheranno sul loro sito – in bella evidenza – la Pronuncia 54/2010, togliendo invece la pubblicità contestata.

Per facilitare loro il lavoro copio ed incollo tutta la sentenza qui in calce. Mi raccomando: non devono citare me ma lo IAP.

Carlo Mazzini


PARTE ELIMINATA dal presente post su richiesta dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria come riferito qui. Qui l’estratto della sentenza

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17 commenti

  1. Ok che l’IID si deve adeguare a questa pronuncia, ma nel mentre le onp cosa fanno? Si certificano IID, non fanno nulla, pubblicano i pdf dei bilanci sui siti? Ma sarà mai possibile che nessuna onp faccia mai il primo passo? Possibile che in Italia il benchmarking tra onp sia impossibile da fare e comunicare al di là di scambi di numeri in via semiufficiale fra fundraiser o onp? Possibile che tanti dati confrontabili di onp come pubblicati su charitynavigator (http://www.charitynavigator.org/index.cfm?bay=search.summary&orgid=4438 per fare un esempio) in Italia non sia possibile trovarli in un posto unico ma andando, quando ci sono, a scartabellare su pagine e pagine di bilanci online in formato pdf?
    Andrà così che come sempre e annualmente si scoprirà qualche “falsa” onp che fa un cattivo uso delle donazioni, si griderà allo scandalo e poi tutto come prima. Nessuno fa il primo passo, nessuno si muove (al di là di qualche fundraiser che sui blog giustamente cerca di smuovere le acque).

    • Non sono d’accordo con te, caro Francesco, su due questioni.
      1. Se qui si parla di IID e della magra figura in termini pubblicitari, non si capisce perché si debba cambiare direzione e parlare delle (infinite) colpe delle non profit.
      Non stiamo dicendo che il non profit è bello e benchmarkabile e IID è il diavolo in persona; stiamo parlando solo dell’incapacità di IID di essere responsabile, di rispondere pubblicamente alle accuse che – non io ma – il Giurì gli muove.
      2. Le non profit non si muovono a pubblicare i bilanci online? Non esiste la possibilità di benchmarkare ecc?
      Sì e no. Ci sono fior fiore di enti che continuano a rendicontare secondo gli schemi che un anno sì e l’altro pure Agenzie, Commissioni ecc emettono ed eruttano come fossero le verità rivelate.
      Non è facile benchmarkare per il semplice fatto che il Charity navigator è un sistema complesso che esclude da una serie di indicatori certi enti – enti religiosi, fondazioni di famiglia, fondazioni “tipo” le ns bancarie ecc – e classifica i rimanenti in “n” categorie di attività e di modalità di intervento.
      Non esiste una variabile “bomba fine di mondo” buona per tutto o buona per dividere il bene dal male.
      Sono settori diversi, sono enti diversi; ci vuole impegno, onestà intellettuale, non appartenenza, conoscenza del settore, assenza di conflitto di interesse.
      Requisiti che – tutti assieme – ad oggi non riconosco ad alcun ente sovraordinato.

      Cari saluti

      Carlo Mazzini

  2. Sul tuo punto 1 concordo pienamente. L’IID dovrebbe dare una risposta e velocemente, i tempi della rete (dunque dell’età in cui viviamo) non sono quelli della diplocrazia (diplomazia+burocrazia). Sul punto 2, ok sul fatto che benchmarkare non è facile, ma se almeno si iniziasse a fare qualcosa come charity navigator e poi lo si perfeziona non sarebbe male.

    • Francesco attenzione. Sarà anche vero che “il meglio è nemico del bene”, ma ad oggi – su tutta una serie di questioni – c’è chi ha raffazzonato risposte parziali, bacate e pertanto sbagliate.
      Se qualcuno vuole fare un CharityNavigator all’italiana parta almeno da quei principi, non famola a metà, perché sarebbe peggio

      Ciao

      Carlo

  3. Caro Carlo,
    complimenti per la tua descrizione puntuale dei fatti e complimenti anche a Valerio e a Paolo che hanno riportato sui loro blog la notizia in questione. sono ammirata anche dalla chiarezza del giudizio del Giurì!
    E’ sconcertante invece il silenzio delle associazioni che più di tutti subiscono le conseguenze di affermazioni discriminanti senza reagire….e che siano sempre troppo spesso singoli individui e soprattutto esterni alle associazioni stesse a far sentire la voce del settore nonprofit.
    mi piacerebbe molto affrontare queste tematiche all’interno di un lunedì di Assif , a confronto con più colleghi.
    Grazie per il lavoro che fai a beneficio di tante organizzazioni e di tutti noi che lavoriamo in questo settore!
    un saluto e a presto.
    Bea

  4. Complimenti per il Post, veramente ottimo.

    Il concetto di fondo della certificazione proposta da IID è criticabile: senza velere tediare con lunghe argomentazioni chi conosce come funziona la certificazione di qualità capisce subito che lo schema proposto non va.

    Ci vogliono standard pubblici (non tenuti gelosamente nascosti come accade in questo caso) e validati da più enti di rifeirmento, a cui le ONP possano liberamente aderire, con la certtificazione di un ente terzo (che non può essere chi fa gli standard) che possa essere liberamente scelto fra più certificatori in concorrenza fra loro.

    Questo sarebbe un meccanismo (abbastanza) trasparente.

    Complimenti per il blog!

    • Concordo in pieno. Chiamatelo come volete: conflitto di interessi, mischiare le carte, confusione interstellare. Il problema è proprio quello degli standard, di chi ne controlla la corretta applicazione, dell’indipendenza tra “certificatore” e “certificato”.
      Grazie per i complimenti
      cm

      • Paolo ha pienamente ragione, pienamente. E pure io mi associo ai complimenti, un blog di informazione così puntuale come questo di Carlo è certamente utile per il nonprofit

  5. Ciao a tutti,
    intervengo anche io ancora una volta sul tema partendo da quella che considero una nota di colore (non so più come definirla, altrimenti): la risposta dell’IID che trovate qui: http://www.istitutoitalianodonazione.it/tools/Pareri.asp?r=564&a=4466&s=8413&l=48996&t=26&v=3189

    Si dice:

    “Il 30 giugno scorso abbiamo comunicato agli Associati dell’Istituto la “pronuncia” dello IAP in merito ad un annuncio pubblicitario comparso sul giornale City del 2 dicembre 2009 ritenuto dallo stesso contrario all’Art. 2 del Codice di autodisciplina pubblicitaria e ne abbiamo preannunciato la sua pubblicazione integrale sul nostro sito”…

    Noto che:
    – viva la puntualità… hanno aspettato solo 35 giorni per comunicare ai soci la sentenza… E così, tanto per non inquietarli, avevano anche evitato di dirgli che erano stati denunciati e convocati…

    – si fa riferimento a un annuncio che sarebbe comparso una sola volta, su City del 2 dicembre… Beh, se così è perché è stata rimossa dalla home page la pubblicità “donare con fiducia” usata in più di una occasione e i cui contenuti erano chiaramente in contrasto con quanto affermato da IAP?

    Si continua:
    “- l’Istituto continuerà nella promozione dei propri Associati anche a mezzo inserzioni pubblicitarie nello stile sobrio e non comparativo che lo ha sempre contraddistinto, purtroppo nell’ambito di un budget davvero assai contenuto”

    – insomma, quelli di IAP (giuristi tra i più noti) non hanno capito nulla visto che nella pronuncia affermano

    “Questa affermazione, seguita dalla lista dei soggetti che dispongono del marchio, lascia percepire una dicotomia netta tra i soggetti di cui ci si può fidare (quelli della lista) e quelli di cui apparentemente non si dice nulla, ma di cui il lettore medio implicitamente intende che siano quantomeno meno affidabili. Poiché è da escludere che non vi siano associazioni di cui ci si possa fidare anche in assenza del “marchio IID”, e poiché il concetto di fiducia è declinabile in una scala continua, non appare corretto stabilire un confine preciso che divida il mondo di queste associazioni in due precisi gruppi: quelli di cui ci si potrebbe fidare e quelli di cui – implicitamente – non ci si potrebbe fidare.”

    – del resto che lo IAP non meritasse alcuna attenzione risulta anche dal fatto che, da quanto ne so, nessun rappresentante dell’IID si è mai presentato davanti al giurì per contestare le accuse.

    Ora, senza tornare sui temi che avete sollevato e che, come sapete, mi trovano perfettamente d’accordo, mi chiedo: ma i soci di IID, le associazioni che ne fanno parte, cosa fanno? Se i miei amministratori, quelli che dovrebbero tutelare la mia immagine, non mi avvertono che c’è un procedimento in corso, non si presentano al procedimento e mi dicono con solo un mese di ritardo che siamo stati condannati… beh io come minimo chiedo la testa di chi mi doveva rappresentare… Perché questo non è accaduto?

    Forse perché non c’è da temere dei “pareri contrari di pochi”… che però che io sappia non sono così pochi: la posizione di Assif è notoriamente critica in materia. Quella di coordinamenti come il CINI data diversi anni. Quella di molte organizzazioni piccole, medie e grandi, è stata dichiarata pubblicamente in diversi convegni. Quella di molte aziende e o istituti di credito l’ho più volte raccolta insieme allo sdegno di chi pur ci aveva creduto prima di sapere che i controllati erano anche associati che pagavano!

    Francamente da comunicatore sono basito: non c’è un crisis manager in IID? Di fronte ai toni anche composti di chi è intervenuto in queste settimane (e io stesso ho evitato toni polemici provando a prefigurare anche un ruolo diverso di IID di cui conosco tra l’altro molte e stimabilissime persone) perché questo arroccarsi, negare e mistificare? Guardate che questa posizione in tempi di crisi non paga quasi mai (chiedete a Steve Jobs o all BP…) e non fa bene né all’isituto (che potrebbe svolgere ben altro e positivo ruolo nel settore) né ai suoi associati (che, ripeto, forse sarebbe ora battessero un colpo!).

    In attesa di chiarimenti, che non dubito arriveranno, faccio ancora una volta i miei complimenti a Carlo Mazzini per la lucidità e il coraggio con cui affronta sempre i temi legati al nonprofit.

    • Paolo, grazie per la lucidità che mi attribuisci, mentre per il coraggio, non vedo quale coraggio ci voglia a dare le notizie e a commentarle … o forse sono io che sbaglio, e in effetti in tutti i campi bisogna avere coraggio per sembrare di essere normali.
      Due sole puntualizzazioni. IID si è presentata in forze, dopo aver lasciato giustamente interloquire per un pò di mesi i propri legali con il Comitato di Controllo (una specie di PM dello IAP), in data 25 maggio davanti al Giurì, nelle persone – per l’IID – del Consigliere delegato Vannini e della responsabile della comunicazione Varalli (par. 7 della pronuncia).
      Inoltre ho risposto al comunicato stampa “bulgaro” di IID (che non fa onore ad IID) nell’articolo http://www.quinonprofit.it/?p=1716

      In effetti stupisce il fatto che non abbiano utilizzato questo avvenimento per guardarsi un pò dall’esterno. Alcune considerazioni di Paolo mi colpiscono e le faccio mie.
      Come altri hanno già commentato, non è che c’è un pò di confusione tra chi paga, chi verifica, chi dà il bollino, chi lo prende, chi governa il processo e l’ente?
      Un pò di separazione non può fare solo bene?
      L’occasione che lo IAP dà all’IID è irripetibile, e potrebbe permettere ad IID una riforma seria della sua governance e del metodo di lavoro.

      Ora dipende solo da IID volersi guardare dentro, è una sfida che richiede onestà intellettuale, conoscenza del non profit, abbandono dei soliti triti e ritriti costumi politici italiani di parlarsi addosso e autoincensarsi.
      IID ha tutti i mezzi per farlo e facciamo il tifo per lui.

      Carlo Mazzini

  6. Pingback: Come comunicare che sei una onp trasparente al tuo donatore | Fundraising.it

  7. Scusate ma ho il vizio di rigirare la questione sempre sulle organizzazioni nonprofit.
    Parto da quanto dice Paolo (Ferrara): “Ora, senza tornare sui temi che avete sollevato e che, come sapete, mi trovano perfettamente d’accordo, mi chiedo: ma i soci di IID, le associazioni che ne fanno parte, cosa fanno? Se i miei amministratori, quelli che dovrebbero tutelare la mia immagine, non mi avvertono che c’è un procedimento in corso, non si presentano al procedimento e mi dicono con solo un mese di ritardo che siamo stati condannati… beh io come minimo chiedo la testa di chi mi doveva rappresentare… Perché questo non è accaduto? ”

    Io la ampio e pongo una domanda alle onp certificate: avete visto un incremento dei fondi da quando siete certificate, altri enti (magari finanziatori) vi considerano più affidabili, come misurate questa percezione?
    La maggiore credibilità e reputazione (http://www.istitutoitalianodonazione.it/sottomenu.asp?r=564&a=4480&s=8386) che vantaggi hanno portato? Come sono misurate dalla onp? C’è una maggiore fedeltà del donatore, lo si riesce a fidelizzare meglio con questa certificazione?
    Non vogliono essere domande polemiche verso l’IID, anzi vorrei capire come le onp certificato misurano il ritorno della certificazione.

  8. A molte onlus essere controllati non piace
    15 luglio 2010 alle 08:57 | Pubblicato in Uncategorized | Lascia un commento

    Continua la campagna di discredito contro l’Istituto Italiano della Donazione

    Negli ultimi giorni il dibattito sull’inchiesta di Repubblica sui “furbetti” del non profit ha coinvolto tantissime persone. Nel terzo settore ci sono molte realtà, che sfruttano i vantaggi del non profit per attuare operazioni di arricchimento e profitto individuale. Questa prassi getta fango sul terzo settore e crea disagio alle persone che vorrebbero impegnarsi per aiutare gli altri, per esempio attraverso il sostegno a distanza, ma sono preoccupate di dare il loro denaro a qualche “falsa onlus”. In questo marasma il principale ente di controllo sul terzo settore è l’Istituto Italiano della Donazione. Perciò molte associazioni cercano di screditare l’Istituto italiano della Donazione, affermando che esso è un’agenzia privata e che quindi sarebbe orientato a non controllare i propri “clienti”. I detrattori del “controllo” non sanno che ogni anno l’IID monitora attentamente i bilanci, le attività e le procedure di tutte le associazioni, anche perché, se l’istituto non fa il suo dovere in termini di trasparenza, i soggetti sociali non sarebbero orientati a relazionarsi all’ente. L’auspicio è che gli organi competenti diano sempre più valore al lavoro dell’Istituto Italiano della Donazione, premiando così chi lavora con trasparenza, senza aver paura dei “controlli”.

    Ciro Troise

    http://reachitalia.wordpress.com/2010/07/15/a-molte-onlus-essere-controllati-non-piace/

  9. Segnalo qui…perchè non so dove segnalare…stasera su rai3 a Presa Diretta evasione fiscale e altro…fra cui anche la “vendita” di pseudo associazioni culturali – sportive per frodare il fisco…Incredibile, consiglio di vederla sul sito rai per chi l’ha persa….

  10. Pingback: Istituto Italiano della Donazione: la trasparenza a senso unico - Valerio Melandri

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