5 per mille e i politici: la paura della libertà ai cittadini

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sdlC’è un grosso misunderstanding tra i politici e i cittadini (i politici non sono cittadini come gli altri, è una constatazione, non una polemica).

I politici ritengono che – mi limito al 5 per mille – dare troppa libertà ai cittadini e alle loro formazioni sociali sia rischioso. La Corte dei Conti aveva lanciato due grida di allarme che partivano da una constatazione non banale ma che portavano ad una conclusione di alto contenuto ideologico, non ideale.

Constatazione non banale

L’8 per mille è un meccanismo che prende tutta l’IRPEF versata e la eroga alle chiese (più lo stato) secondo le scelte dei cittadini. Ciò significa che i miei 10 euro (esempio) di 8 per mille non vanno ad una chiesa da me scelta o allo Stato da me scelto, ma proporzionalmente a chiese e Stato secondo le scelte complessivamente effettuate dagli altri contribuenti. Quindi io ho scelto laicamente che i miei 10 euro vadano laicamente allo Stato? In realtà non ci vanno. Dei 10 euro, 8 vanno alla Chiesa Cattolica, 1 virgola qualcosa va allo Stato, il restante va diviso tra le altre confessioni religiose. Non è l’espressione della mia scelta, ma così funziona l’8 per mille che è sull’IRPEF totale, e che quindi non si basa su un funzionamento plutocratico (chi più ha, più dona a chi vuole lui).

Il funzionamento plutocratico è invece alla base del 5 per mille, che prevede che se io scelgo di finanziare con le mie imposte l’associazione che preserva “la rana a tre zampe della Val Zemola”, quei 10 euro vanno proprio a quella organizzazione.

Di tutto ciò, noi tutti siamo poco consapevoli: è da 20 anni che credevamo di dare il nostro 8 per mille allo Stato (per rimanere all’esempio), ed invece non è così! Pensate che ridere se un Parroco svelasse ai propri parrocchiani che l’8 per mille che loro donano alla Chiesa Cattolica va solo per 4/5 ad essa, e per il resto finanzia lo Stato e persino altre confessioni!

In questo, il 5 per mille – che è a base plutocratica – è più trasparente, chiaro, onesto. Ed infatti ha messo in difficoltà le granitiche certezze della casta politica e dei burocrati che preferiscono – a causa del DNA, non è colpa loro – la nebbia, le cose dette a metà, le affermazioni “è roba da tecnici”.

La Corte dei Conti – dicevo prima – ha lanciato due warning. Le organizzazioni che prendono troppo poco e quelle che prendono troppo. I magistrati non sembrano gradire il funzionamento plutocratico del 5 per mille, tanto che si lamentano che chi non ha imposte da versare non può scegliere l’organizzazione preferita! E lì noi rispondiamo rispettosamente: “embè?”.

Quelle che prendono troppo poco

Ci sono organizzazioni che prendono zero euro, che non sono finanziate neppure dai loro stessi Presidenti, consiglieri ecc. Embè? Ci ricordano le liste alle elezioni politiche dove gli ultimi della lista “Insieme contro la casta” ricevono zero voti, il che vuol dire che non si autovotano neppure! “Embè?” viene da dire. Quali sono gli alti costi che comporta l’iscrizione e il calcolo delle non preferenze di questi enti?

La questione della soglia di erogazioni sotto la quale non dovrebbe essere versato il 5 per mille all’organizzazione è risolta per legge; sotto 12 euro (è una disposizione generale) lo Stato può scegliere di non dare rimborsi o – nello specifico – di non versare il 5 per mille. Volete alzare il limite? Fate una legge e fate valere il limite per tutto, anche per i rimborsi delle tasse. Credete che sia una mossa che i contribuenti accetterebbero? Non scherziamo, dai!

Quelle che prendono “troppi” soldi

L’altra questione è che dall’altra parte ci sono – sempre per la questione pluto… – degli enti che ricevono tanti soldi.

Primo caso. Ricevo tanti soldi perché i miei donatori – che sono pochi – hanno un reddito molto alto e pagano tante tasse. Per la Corte dei Conti e per i politici qui rasentiamo lo scandalo. Per me sono loro che sfiorano il ridicolo.

Ad esempio guadagno una valanga di soldi (è un esempio molto di fantasia), li denuncio e il 5 per mille mi consente di dedicarli ad un ente a mia scelta. Scelgo di costituire una fondazione “di famiglia” che fa cose lecite, che si iscrive legittimamente al 5 per mille, e dono tutti quei soldi alla mia fondazione.

Qual è il problema? Guadagno, pago le tasse, la fondazione riceve soldi, io sono a capo della fondazione e – prima che pensiate male – io sono controllato da Prefettura o Regione. Se io faccio cose malfatte con quei soldi, la responsabilità penale e reputazionale è mia, ma la responsabilità del controllo è dello Stato. Forse è questo che paventiamo; non abbiamo fiducia nello Stato e pertanto vediamo tutto ciò che dovrebbe essere controllato dallo Stato come possibile truffa, in quanto lo Stato è incapace a controllare. La domanda è: è un problema del 5 per mille? No. E’ un problema del ricco che si autoversa nella fondazione di famiglia il proprio 5 per mille? No. E’ un problema dello Stato? Sì. Allora se lo risolva, senza mettere sul banco degli imputati il funzionamento del 5 per mille o il ricco.

Altro esempio: la Fondazione Italiana per il Notariato prende da anni tanti soldi. “Embè?” (lo so mi ripeto). Vogliamo dire che non fanno la più bella figura del mondo? Diciamolo, è un commento afferente la sfera dell’opportunità, non della legittimità. Possono farlo ed è loro libera scelta farlo.

Il legislatore vuole limitare l’erogazione ad un tot per contribuente per eliminare questi due comportamenti (legittimi) che non gli vanno a genio? Ma dove ha la testa? Se il principio è che ognuno dà secondo la propria capacità contributiva a chi cacc… vuole, perché andare a erodere questo principio solo perché qualcuno – senza commettere alcun reato – sceglie comportamenti che alcuni ritengono inopportuni?

Attenzione ad andare a scalfire i principi, signori della Corte e signori Politici. Perché se si sa dove si inizia, non si sa dove si finisce.

Potrebbe venir fuori nuovamente l’ideona della “fu” Agenzia delle Onlus di tagliare l’inoptato alle grandi organizzazioni (sopra una certa soglia) e ridistribuirlo alle piccole. L’Agenzia andava chiusa anche solo per questa uscita, suggerita da consiglieri che facendo riferimento ad enti con entrate terribilmente ridotte vedevano male il successo della ricerca scientifica e della cooperazione internazionale!!!

Dai, giochiamo all’allegro mutilatore di scelte altrui! Tagliamo – per esempio – l’inoptato alle prime 9 del 2011 (elenco del volontariato), quelle che hanno preso sopra i 3 milioni di euro (è un criterio come un altro). Togliamo a queste 9 organizzazioni i 3,3 milioni di inoptato (le scelte generiche dei contribuenti assegnate in proporzione al numero di scelte raccolte da ogni organizzazione).

3,3 milioni in meno per

– finanziare la medicina nel sud del mondo (2 organizzazioni)

– fare ricerca sul cancro (1)

– aiutare le popolazioni del terzo e quarto mondo (3)

– curare la leucemia (1)

– aiutare le persone sordo-cieche (1)

– aiutare i bambini ricoverati per patologie gravi (1).

Chi si sente di alzare la mano e dire: sì togliamo soldi a queste cause anche se sono il naturale calcolo dell’inoptato che vale per tutti ma non per chi sta così in cima? Oh, ma che strano ed imbarazzato silenzio!

Tutto ciò argomentato, lasciatemi quindi giudicare assolutamente fuori luogo quanto riportato da deputati e senatori (Bobba, Patriarca, Vignali, Beni ecc) nell’interpellanza urgente presentata sulla questione 5 per mille non ancora stabilizzato e tagliato a 400 milioni.

Dicono (qui l’articolo di Vita):

– in particolare si condivide l’importanza di stabilire una soglia minima di contributo sotto la quale lo stesso non venga attribuito, per la motivazione, pagina 55 della Relazione, per cui “Non mancano situazioni paradossali, quali un cospicuo numero di enti, ben superiore a 1.000 per l’ultimo anno, che non ricevono alcuna scelta, dimostrando, così, di non essere di interesse nemmeno per i propri membri e sollevando dubbi sulla loro reale consistenza. Notevolissimo anche il numero di enti con un numero di scelte minime, anche di solo una o due.”, generando un notevole costo di gestione ed un rallentamento delle procedure di erogazione, spesso per importi insignificanti;

– come esplicitato dalla Corte dei Conti ,“l’attribuzione delle risorse in base alla stretta capacità contributiva fa sì che alcuni enti che possono raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero di scelte, somme assai rilevanti”, a parere degli interpellanti sarebbe opportuno inserire una soglia massima nella potenziale destinazione del contribuente oltre la quale la ripartizione del 5 per mille sulle tasse dovute non viene effettuata;

Una valanga di “embè?” vi seppellirà.

Carlo Mazzini

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1 commento

  1. Andrea Vuano on

    Come al solito, caro Mazzini, le Sue considerazioni brillano per chiarezza; oltre a condividerle, mi permetto una considerazione: se è vero che per l’8 per mille vale un criterio proporzionale ( mi verrebbe da dire “puro” se non avesse troppe assonanze con le varie ipotesi di leggi elettorali in discussione in questi giorni..) senza sbarramento (leggi: tetto previsto per l’erogazione del 5 per mille), perché nelle varie ipotesi di stabilizzazione del 5 per mille non si applica lo stesso principio? e cioè l’inoptato (la quota di sottoscrizioni che indicano genericamente una preferenza ad es. per le onlus senza indicarne però il C.F.) non viene suddiviso fra tutti i soggetti di quella categoria ( leggi: onlus) in modo proporzionale alle preferenze ottenute dai contribuenti? Lei mi dirà: ma questo avviene già, è la cosiddetta quota indiretta che viene aggiunta a quella derivante dalle scelte espresse! Ciò sarebbe vero se appunto non fosse stato imposto un tetto alle erogazioni, tanto più odioso quanto più determinante nel ridurre gli importi pro-scelta in presenza di una platea di sottoscrittori sempre più ampia: a parità di gettito IRPEF( e le statistiche dell’ultimo anno dicono che nonostante la crisi l’entità del gettito fiscale è costante), ecco che le percentuali scendono anno dopo anno dal 5 al 4 al 3,5 per mille e così via; ergo, il primo obiettivo della legge di stabilizzazione dovrà essere quello dell’abolizione del tetto; il secondo, quello di una riconoscimento della maturità dei beneficiari che abolisca l’obbligo di rendicontazioni astruse e complesse lasciando agli organi di controllo fiscale l’incombenza di effettuare eventuali controlli sull’utilizzo del contributo erogato.
    Ma tant’è, la nostra classe politica è stata capace di partorire il 2 per mille a favore del finanziamento dei partiti (sono molto curioso di vedere quale ne sarà il gettito!), per il quale non mi risultano tetti di sorta, e per il futuro mi aspetto altri interventi da “Cicero pro domo sua”..
    Con stima
    Andrea Vuano

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