Come cambia la Croce Rossa Italiana

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Dopo vari tentativi, alcuni decisamente maldestri (si era tentato di farla diventare una società per azioni), la Croce Rossa Italiana forse troverà un nuovo assetto, separando la componente del volontariato dall’apparato che invece resterà pubblico.

Durante il Consiglio dei Ministri del 11 novembre scorso è stato approvato lo schema di decreto legislativo che, esauriti i passaggi di rito tra i vari organismi istituzionali, dovrebbe ridare slancio all’intero movimento.

Speriamo porti bene allo slancio anche la data indicata come propizia dagli esperti della cabala…

 

In base allo statuto del 2005 la Croce Rossa Italiana è un’associazione ma organizzata come ente pubblico non economico quindi un ente che persegue un interesse pubblico, al pari dei comuni, delle province e delle regioni.

Lo schema di d.lgs. lascia sostanzialmente inalterata questa impostazione (ente pubblico non economico su base associativa). La CRI opererà sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica e sotto la vigilanza dei Ministeri della Salute e della Difesa.

 

L’articolazione della CRI sarà basata su organismi definiti comitati e che perciò manterranno il retaggio della vecchia denominazione. Qui sarebbe stato opportuno utilizzare termini più appropriati per un ente denominato Associazione italiana della Croce rossa o più brevemente CRI. Non si capisce perché se un ente è un’associazione debba chiamarsi “comitato” che, per il nostro codice civile, è un ulteriore genere di enti senza finalità di lucro e con un proprio ordinamento.

Secondo lo schema di d.lgs. la CRI sarà quindi articolata in

–          Comitato centrale

–          Comitati regionali

–          Comitati provinciali

–          Comitati locali.

Ciascuno di questi sarà affiliato alla CRI

I Comitati regionali e i Comitati delle province autonome di Trento e Bolzano avranno una loro personalità giuridica di diritto pubblico.

I Comitati provinciali e i Comitati locali saranno organismi associativi autonomi, con propria autonomia giuridica ma regolati dal diritto privato.

Questi ultimi saranno il braccio secolare attraverso il quale la CRI perseguirà i propri fini statutari.

 

I Comitati locali e provinciali esistenti al 30 settembre 2011 assumeranno, in via transitoria, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, la personalità giuridica di diritto privato e saranno disciplinati dalle norme del codice civile relative agli enti senza finalità di lucro.

Affinché l’affiliazione alla CRI sia mantenuta, entro 180 giorni occorrerà però che i Comitati locali e provinciali si costituiscano con atto pubblico e richiedano il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi del d.P.R. n. 361/2000.

Dovrebbe trattarsi quindi di un atto ricognitivo nel quale si darà atto dell’esistenza dell’associazione locale o provinciale affinché sia fornita a queste un ordinamento conforme alla legislazione in tema di volontariato.

I Comitali provinciali e locali saranno infatti organizzati in forma di organizzazioni di volontariato ex legge 266/91, così da poter essere iscritti nei registri del volontariato e negli elenchi e negli albi previsti dal d.P.R. 194/2001 in tema di protezione civile.

Se da una parte nello schema di d.lgs. (art. 5) si parla del patrimonio della CRI (per il quale, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, il Commissario straordinario dovrà procedere alla sua ricognizione) nulla però si dice circa il patrimonio che ora è utilizzato dai comitati locali e provinciali.

Difficile immaginare qualcosa di diverso da una sorta di spin-off che sarà necessario per dotare di patrimonio i Comitati provinciali e locali che, diversamente, non avrebbero grandi possibilità di ottenere il riconoscimento della personalità giuridica, essendo questa basata su di una disponibilità patrimoniale minima tale da poter garantire il perseguimento delle finalità statutarie.

Ovviamente, i Comitati locali e provinciali, non avranno più possibilità di usufruire di finanziamenti statali per il loro funzionamento, salvo quanto previsto per le organizzazioni di volontariato.

Questo però renderà possibile la deducibilità/detraibilità fiscale delle erogazioni liberali da parte dei donatori ed effettuate a favore dei comitati locali e provinciali e permetterà a questi anche l’accesso alla ripartizione dei fondi 5 per mille.

Altra questione spinosa è rappresentata dai deficit di bilancio che risiedono nei bilanci dei Comitati provinciali: non è infatti chiaro come questi saranno ripianati sebbene sia sancito che la CRI si farà carico di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi che risulteranno dal rendiconto al 31/12/2011.

E’ assai probabile che i comitati che versano in una situazione di deficit cronico avranno non pochi problemi ad ottenere il riconoscimento della personalità giuridica.

 

Due piccole annotazioni.

La prima è legata all’uso, in un testo legislativo, di una terminologia impropria: nell’art. 5, comma 1 si legge che Il patrimonio (…), anche mediante l’utilizzo in comodato d’uso gratuito da parte dei Comitati (…). Il contratto di comodato è un contratto che:

–          prevede già nella sua enunciazione l’uso di un bene per cui non è necessario rimarcarlo

–          è un contratto essenzialmente gratuito, diversamente saremmo in presenza di un noleggio o di una locazione.

All’esame di diritto privato anche un assistente avrebbe fatto non poche storie se lo studente avesse esordito con una terminologia simile. Per inciso: ho studiato diritto quando ho frequentato l’istituto tecnico per ragionieri.

La seconda è un’ annotazione del tutto personale. Mi chiedo perché mai la CRI debba continuare a gestire i centri per l’identificazione e l’espulsione di immigrati stranieri.

Tale attività infatti, per come è concepita in Italia, risulta essere un’attività decisamente controversa rispetto ai principi ispiratori del movimento della Croce Rossa. La gestione di un CIE non è esattamente “prendersi cura” dei migranti o dei richiedenti asilo.

 

Gianpaolo Concari

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