ICI e Chiesa: al di là dei palafrenieri

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Ha tutti i connotati della guerra di religione.

Da un lato troviamo quelli che son visti come “mangiapreti” (radicali, relativisti, Micromega) dai siti cattolici, dall’altra parte del fiume, a detta dei primi, preti, suore e amichetti della parrocchietta farebbero un petit déjeneur (neppure tanto petit) lucrando sull’esenzione dell’ICI che interessa loro e tutto il non profit.

Come in ogni guerra di religione, può solo finire con una vittima incolpevole: la verità.

Dato che io non so dove stiano torto e ragione, mi pongo delle domande, metto in fila alcuni “fatti” e registro alcuni comportamenti.

Primo punto

Andiamo a “monte”: cosa dice la legge? Invece di riportarvela, condivido con voi un interessante articolo dello scorso agosto a firma della dottoressa Clementi su Avvenire, esperta fiscalista della Diocesi di Milano.

A parte il titolo “Agevolazioni ecco la verità” leggermente presuntuoso – ma si sa che, a parte i blogger, nessun articolista ha responsabilità sui titoli -, la commercialista riporta correttamente sia la legge che il senso della stessa. In sintesi afferma che due sono le condizioni di applicazione dell’agevolazione. Quella soggettiva (enti non commerciali) e quella oggettiva (destinazione esclusiva allo svolgimento di determinate attività sociali e di culto). Aggiunge anche che l’interpretazione ultima del 2006 (data con norma appunto interpretativa) afferma che

“l’esenzione disposta dall’articolo 7,  comma  1, lettera i), del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.  504,  si intende applicabile alle attivita’ indicate  nella  medesima  lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

E poi va avanti, la dott.ssa Clementi, affermando giustamente che non solo la Chiesa ma anche il volontariato e poi l’associazionismo sono tutti soggetti che possono applicare l’esenzione … Per carità, tutto vero, ma non rileva.
Ciò che stranamente non attira l’attenzione della commercialista è il mostro giuridico di una norma che dovrebbe spiegare il senso autentico di un’altra norma ed invece non spiega, anzi incasina.
La legge ICI, nella parte che esenta, è stata appunto interpretata male anzi malissimo dal legislatore quando nel 2006 ha parlato di “attivita’ … che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.
Lo capirebbe chiunque che una legge ambigua interpretata con norma sibillina produce solo casini!
Ma l’esperta della Diocesi di Milano non fa riferimento all’incongruenza della norma interpretativa. Non dice che affermare che sono esenti le attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale è un non-sense.
E’ da anni infatti che mi chiedo quale significato possa avere questa frase e vi assicuro che non la comprendo.
All’esperta della Diocesi non fa un baffo, evidentemente l’ha capito.
Ma quale attività può caratterizzarsi da una natura non esclusivamente commerciale? Vuol dire che ciò che è commerciale ma solo in parte (anche in maggior parte) è comunque esente? Ipotizziamo: se io ho un convitto e ospito alcuni studenti – anche pochi – gratuitamente e gli altri a pagamento, posso non pagare l’ICI, facendo così una bella concorrenza sleale agli altri operatori economici?
Ho il dubbio che molti dalla parte cattolica aderiscano a questa interpretazione della legge. E non appena si parla di problemuccio della concorrenza sleale questi argomentano con l’alto valore sociale dell’attività. Che non è un argomento, ma solo un modo per distrarre il lettore.
La loro interpretazione non coincide con quella del Ministero dell’Economia che con Circolare del Dip Finanze 2/09 afferma
“E’ necessario innanzitutto sottolineare che un’attività o è commerciale, o non lo è, non essendo possibile individuare una terza categoria di attività. Pertanto, se non è possibile individuare attività qualificabili come “non esclusivamente di natura commerciale”, si può sostenere che quest’ultimo inciso debba essere riferito solamente alle specifiche modalità di esercizio delle attività in argomento, che consentano di escludere la commercialità allorquando siano assenti gli elementi tipici dell’economia di mercato (quali il lucro soggettivo e la libera concorrenza), ma siano presenti le finalità di solidarietà sociale sottese alla norma di esenzione. Infatti, la combinazione del requisito soggettivo e di quello oggettivo comporta che le attività svolte negli immobili ai quali deve essere riconosciuta l’esenzione dall’ICI non siano di fatto disponibili sul mercato o che siano svolte per rispondere a bisogni socialmente rilevanti che non sempre sono soddisfatti dalle strutture pubbliche e che sono estranee alla sfera di azione degli operatori privati commerciali.”
Quest’ultimo inciso mi appare dirimente, e peraltro è in linea con ciò che afferma la Commissione Europea che ha ripreso ad indagare a fine 2010 sull’esenzione ICI (e su altre due agevolazioni).
Il chiodo fisso dell’Unione Europea è il rispetto delle regole da parte degli Stati che hanno aderito all’Unione. Certo che sono strani questi dell’Unione Europea. Vogliono che gli italiani accettino le regole condivise da tutti!
Nella lettera del 12 ottobre del 2010, Barroso scriveva all’allora Ministro Frattini invitando l’Italia a produrre delle spiegazioni in merito alla non configurabilità dell’esenzione ICI quale “aiuto di Stato”, in quanto la Commissione aveva deciso di avviare un procedimento ex art 108 del Trattato del Funzionamento dell’Unione Europea.
Giusto per darvi un assaggio sul tenore della lettera, al par. 69 leggiamo
“La Commissione ritiene … che le misure in questione sembrino costituire una riduzione degli oneri che gli enti interessati dovrebbero normalmente sostenere nel corso della propria attività, e che debbano pertanto essere considerate come aiuti al funzionamento. In base alla prassi della Commissione, questi aiuti non possono essere considerati compatibili col mercato interno poiché non agevolano lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, e poiché gli incentivi in questione non sono limitati nel tempo, decrescenti e proporzionati a quanto necessario per porre rimedio a specifici svantaggi economici delle regioni interessate”.
Ha avuto qualche seguito quella lettera?
Secondo punto
C’è un vasto contenzioso tributario sulla questione ICI / Chiesa Cattolica; è possibile conoscerne le cifre? E gli argomenti, in sintesi? Questa è una domanda da porre alla Direzione della giustizia tributaria del Ministero dell’Economia, Dip. delle Finanze.

Chiedo questo per partire dai fatti, da ciò che è stato contestato. Mi importano poco le cifre che girano, nel senso che dato che non esiste un censimento attendibile dei beni della Chiesa (rectius, la CEI non ha alcuna intenzione di metterlo a disposizione), non si capisce

a. su quale parte del patrimonio gli enti ecclesiastici paghino o non paghino l’ICI

b. su quale base interpretativa della legge ritengano dovuta o non dovuta l’ICI

Ho letto cose che voi umani … Ho letto di gente che dice che la Chiesa dovrebbe fare una serrata, altri ovvieggiare sul minor costo per lo Stato ad avere strutture non profit che coprono certi servizi, altri “palleggiare” (nel senso di raccontar palle) sui comunistoni dei sindacati che non pagherebbero l’ICI ecc.

Fare le persone civili, no?
Rimettiamo le cose in ordine.
Ogni agevolazione fiscale al non profit – in Europa – è giustificata fintanto che non si arrivi a minare realmente la concorrenza, ovvero fintanto che non vi sia un mercato che, con l’entrata di soggetti non profit agevolati da esenzioni o riduzioni di imposta, possa subire distorsioni di funzionamento.
Questa è la regola base – un po’ banalizzata, me ne rendo conto – delle esenzioni al non profit, ci piaccia oppure no.
Se non ci piace, possiamo spingere l’opinione pubblica europea a cambiare le regole, oppure possiamo spingere l’opinione pubblica italiana a far uscire l’Italia dall’Europa. Voi trovate altre possibilità?
Se ci piace questa regola base, dobbiamo fare in modo che sia applicata correttamente; e se riteniamo che nel caso dell’ICI alla Chiesa e al non profit essa non sia bene applicata, dobbiamo dirlo nelle sedi opportune.
In ultimo, una nota personale.
Da cattolico praticante mi ha fatto piacere leggere che il Cardinale Bagnasco ha aperto alla questione ICI dove in passato vi era stata solo chiusura.
Vorrei che i mille palafrenieri, goffi difensori della purezza di una Chiesa in realtà fatta da uomini, iniziassero – per il bene stesso della Chiesa che si dicono convinti voler difendere – un cammino laico (non laicista) utile a non affossarla.
Carlo Mazzini
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