Riforma ONG: “C’è sempre un altro errore”

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Parto spiegando il titolo: “C’è sempre un errore” è la legge di Lubarsky, applicata alla “entomologia cibernetica”, materia che ovviamente non esiste, ma che ci fa sorridere quando ci troviamo di fronte allo schermo blu del computer che si è appena piantato. Fa parte di quell’insieme di piccole frasi che passano come “le leggi di Murphy” che scientificamente dimostrano l’esistenza della sfortuna.

La legge di Lubarsky potremmo applicarla anche al testo della legge n. 125/14 che ha riformato la cooperazione internazionale.
“C’è sempre un errore” e infatti in quella legge non vi è traccia della norma che permette alle Ong di acquistare beni sul mercato intracomunitario, domestico o extraeuropeo in regime di non applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

E la mancanza è un errore… simile a quelli evocati dalla legge di Lubarsky.

Ma procediamo con ordine.

La norma era contenuta nella legge n. 49/1987, quella tanto vituperata legge che ha regolato il settore per 27 anni.
Alla legge aveva fatto seguito il decreto ministeriale 10/03/1988 n. 379 che dettava alcune regole più specifiche sulla matera.
In quegli anni non c’erano le operazioni intracomunitarie e quindi si parlava solo di acquisti domestici e importazioni ma con l’evoluzione della norma, la cosa era stata estesa di fatto anche agli acquisti intracomunitari.

In linea generale va detto che tutto ciò che esce dagli spazi doganali daIl’Unione europea è da considerarsi esportazione di beni. A beneficio dei non addetti ai lavori vale la pena sottolineare che:

  • l’IVA è un’imposta europea o, meglio, armonizzata, che lo Stato italiano può modificare purché si resti entro i limiti tracciati dalle direttive comunitarie. Attualmente la direttiva di riferimento è la n. 2006/112/CE entrata in vigore in Italia da un po’ di tempo;
  • secondo le norme IVA, c’è uno spazio doganale europeo e quindi, quando si parla di esportazione di beni ci si riferisce non alla loro uscita dai confini italiani ma dallo spazio doganale europeo;
  • le Ong, essendo enti non commerciali, non hanno la possibilità di utilizzare il regime del plafond delle esportazioni poiché i trasferimenti delle merci fuori dallo spazio doganale europeo sono effettuati non a titolo oneroso e quindi in regime di non commercialità e questo fa venir meno la possibilità prevista dall’art. 8, comma 2, d.P.R. 633/72 poiché riguarda le cessioni a titolo oneroso;
  • il combinato disposto di questa situazione pone le Ong nella scomoda posizione di dover acquistare beni senza possibilità di detrarre l’IVA sebbene segua la loro fuoriuscita dallo spazio doganale europeo;
  • si può ovviare a questa situazione chiedendo al fornitore di porre in essere direttamente l’operazione di esportazione ma non sempre questo è economicamente conveniente, così come può accadere che le linee di trasporto non siano così efficienti da garantire continui approvvigionamenti.

La legge n. 49/87 permettendo l’acquisto dei beni in regime di non applicazione dell’IVA, forniva una valida soluzione al problema.

La sua abolizione e la non riproposizione nel testo della riforma ha come effetto diretto un aumento sensibile dei costi di approvvigionamento di beni in capo alle Ong.

Eppure non si tratta di un’agevolazione “italiana” che occorre tagliare per ristrettezze di bilancio ma di una disposizione che è prevista dalla direttiva comunitaria 2006/112/CE che, all’art. 146, prevede:

Gli stati membri esentano le operazioni seguenti:
(…)
c) le cessioni di beni ad organismi riconosciuti che li esportano fuori dalla Comunità nell’ambito delle loro attività umanitarie, caritative o educative fuori della Comunità;

L’errore, che può sembrare proprio un esempio della legge di Lubarsky, non solo comporta un aumento dei costi (l’IVA) ma costituisce violazione di una norma imperativa della direttiva comunitaria, esponendo così l’Italia ad una sicura condanna da parte della Corte di Giustizia europea.

Vero è che si potrebbe ovviare al problema acquistando direttamente nel paese estero ciò che occorre ma non sempre questo è possibile: banalmente non tutti ciò che occorre ad una Ong può essere reperito sul mercato del paese ospite, così come alcuni fornitori praticano politiche tali da vietare le vendite in alcuni paesi.

Chi legge queste pagine sa che avevamo segnalato il problema sin da quando era stato proposto il disegno di legge e che perciò l’ipotesi della legge di Lubarsky non è credibile.

Aspettiamo ora che il Governo metta mano alla materia inserendo la norma (avevamo inviato un testo che conteneva anche la trattazione delle operazioni intracomunitarie) attraverso un decreto legge omnibus o la prossima legge di stabilità. In definitiva la questione non comporta una perdita di gettito: si tratta di esportazioni che la legge IVA dispone non siano soggette all’imposta.

Oppure vogliamo preparare le carte per un ricorso alla Corte di Giustizia europea?

 

Gianpaolo Concari

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2 commenti

  1. Onde evitare errori fatali…

    Non mi è chiaro se il beneficio IVA, a legge 125/14 ormai in vigore è attualmente decaduto o, per il fatto che la legge mantiene per 6 mesi dall’entrata in vigore i benefici alle Ong già idonee ex legge 49/87 siamo anche in questo caso in una sorta di “regime transitorio”.

    • Il beneficio IVA è ancora vivo e vegeto.
      La L 49/87 viene abrogata “Dal primo giorno del sesto mese successivo alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 17, comma 13” della L 125/14, regolamento che viene emanato entro 180 gg dal 29 agosto scorso. Quindi ad oggi la 49/87 vive e lotta con noi e quindi verrà abrogata (dato che siamo a fine settembre) tra fine marzo 2015 e fine settembre 2015.
      Ach! la certezza di diritto!!!
      cm

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