600 giorni di Riforma. A che punto siamo?

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600 giorni: seicento giorni.

Ad ieri (1 marzo), i giorni che ci separano dalla data della approvazione in Consiglio dei ministri del testo di Riforma del Terzo Settore sono saliti a 600.

E’ un periodo lungo? Non saprei ma, giusto per dare un’idea, stiamo sforando il periodo di gestazione dell’elefante africano e abbiamo raddoppiato il tempo di gestazione delle balene. Quindi, nello stesso periodo, una balena ha potuto sfornare uno dietro l’altro due cuccioli.

I nostri eroi, invece, generano mostri. Il mostro che era uscito dalla riunione del Consiglio dei Ministri è diventato obbrobrio attraverso il restyling della Camera, per arrivare a orco inguardabile al Senato, dove è attualmente in fase di lavorazione.

Ma a che punto è arrivata la discussione, l’iter? Siamo al Senato, come detto, alla I Commissione presieduta dalla Senatrice Finocchiaro, e relatore della legge è stato scelto il senatore Lepri che non fa parte della I commissione, così anche per far capire quale competenza magistrale devono avere i nostri senatori della Commissione sulla materia se non ne è stato trovato uno che sapesse condurre le danze!

Il ddl è al Senato da 308 giorni, e qui, giusto per tornare alla natura, una mamma gorilla avrebbe concepito e partorito un piccolo iniziando il periodo di svezzamento.

Alla I commissione ci stanno pensando davvero tanto, hanno presentato molti emendamenti, sub-emendamenti, correzioni ai propri emendamenti; in quest’ultima pratica (riformulazione dei propri emendamenti) il senatore Lepri è un vero campione, nel senso che continua ad autocorreggere i propri emendamenti, ma io ho capito il perché. E’ una chiara tecnica Sioux, per cancellare le “orme” e far perdere gli inseguitori (gli altri senatori che non sanno più a quale testo fare gli emendamenti). Tanto è vero che ho provato a reinserire i 66 emendamenti di Lepri (alcuni correttivi dei propri precedenti emendamenti) all’interno del testo uscito dalla Camera e, indovinate un po’?, i testi non collimano. Lepri avrebbe – secondo la mia ricostruzione – modificato alcuni commi e successivamente avrebbe aggiunto delle parole alla vecchia versione (da lui stessa precedentemente emendata).

Il quadro pertanto non è tutto rosa e fiori come affermano i politici amici del non profit. Certo, il testo è partito male, ha avuto alcune correzioni migliorative grazie alla deputata Lenzi e ora anche il senatore Lepri ha fatto uno sforzo – al netto dei pasticci – notevole.

Sul suo sito, a metà di febbraio, ha pubblicato un interessante post nel quale dice che la fiscalità del non profit è davvero complicata (e qui il senatore acquisisce il “premio GAC” ad honorem) e propone pertanto uno schema concettuale per risolvere questo nodo gordiano. Vi riporto il link sia della pagina del post che dello schema (è in word). Vi chiederete che cosa cambierebbe se passasse questa ipotesi. Io vi dico che

  1. è un timido passo in avanti
  2. è estremamente positivo che Lepri abbia messo in schema quello che ritiene possa essere il profilo fiscale degli enti del terzo settore; significa che uno schema mentale ce l’ha, anche se lo corregge ogni colazione e merenda;
  3. l’impianto dovrebbe superare l’attuale sistema che vieta a Onlus e volontariato di realizzare attività diverse da quelle riportate nelle loro leggi (e questo è davvero la grande e ottima novità)
  4. si parla di IRES, IVA (banalizza dicendo che si armonizza, e che vuoi farci? è norma europea!), imposte sugli immobili (parte dalle esigenze del suo elettorato cattodem “scuole ecc” per comunque andare a migliorare una situazione disastrosa, vedi DM 200/12)
  5. e poi basta! Quello che mi sorprende è che Lepri da osservatore attento non abbia capito che non basta scrivere “semplificheremo”; dovrebbe conoscere gli ambienti ministeriali refrattari a qualsiasi cambiamento. Deve inserire le norme e gli argomenti precisi precisi. Avrebbero dovuto farlo il Governo, la Lenzi e ora Lepri.

Ditemi perché mai bisogna andare a caccia delle mosche e delle farfalle e non far capire di che fisco moriremo domani?

Perché mai avete riformulato decine di volte all’art 1, c 1 di definizione di ambito della delega (segnale di una confusione mentale notevole) e non dite dove volete andare ad incidere direttamente?

Volete un esempio?

Dopo la firma trovate la legge delega che ha partorito la riforma della 460 (associazionismo, enti non commerciale e Onlus).

Forse perché lo leggo a posteriori, ma ammettiamolo, è un mostro di chiarezza.

 

Carlo Mazzini

***

Articolo 3, cc 186 e segg, L 662/96

186. Il Governo e’ delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi al fine di riordinare, secondo criteri di unitarieta’ e coordinamento, la disciplina tributaria degli enti non commerciali in materia di imposte dirette e indirette, erariali e locali, nel rispetto dell’autonomia impositiva degli enti locali.

187. Il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e’ informato ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) definizione della nozione di ente non commerciale, conferendo rilevanza ad elementi di natura obiettiva connessi all’attivita’ effettivamente esercitata;

b) esclusione dall’imposizione dei contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ad enti non commerciali, aventi fine sociale, per lo svolgimento convenzionato di attivita’ esercitate in conformita’ ai propri fini istituzionali;

c) esclusione dall’ambito dell’imposizione, per gli enti di tipo associativo, da individuare con riferimento ad elementi di natura obiettiva connessi all’attivita’ effettivamente esercitata, nonche’ sulla base di criteri statutari diretti a prevenire fattispecie elu- sive, di talune cessioni di beni e prestazioni di servizi resi agli associati nell’ambito delle attivita’ proprie della vita associativa;

d) esclusione da ogni imposta delle raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente, anche mediante offerta di beni ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

e) previsione omogenea di regimi di imposizione semplificata ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto nei confronti degli enti non commerciali che hanno conseguito proventi da attivita’ commerciali entro limiti predeterminati, anche mediante l’adozione di coefficienti o di imposte sostitutive;

f) previsione, anche ai fini di contrastare abusi ed elusioni, di obblighi contabili, di bilancio o rendiconto, con possibili deroghe giustificate dall’ordinamento vigente, differenziati in relazione alle entrate complessive, anche per le raccolte pubbliche di fondi di cui alla lettera d); previsione di bilancio o rendiconto soggetto a pubblicazione e a controllo contabile qualora le entrate complessive dell’ente superino i limiti previsti in materia di imposte sui redditi;

g) previsione di agevolazioni temporanee per le operazioni di trasferimento di beni patrimoniali;

h) previsione di un regime agevolato, semplificato e forfettario con riferimento ai diritti demaniali sugli incassi derivanti da rappresentazioni, esecuzioni o radiodiffusione di opere e all’imposta sugli spettacoli.

188. Il Governo e’ delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi, al fine di disciplinare sotto il profilo tributario le organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale, attraverso un re- gime unico al quale ricondurre anche le normative speciali esistenti. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative alle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, alle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e alle organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49.

189. La disciplina tributaria delle organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale e’ informata ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) determinazione di presupposti e requisiti qualificanti le organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale, escludendo dall’ambito dei soggetti ammessi gli enti pubblici e le societa’ commerciali diverse da quelle cooperative, le fondazioni bancarie, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria, individuando le attivita’ di interesse collettivo il cui svolgimento per il perseguimento di esclusive finalita’ di solidarieta’ sociale, anche nei confronti dei propri soci, giustifica un regime fiscale agevolato, e prevedendo il divieto di distribuire anche in modo indiretto utili;

b) previsione dell’automatica qualificazione come organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale degli organismi di volontariato iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome, delle organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e delle cooperative sociali, con relativa previsione di una disciplina semplificata in ordine agli adempimenti formali, e differenziata e privilegiata in ordine alle agevolazioni previste, in ragione del valore sociale degli stessi;

c) previsione, per l’applicazione del regime agevolato, di espresse disposizioni statutarie dirette a garantire l’osservanza di principi di trasparenza e di democraticitacon possibili deroghe, giustificate dall’ordinamento vigente, in relazione alla particolare natura di taluni enti;

d) previsione di misure dirette ad evitare abusi e fenomeni elusivi e di specifiche sanzioni tributarie;

e) previsione della detraibilita’ o della deducibilita’ delle erogazioni liberali effettuate, entro limiti predeterminati, in favore delle organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale e degli enti a regime equiparato;

f) previsione di regimi agevolati, ai fini delle imposte sui redditi, per i proventi derivanti dall’attivita’ di produzione o scambio di beni o di servizi, anche in ipotesi di attivita’ occasionali, purche’ svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali o in diretta connessione con gli stessi;

g) facolta’ di prevedere agevolazioni per tributi diversi da quelli di cui alla lettera f).

190. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri delle finanze, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarieta’ sociale, da emanare entro il 31 dicembre 1997, e’ istituito un organismo di controllo.

191. L’organismo di controllo opera sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle finanze e garantisce, anche con emissione di pareri obbligatori e vincolanti, l’uniforme applicazione della normativa sui requisiti soggettivi e sull’ambito di operativita’ rilevante per gli enti di cui ai commi 186 e 188. L’organismo di controllo e’ tenuto a presentare al Parlamento apposita relazione annuale; e’ investito dei piu’ ampi poteri di indirizzo, promozione e ispezione per la corretta osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di terzo settore. Puo’ inoltre formulare proposte di modifica della normativa vigente ed adottare provvedimenti di irrogazione di sanzioni di cui all’articolo 28 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

192. L’organismo di controllo ha, altresi’, il compito di assicurare la tutela da abusi da parte di enti che svolgono attivita’ di raccolta di fondi e di sollecitazione della fede pubblica attraverso l’impiego dei mezzi di comunicazione.

192-bis. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri delle finanze, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarieta’ sociale, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti la sede, l’organizzazione interna, il funzionamento, il numero dei componenti e i relativi compensi, i poteri e le modalita’ di finanziamento dell’organismo di controllo di cui al comma 190. 193. Alle minori entrate derivanti dall’attuazione delle misure previste dai commi 186 e 188, che non potranno superare lire 100 miliardi per l’anno 1997 e lire 300 miliardi per gli anni 1998 e 1999, si fa fronte mediante quota parte dei maggiori introiti derivanti dalle disposizioni dei commi da 1 a 192.

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