Riforma III Settore: ecco l’IRI del sociale. Ma è una buona idea?

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Debutta – con emendamento proposto dal Governo – la tanto annunciata IRI del Sociale, che si chiamerà Fondazione Italia Sociale.

L’emendamento 9.0.100, che potrà essere a sua volta emendato dalla I Commissione del Senato presentando sub-emendamenti entro il 15.3 pv, è il seguente

Art. 9-bis
(“Fondazione Italia Sociale”)
1. È istituita la “Fondazione Italia Sociale” – di seguito Fondazione – con sede a Milano, con lo scopo di sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi caratterizzati dalla produzione di beni e servizi che, senza scopo di lucro, siano idonei a conseguire con un elevato impatto sociale e occupazionale. La Fondazione è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, senza obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori.
2. Per il raggiungimento dei propri scopi la Fondazione instaura rapporti con omologhi enti o organismi in Italia e all’estero.
3. Lo statuto della Fondazione, con il quale si provvede anche alla individuazione degli organi, della loro composizione e dei compiti, prevede:
a) strumenti e modalità che consentano alla Fondazione di finanziare le proprie attività attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie pubbliche e private, anche mediante il ricorso a iniziative donative per fini sociali e campagne di crowdfunding, nel rispetto del principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati;
b) strumenti e modalità di investimento, diretto o in partenariato con terzi.
4. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell’economia e delle finanze, è approvato lo statuto della Fondazione.
5. Tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.
6. Per lo svolgimento delle attività istituzionali, è assegnata alla Fondazione una dotazione iniziale, per l’anno 2016, di un milione di euro. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
7. Il patrimonio della Fondazione può essere incrementato da apporti dello Stato, di soggetti pubblici e privati e le attività, oltre che dai mezzi propri, possono essere finanziate da contributi di enti pubblici e di privati. Per la realizzazione degli scopi della Fondazione, i soggetti fondatori di fondazioni di interesse nazionale, nonché gli enti ad essi succeduti, possono disporre la devoluzione di risorse alla Fondazione.

Da quanto preannunciato da Manes, consulente per il Governo e promotore / fondatore di Dinamo Camp oltre che industriale di primo livello, la fondazione avrebbe dovuto avere un patrimonio di 50 milioni di euro (qui l’articolo sul Sole del nov ’15), ma dall’emendamento i 50 sono stati ridotti ad 1, e come inizio non è dei più promettenti.

Sulle finalità riportate nel testo non si può dire granché, ma confido nella lungimiranza di Manes secondo il quale appare una buona idea riunire in un solo soggetto la disponibilità di così tante risorse (prevede che la Fondazione avrà una capacità di spesa di un miliardo di euro!).

Nel testo del ddl si rimanda ad un DPR per la scrittura dello statuto. Ora tutti noi sappiamo che in una fondazione la questione fondamentale è rappresentata dalla governance ed il fatto che in questo testo non se ne faccia riferimento non mi appare un’ottima idea. La domanda fondamentale è: questo ente avrà natura pubblica o privata? La questione non è infondata e la risposta non è banale, anche alla luce di recenti normative sull’argomento (decreti Madia). Quindi: quale peso avrà l’ente o gli enti pubblici? Chi comanda? Quale regime si utilizzerà per evitare (scusate la parolaccia) conflitti d’interesse? Inoltre: c’è la possibilità che questo soggetto cannibalizzi parte delle risorse provenienti da grandi patrimoni? Avrà effetto sostitutivo o additivo?

In buona sostanza: concentrare tanti soldi su un soggetto soltanto, in parte partecipato da enti pubblici, vuol dire concentrare tanto potere. Il non profit italiano e ancor più il sistema politico italiano (che ricordo era riuscito a lottizzare persino l’Agenzia delle Onlus che contava come il due di picche e non aveva né dava soldi) sono pronti a gestire al meglio un meccanismo di questo tipo? E a che pro?

Tante le domande, alle quali io non so dare risposta. E voi?

Di fronte a tanti interrogativi, proporrei di stralciare l’ipotesi e di rimandarla a provvedimento successivo. Che c’entra la Fondazione con la riforma del terzo settore?

Carlo Mazzini

 

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