Riforma costituzionale: cosa sarebbe successo alla riforma del III settore?

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Nei prossimi mesi si eleverà – solo nei toni, temo – la discussione sul referendum costituzionale relativo alla riforma Renzi Boschi. Non è facile prendere posizione in quanto i temi sono complessi, ma anche fondamentali, perché non si parla di cambiare il regolamento di condominio, ma la legge delle leggi, la base reale del nostro vivere civile, quella legge che ad esempio permette a certe persone di usare legittimamente violenza su altre (polizia), consente ad alcuni di giudicare i nostri comportamenti, permette a tutti noi di associarci, incontrarci, far valere le nostre idee anche quando valgono davvero poco.

Quindi è importante comprendere la riforma, ma non è facile capire come cambierà la vita con il nuovo testo costituzionale. Per cercare di avvicinarci al testo, ho pensato di retrodatare la riforma costituzionale e la sua attuazione (incluse le nuove elezioni) a qualche tempo fa e immaginare come sarebbe uscita la legge di riforma del terzo settore dal nuovo parlamento.

A parità di non conoscenza della materia da parte dei nuovi deputati, ipotizzando cioè che la nuova classe dirigente non sia né così nuova né così informata, se la nuova Camera avesse licenziato la prima versione realmente uscita ad aprile 2015 questa sarebbe diventata direttamente legge, sempre che il nuovo Senato (nel numero di almeno un terzo di componenti) non avesse entro 10 giorni disposto di esaminarlo. Entro i 30 giorni successivi i senatori avrebbero dovuto proporre alla nuova Camera modifiche e successivamente la nuova Camera si sarebbe pronunciata in modo definitivo.

Fermiamo tutto. L’attuale Senato (così come la Camera) lavora a volte tre giorni alla settimana, a volte due giorni. L’attuale Senato ci mette un bel po’ di tempo per incardinare un testo, per assegnarlo alle Commissioni, per scegliere il Relatore ecc. Non solo; i Senatori, così come i Deputati, per saperne così poco, devono comunque informarsi, leggere relazioni, convocare esperti, associazioni di categoria ecc. Tutto questo costa – naturalmente – tempo. A volte abbiamo l’impressione che il tempo sia un po’, come dire?, dilatato, ma di certo un po’ di tempo ci vuole. Non è che se mi chiedi di darti un’opinione sul nuovo testo delle leggi sulle costruzioni anti-sismiche, io (nuovo senatore) possa star lì a cuor leggero a dire un sì o un no.

Quindi questa storia dei 30 giorni di tempo per dare un’opinione (che poi la Camera potrà sconfessare) non mi sembra un’idea fenomenale, considerato anche il fatto che molti di loro saranno Consiglieri Regionali e che dovrebbero aver un bel po’ da fare durante la settimana, altri dossier, altre Commissioni, per non parlare del fatto che molti Consiglieri continuano a fare un altro lavoro. Idem con patate per i sindaci, presi da ancor più stringenti problemi e responsabilità. Avete idea di quanto devono essere sul pezzo i Sindaci? Io credo che sia uno dei lavori più usuranti del mondo, seriamente. E dovremmo chiedergli di fare anche i Senatori a tempo perso?

Riprendendo il discorso sulla riforma del Terzo Settore, Consiglieri molto occupati e Sindaci pre-occupatissimi hanno poco tempo per andare a Palazzo Madama, informarsi, votare, con la consapevolezza che se a quei fresconi della Camera il testo modificato dai nuovi senatori non piace, i deputati fanno spallucce e dicono con sarcasmo “grazie per l’importante contributo e il tempo speso!” e non cambiano nulla rispetto alla versione di partenza.

In definitiva, ipotizziamo che o il nuovo Senato non abbia raggiunto il terzo per esaminare il testo, o, se raggiunto e se esaminato, sia stato comunque sconfessato dalla sorella maggiore Nuova Camera. Ci troveremmo con un testo che se oggi diciamo che la legge 106/16 non ci soddisfa appieno (eufemismo), ecco, il testo della Camera era davvero la sentina di ogni vizio legislativo, con incongruenze a non finire. Almeno, questo palleggio Camera, Senato, Camera ha permesso una riduzione di quelle che in alto gergo tecnico-legislativo vengono chiamate “puttanate” (fatta eccezione per la Fondazione Italiana Sociale che è stata aggiunta in Senato dal Governo contro il parere di molti deputati della maggioranza, che essendo motivatamente contrari hanno coerentemente votato a favore della Fondazione).

In definitiva avremmo avuto “prima” un testo pessimo; avremmo avuto più tempo per mandare a quel paese il Parlamento. Avremmo sacramentato più a lungo verso i deputati amici del non profit che ci avrebbero detto “abbiamo fatto presto la riforma” e noi a risponder loro “potevate pensarci un po’ di più” …

Primo giudizio sulla riforma costituzionale (sulla base del vissuto precedente) quindi non positivissimo.

Carlo Mazzini

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