La Charity Commission inglese vista da un fundraiser italiano

0

Ospito volentieri una testimonianza preziosissima di Stefano Talone – fundraiser presso un’importante ONG internazionale – sulla Charity Commission. Non è soltanto un’opinione; è un’esperienza.

IL MAGICO UTENSILE

Di Stefano Talone

Anche se gli inglesi hanno deciso di uscire dall’Unione Europea, di bere tè al latte e di vivere nel paese che ha il più altro tasso di riciclaggio di denaro in Europa, non significa che non siano un paese pratico e che fornisce ai suoi cittadini molti strumenti per venire fuori da piccoli e grandi problemi del quotidiano.

Dio salvi la regina.

Infatti quando nel 1860 gli inglesi hanno sentito il bisogno di strutturare il rapporto che lo stato aveva con gli enti non profit hanno fatto un netto passo avanti rispetto a…be’ probabilmente tutto il mondo. Il Charity Commission ancora oggi svolge la sua funzione egregiamente aiutando chiunque si occupi di non profit a capirci qualcosa in questo magico mondo.

La mia esperienza personale nel paese che ha dato i natali a Mick Jagger, Mr Bean e Jack lo Squartatore non è stata certamente delle più esaustive, ma è durata abbastanza per capire che in Italia siamo ancora anni luce dall’avere un organo simile (eppure c’eravamo andati vicino non troppi anni fa con l’Agenzia delle Onlus). Infatti noi che lavoriamo nel non profit in Italia siamo abituati all’anarchia delle leggi contraddittorie e all’assenza di centri di riferimento governativi che ci semplifichino la vita e che facciano chiarezza.

Facciamo un esempio. All’interno del Charity Commission è possibile consultare qualunque fondazione registrata in Galles e Inghilterra (la Scozia fa la fighetta e ha un suo Charity Commission a parte) liberamente. Si possono sapere le entrate delle fondazioni, a quali cause dona con più frequenza, quando si riunisce il consiglio direttivo per erogare, chi ne fa parte (di solito un Lord non manca mai), e così via. Mica male. Mica male soprattutto in un mondo come quello di oggi dove le informazioni hanno un prezzo molto salato.

Un esempio su tutti può essere la lista. La lista delle fondazioni che sostengono una causa. In Italia chiunque ce l’abbia per la propria Onlus se la tiene stretta, chiusa in cassaforte, perché arrivare ad avere dieci fondazioni che sostengono una certa causa è una grande vittoria, significa averne scartate almeno cento che non avevano niente a che fare con la nostra organizzazione, ma che abbiamo dovuto contattare per capire chi sono. Uno dice sì, ma c’è internet nel 2016. Mica vero, più della metà delle fondazioni in Italia non ha una vetrina sul web. Se è per questo anche in Inghilterra, ma in Inghilterra hanno il Charity Commission che permette a tutti di vedere tutto.

Questa fatto permette una grande condivisione di dati e informazioni (ci sono molte tavole rotonde e incontri ogni anno sulla cultura delle donazioni tra fondazioni). In Italia invece si tende alla paranoia, al sospetto, al sentirsi sempre vicini alla fregatura da parte di un’altra organizzazione o ancora peggio da parte dello stato.

Già dello Stato. Perché siamo arrivati al punto di non credere più nelle istituzioni in Italia. In nessuna. Quindi non ci si aspetta uno strumento che faccia chiarezza e assista come il Charity Commission chiunque lavori nel non profit, ma siamo talmente cinici e frustrati che ci si aspetta solo qualche gruppo informale di persone, che in modo più o meno professionale, dia consigli su come orientarsi nel magico mondo del non-profit.

Ricordo la Evan Cornish Foundation, una fondazione molto piccola situata vicino Sheffield (brutta città, non ci andate). L’ufficio addetto a trovare possibili fondazioni interessate alla causa dell’organizzazione dove lavoravo me l’aveva passata come possibile ente erogatore (sì, in U.K. esistono uffici del genere). Niente sito ovviamente. Ma ho trovata sul Charity Commission tutte le informazioni che mi occorrevano. Dopo uno scambio di email mi sono incontrato con la presidente in un bellissimo bar al centro di Londra. La signora, un avvocato sulla cinquantina che portava avanti oltre al suo studio anche la fondazione di famiglia, era interessata ai nostri progetti sui rifugiati, ma scettica nel donare a una grande organizzazione perché era convinta che ci saremmo mangiati tutto in costi di gestione. Abbiamo parlato più di un’ora. Le ho spiegato i programmi che portiamo avanti a Lampedusa e le difficoltà che riscontravamo nel lavorare in contesti di emergenza. Ci siamo salutati e pensavo che non l’avrei più rivista. Invece mi ha chiamato una settimana dopo dicendo che aveva deciso di donare settemila sterline per aiutare gli immigrati.

Questa storia è solo per dire che la differenza poi la fanno le persone, ma se lo stato le aiuta e le mette nelle giusta direzione con magici strumenti, la cosa non guasta. Senza il Charity Commission non sarei mai stato in grado di studiare la fondazione e capire che volevano donare sulla questione migranti senza trovare un’organizzazione di riferimento. Le ho dato la possibilità di farlo, ma se volete lo Stato indirettamente le ha dato la possibilità di farlo.

Stefano Talone

Related Posts with Thumbnails
Share.

About Author

Leave A Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Questo sito utilizza cookie per funzioni proprie. Se continui nella navigazione o clicchi su un elemento della pagina accetti il loro utilizzo Per maggiori informazioni vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy"

Vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy" - Per contattarci su questioni "Privacy" scrivi a "studiouno (chiocciola) quinonprofit.it"

Chiudi