Raccolta fondi: ecco le linee guida che non vi portano da nessuna parte

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Alla fine sono arrivate!

Desiderate quanto un’improvvisata della suocera alle 3 di mattino.

Più minacciose dell’uragano Katrina a New Orleans.

Meno utili della traduzione in esperanto dell’opera omnia di Fabio Volo.

Ecco a voi le le Linee guida sulla raccolta fondi pubblicate sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che presto verranno riportate anche in Gazzetta Ufficiale (suo malgrado).
Partiamo dalla fonte primaria: l’articolo 7, comma 2 del Codice del terzo settore che richiede che le attività di raccolta fondi siano realizzate nel rispetto  dei principi di verità, trasparenza e correttezza  nei  rapporti con i sostenitori e il pubblico, proprio in conformità delle suddette linee guida.

Queste linee guida sono frutto di una gestazione molto lunga (4 anni) che ha visto l’interlocuzione del Ministero con diversi attori non profit e ampie rappresentanze di enti. Nonostante l’interlocuzione, ho la certezza che nessun ente non profit intenda accomunare il proprio nome alle linee guida, o sottoscriverle o rivendicarne la paternità.

Premettiamo che, come sopra riportato, l’obbligo giuridico di seguirne il dettato è limitato unicamente al rispetto dei principi di verità e trasparenza e correttezza come sono stati declinati nelle linee guida. Ecco: se il ministero si fosse limitato a questo compito, staremmo commentando qualcosa di simile alla vecchia diatriba sul sesso degli angeli, quindi di non enorme praticità ma neppure così dannoso per gli enti.

Purtroppo, il Ministero si è inerpicato in percorsi ulteriori che hanno evidenziato la sua totale mancanza di esperienza in tutto ciò che è definibile come raccolta fondi, nella pratica reale, quella di ogni giorno. Nell’esegesi – come la chiama il ministero – dell’articolo 7, il Ministero realizza senza saperlo una sineddoche, cioè sostituisce (o confonde) la parte per il tutto. Infatti confronta ciò che PRIMA era regolamentato (le raccolte pubbliche di fondi occasionali, quelle manifestazioni di piazza che vedono intervenire un bene o un servizio tra il sovventore e l’ente non profit – mele, arance, piante …) con ciò che ORA è normato, ovvero il complesso di attività di raccolta fondi che ricomprende una moltiplicità di mezzi, tecniche, strumenti, tra i quali anche le raccolte pubbliche occasionali.

Leggete ad esempio a pag 4:

Un ulteriore elemento di forte discontinuità rispetto alla disciplina previgente riguarda il profilo temporale. Difatti, se il TUIR all’art. 143 regolamenta ai fini fiscali le raccolte fondi aventi il carattere dell’occasionalità, con l’articolo 7 del CTS viene viceversa riconosciuta in maniera esplicita agli ETS la facoltà di realizzare detta attività anche in forma organizzata e continuativa.

Per capirci: anche prima gli enti non profit potevano iniziare a realizzare attività di raccolta fondi il 1 di gennaio e finirla il 31 dicembre. Solo che questo tipo di attività – lungi dall’essere vietata – non aveva un’evidenza o definizione giuridica.

Quindi è importante che sia stato messo nero su bianco il diritto di realizzare attività di raccolta fondi, ciò non di meno, le raccolte pubbliche di fondi occasionali (nelle quali si inserisce un bene o un servizio tra donatore ed ente) continuano a dover essere occasionali, altrimenti si sfocia nelle attività diverse di cui all’art 6.

A pag 5 si legge un’ulteriore “perla”

L’articolo 7 del CTS dispone esplicitamente cha la raccolta fondi è infatti finalizzata al finanziamento delle attività di interesse generale. L’ETS sarà pertanto tenuto a rispettare la funzione di strumentalità dell’attività di raccolta fondi rispetto alla realizzazione delle attività statutarie di interesse generale, anche limitando le spese relative all’organizzazione dell’evento che non potranno essere superiori o prossime ai ricavi della raccolta, salvo che si verifichino fatti che possano compromettere la buona riuscita dell’iniziativa, non individuabili a priori. In tale ultimo caso, l’ente sarà tenuto a indicare nel rendiconto e nella relazione illustrativa le motivazioni per le quali i costi sostenuti per la realizzazione dell’evento sono stati superiori ai ricavi.

Qui si ripropone la confusione del Ministero che chiaramente non sembra sapere di cosa stia parlando. Parla di “organizzazione dell’evento” quando le organizzazioni non profit in realtà si affidano solo in parte agli eventi (e solo in occasione di manifestazioni, ricorrenze ecc, come richiesto dalla legge), mentre più di frequente organizzano piani anche pluriennali di raccolta fondi e realizzano in via continuativa – come consente la legge – le attività con tutte le tecniche possibili, online, dal vivo ecc.

In merito al “core” delle linee guida, cioè alla definizione di trasparenza, verità e correttezza, suggerisco la lettura di ciò che non a caso ho chiamato argomento da discussione sul “sesso degli angeli”. Questa, lo ricordo nuovamente, è l’unica parte obbligatoria che gli enti devono leggere con attenzione e che, nonostante la vacuità assoluta, devono cercare di applicare (non chiedetemi come!).

Successivamente, al paragrafo 4, il Ministero si lancia nella disamina di tecniche di raccolte fonde con la premessa (corretta, ed è l’unica) “Nelle pagine che seguono si cercherà di offrire un quadro di massima, non esaustivo né cogente, sulle diverse tecniche attraverso le quali procedere alla raccolta fondi”. Non è esaustiva perché ad esempio non comprende il 5 per mille, che, come risaputo, per il Ministero continua a non essere frutto di raccolta fondi ma una vera e propria “manna dal cielo” erogata non si sa da chi e non si sa come!Peraltro è stata aggiunta la nota a fondo pagina che dice “Si è operato un aggiornamento delle buone prassi individuate dall’ex Agenzia del Terzo Settore nelle linee guida pubblicate nel 2011”.

Per gli esperti del settore, già quelle non avevano senso, figurarsi se aveva senso persino “aggiornarle”!

Giusto per andarci leggeri – sapete che è la mia cifra stilistica – sappiate che in questa parte ci sono più errori e banalità che parole!

Un suggerimento: fate finta di nulla, passate oltre.

Arrivate finalmente all’ultimo capitolo di questo calvario. Il Ministero si è prodigato – per aiutarci! – nel produrre un format di rendiconto di raccolta pubblica occasionale di fondi e della relativa relazione. Sappiate che in un primo momento avevano pensato di richiedere rendiconto per ogni raccolta di fondi (quindi non solo per quelle occasionali), poi erano tornati sui loro passi quando qualcuno gli aveva fatto presente che non esisteva obbligo normativo (come invece esiste per le manifestazioni di piazza occasionali) e che le linee guida non potevano elevarsi a “leggi” obbligando gli enti a fare qualcosa che nelle leggi (quelle vere) non è prescritto.

Anche questo format ci regala perle di enorme valore: tra le entrate possibili ci sono

  • liberalità monetarie, espressione usata l’ultima volta dall’Alfieri in punto di morte, credo;
  • valore di mercato liberalità non monetarie (qui il Garzanti si è rivoltato nella tomba)
  • altri proventi: quali? non lo sappiamo, e comunque non ce lo dicono.

In definitiva, ora che sono uscite possiamo affermare con certezza granitica che il Ministero non ha mai fatto raccolta fondi.

E’ normale, legittimo, quasi ovvio.

E’ per questo che insegna a tutti noi come farla.

Carlo Mazzini

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