Compensi zero ai CdA non profit: a rischio i benefici fiscali – seconda puntata

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Lo dissi per primo, quando Vita meritoriamente pubblicò una prima versione del decreto legge ancora in bozza.

Ora che il DL 78/2010 è stato pubblicato in GU, possiamo riprendere il ragionamento.

Il fatto è noto. Un comma della manovra reca una simpatica disposizione per la quale chi siede in organi collegiali di enti (non ulteriormente specificati) non può farlo a titolo oneroso, ma al massimo può pretendere un gettone di euro 30 a seduta.

La norma ha incuriosito la stampa generalista che con Il Sole e il Corrierone si è posta un bel pò di domande assolutamente congruo.

Noi ce le poniamo per il nostro particular del non profit, riprendendo appunto i ragionamenti della volta scorsa.

Fondamentalmente, se ricevi “contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze” non puoi pagare

– componenti del Consiglio Direttivo o Consiglio di Amministrazione

– componenti del Collegio dei Revisori

– componenti del Comitato Scientifico

– componenti di qualsiasi altro organo collegiale.

Diceva Orson Wells che gli idioti sono una saggia istituzione della natura che permette agli stupidi di ritenersi intelligenti.

Allora mi sento molto stupido.

Infatti, diversamente da chi ha scritto una norma così scelleratamente idiota, io ne capisco le conseguenze, che sono le seguenti per gli enti non profit che prevedono compensi maggiori di 30 euro a seduta o veri o propri onorari ai componenti del CdA:

–  PERDITA DI TUTTI I BENEFICI FISCALI E LE AGEVOLAZIONI di cui gode l’ente (pensate alle agevolazioni Onlus, ma anche la sola detassazione delle quote sociali!!!);

– PERDITA DI EVENTUALI FINANZIAMENTI O CONTRIBUTI.

Inoltre

– vi è il rischio, anche la certezza, che i revisori non si prestino più a fare il proprio lavoro, se era previsto – come naturale – un compenso anche ai minimi tariffari;

– si “salvano” gli enti che hanno previsto un solo revisore (capite la genialata della norma???)

– gli enti di ricerca che istituzionalizzano i Comitati Scientifici per la scelta dei progetti da finanziare con il peer review process, rischiano di vedere il fuggi fuggi dei membri (autorevoli, fondamentali) anche internazionali, giusto per continuare a fare bella figura con il mondo;

– si salvano alcuni enti per lo più pubblici (vedi la norma in fondo) e viene fatto salvo il 5 per mille anche perché … non è un contributo pubblico!!!!

Pertanto, come già scrissi, una norma che dovrebbe servire a contenere i costi della pubblica amministrazione (non do più i soldi agli enti che pagano gli organi collegiali), si rivela essere la solita idiozia al cubo, una sparata demagogica senza alcuna aderenza con la realtà.

Ribadisco che in un ente non profit – ad esclusione degli enti di volontariato – è assolutamente lecito pagare i componenti dell’organo di governo (cfr la norma sulle Onlus), e in alcuni casi è cosa corretta data la responsabilità nel manovrare e gestire fondi anche ingenti.

In ultimo … questa previsione è già legge!

Andiamo bene!

Carlo Mazzini

Ecco il testo

Art 6, c 2

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. Gli enti privati che non si adeguano a quanto disposto dal presente comma non possono ricevere, neanche indirettamente, contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze, salva l’eventuale devoluzione, in base alla vigente normativa, del 5 per mille del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. La disposizione del presente comma non si applica agli enti previsti nominativamente dal decreto legislativo n. 300 del 1999 (sono le agenzie fiscali ndr) e dal decreto legislativo n. 165 del 2001 (li trovate faticosamente in 35 file grafici qui), e comunque alle università, alle camere di commercio, agli enti del servizio sanitario nazionale, agli enti indicati nella tabella C della legge finanziaria ed agli enti previdenziali ed assistenziali nazionali.

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8 commenti

  1. Sbaglio o la norma solleva un altro dubbio?
    L’articolo reca anche: “nonché la titolarità di organi dei predetti enti”.

    Significa che ci si riferisce anche agli organi non collegiali? Il Direttore Generale può percepire compensi o, come titolare di quella carica, rientra nella previsione di legge?

    Un saluto

    Alberto Benchimol

  2. Caro Benchimol,
    onestamente non ne ho la più pallida idea. Ha fatto bene a leggere – meglio di come abbia fatto io – l’inciso dove si cita la titolarità dei predetti organi.
    Ma non capisco il senso dell’inciso della legge, se non quello di non lasciar fuori dal taglio i Presidenti.
    Il Direttore Generale – legittimamente – continua a percepire il suo compenso non come membro (con o senza diritto di voto) dell’organo amministrativo.

    Grazie

    Carlo Mazzini

  3. Gentile Dr. Mazzini, leggo con spavento il suo articolo, e solo ora, con grave ritardo… capisco bene? E’ già Legge il fatto che i membri del Direttivo non possano ricevere un compenso? Se fosse così, da domani le cose si metterebbero malissimo per la nostra associazione, che con un bilancio di quasi 800.000 euro richiede una mia permanenza continua e costante in un ufficio da dove gestisco 4 persone (in Italia) e 30 (in Romania). Mi aiuti a fugare il panico…grazie mille.

  4. BUONGIORNO,
    UN INFORMAZIONE, DA PRESIDENTE DI UNA SCUOLA D’INFANZIA, POSSO DIRVI CHE LE ORE CHE DEDICO ALL’ASILO SONO INNUMERREVOLI, E IL SOLO COMPENSO DEL RIMBORSO SPESE NON ALIMENTA IL PORTAFOGLIO. RICAPITOLANDO, MI SEMBREREBBE MOLTO LOGICO E GIUSTO RICEVERE UN MINIMO DI “INCENTIVO”. LA NOSTRA SCUOLA E’ UNA FONDAZIONE SENZA SCOPO DI LUCRO, QUINDI? RESTO IN ATTESA DI UNA VOSTRA GENITLE RISPOSTA, RICORDANDO CHE OLTRE AL TEMPO E DENARO, SIAMO A RISCHIO ANCHE COME RSPP ALL’INTERNO DELLA SCUOLA, DICE POCO? rosy

    • La invito a leggere l’ultima puntata della questione, qui.
      In merito alla sua, detto che dovrebbe evitare di scrivere tutto maiuscolo in quanto per la netiquette significa “urlare” (ma credo sia stato un problema di blocco maiuscole), sono dell’idea che un Presidente non debba essere anche direttore (o far le veci di …). Se si vuole un Direttore, lo si paga e questo non rientra nella norma citata nell’articolo. Il Presidente, invece, oltre ad un gettone eventuale e a rimborsi spese su effettivi costi sostenuti per la Fondazione, non dovrebbe essere pagato per altro – tanto meno per essere incentivato – in quanto è decision maker, fa parte integrante dell’organismo che è senza fine di lucro sia in termini oggettivi (l’ente non persegue il lucro come fine fondamentale, anche se correttamente persegue una gestione economica), sia in termini soggettivi (i soggetti che ne fanno parte, che prendono le decisioni fondamentali – CdA – non hanno interessi economici nell’ente).
      Se ritiene di far più di quanto dovrebbe come Presidente, si dimetta, e chieda di essere “presa” (con il contratto + vantaggioso per entrambe le parti) come direttrice dalla Fondazione. Verrà invitata ad intervenire al CdA, ma senza diritto di voto.

      Cordiali saluti

      cm

  5. Paolo Dagazzini on

    Buongiorno, mi scuso fin d’ora per il fatto che questa domanda è probabilmente nel posto sbagliato ma purtroppo non trovavo dove porla.
    La questione riguarda il voto del presidente di un’associazione: è considerata lesiva della democraticità la previsione della prevalenza del voto di quest’ultimo (il vecchio “vale doppio”) in caso di parità in seno al Consiglio Direttivo? La domanda è principalmente in rapporto alla normativa che regola:
    – le Onlus;
    – le APS;
    – le diverse associazioni che si rifanno all’art. 148 del TUIR (comma 8, lettera c).
    Devo dire che su questo punto ho avuto pareri discordanti e, nella redazione di statuti, spesso però viene richiesto.
    La ringrazio per l’attenzione. Un cordiale saluto.

    • Le parlo solo per esperienza. Ai fini di non lasciare in stallo un’organizzazione, si è convenuto dare questo potere – peraltro limitatissimo – al Presidente. Esso non appare confliggere con la sostanziale democraticità richiesta per onlus, aps e volontariato. In effetti non ho mai fatto ricerche a tal proposito; solo per analogia (anzi per confronto) il presidente di comitato direttivo di istituto scolastico di diritto pubblico ha la stessa facoltà.
      cm

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