Quer pasticciaccio brutto dei tecnici sull’IMU al non profit – AGGIORNAMENTO 11.10

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E’ chiaro che non avevamo capito nulla.

Dopo l’esperienza non edificante degli ultimi governi Berlusconi – dei quali si ricordano come vette più elevate la patente a punti e il divieto di fumare nei bar – l’arrivo dei tecnici ci aveva fatto ben sperare. Son tecnici, non avranno spessore o sensibilità politica, ma finalmente avremo qualcuno di competente al Governo!

Poi … poi registriamo un ministro (esimia professoressa universitaria) che non sa contare gli esodati da lei stessa prodotti, un altro ministro (chiarissimo rettore di università) immobile tra le macerie di un’Italia devastata da terremoti e incuria.

E infine il pasticcio dell’IMU al non profit. Mettiamo in ordine i fatti.

Con DL 1/12 il Governo dei Tecnici modifica un passaggio cruciale della legge ICI e precisa che le attività meritevoli dell’esenzione sono quelle realizzate negli immobili “con modalità non commerciali”.

Il problema principale individuato dai tecnici è l’utilizzo misto di uno stesso immobile, e rimandano a decreto ministeriale da emanarsi entro 60 giorni la definizione dei metodi di calcolo per il calcolo dell’IMU.

Passano i giorni, le settimane, i mesi e financo le stagioni.

A settembre gli uffici del Ministero dell’Economia sfornano il DM e lo mandano al Consiglio di Stato, il quale legge attentamente, alza il sopracciglio, guarda con aria sorpresa i tecnici e dice: ma l’avete scritto voi questo regolamento? Ma non eravate tecnici? Al che, gli sventurati rispondono: sì, perché? c’è qualcosa che non va? A questo punto il Consiglio di Stato, sbuffando, prende la matita blu e segna come errore grave il fatto che lo scolaro non ha studiato, e non studiando non si è accorto che è andato “fuori tema”. La legge chiedeva che lo scolaro riportasse in modo compiuto  le modalità e le procedure relative alla dichiarazione richiesta in caso di utilizzazione mista “indistinta” e gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale. Ma lo scolaro andava oltre alla consegna e con un’invasione di campo (legislativa) degna dei migliori hooligan andava a definire anche cosa si intende per “modalità non commerciale”. I tecnici si sono inventati una norma quando non ne avevano il potere, dato che la legge che gli richiedeva di fare il temino non gli consentiva di legiferare dicendo cosa è commerciale e cosa non è commerciale.

Detto per inciso, nel commentare l’invasione di campo, il Consiglio di Stato sbeffeggia i tecnici e afferma

“Con quest’ultima disposizione l’amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall’oggetto del potere regolamentare attribuito (l’invasione di campo, ndr), ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazioni normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività (come dire: avete giocato a dadi e avete detto questo è commerciale, quest’altro no, ndr).”

Ma che bella figura da tecnici!

La soluzione comunque è pronta, perché tutto si può dire meno che i tecnici se ne stiano con le mani in mano (a parte sfornare un DM sbagliato con 4 mesi di ritardo!). Il Governo ha già annunciato che amplierà il potere di delega nella norma primaria (con DL integrativo del DL originario) che quindi conterrà anche la possibilità di definire – appunto in successivo DM – quando considerare un’attività commerciale e quando considerarla non commerciale.

Tutto a posto? Se i criteri rimangono quelli della Circolare 2/2009 sull’allora ICI, direi proprio di no. Infatti sono persuaso che abbiano preso quel testo e l’abbiano traslato nel senso e nella lettera nel DM regolamentare. Ma proprio sui canoni di esame della commercialità / non commercialità il Consiglio di Stato ha dato il commento tranchant sopra riferito “… scelte applicative, … che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazioni normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività”. Come dire che non stanno nè in cielo nè in terra.

Il rischio a mio avviso che, anche se forti di delega ex lege a dire cosa è commerciale e cosa non è commerciale, se si ripetono i concetti già riportati 3 anni fa nella circolare, quei concetti non hanno basi giuridiche sufficienti per restare in piedi.

Ciò che il Consiglio di Stato salva è la modalità di calcolo, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale (superficie, numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali, periodi temporali). Vedremo cosa dirà veramente il DM e speriamo in bene.

Un avviso, infine, ai giornalisti. E’ vero che la Chiesa cattolica è il maggior proprietario di immobili ed è verosimile che – al netto dello stracciamento di vesti dei baciapile – la stessa Chiesa cattolica sia uno dei maggiori evasori dell’ICI/IMU.

Ma ve lo volete ficcare in testa che qui si parla di tutti gli enti non commerciali e non solo di alberghi tenuti dagli ordini religiosi? Anche a rischio di affievolirvi la portata delle polemiche, sappiate che c’è una parte dell’Italia che vorrebbe sapere se – e in che misura e con quali criteri – deve pagare le imposte oppure no. E che – magari protestando, se riterrà scriteriati quei criteri  – pagherà l’imposta.

Chiamatela Italia masochista, noi li chiamiamo cittadini onesti.

Carlo Mazzini

AGGIORNAMENTO – Ieri sera è stato pubblicato in GU il DL 174/12 che reca all’art 9, c 6 la seguente disposizione

6. Al comma 3 dell’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le parole da: “e gli elementi” fino alla fine, sono sostituite dalle seguenti: “, gli elementi rilevanti ai fini dell’individuazione del rapporto proporzionale, nonche’ i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attivita’ di cui alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, come svolte con modalita’ non commerciali.”. Ciò significa che da oggi possono emanare – si spera senza far altre figuracce – il benedetto regolamento / DM.

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3 commenti

  1. Maria Teresa on

    Gentile Carlo,
    Ho bisogno del suo autorevole parere ; una associazione di genitori
    Si organizza per svolgere attivita’ di sostegno scolastico ai propri figli che hanno difficolta’ ; organizza con educatori e insegnanti lezioni individuali o a piccoli gruppi. Si sono definiti associazione culturale e di formazione extra scolastica, la circolare 124 del 98 fa una affermazione che mi lascia perplessa: ovvero che coloro che organizzano corsi non rientrerebbero nella lista delle attività
    Agevolate anche se svolte a favore di soci ,la struttura e’ democratica ecc. Cosa ne pensa?

    • Autorevole? Mah.
      Le associazioni di genitori possono benissimo organizzare attività di aiuto interno o esterno, relativamente ad attività diverse, comprese quelle di formazione. Esse possono beneficiare del 148 TUIR (defiscalizzazione dei corrispettivi).
      In merito alla circolare 124/98 vi si legge
      “Per quanto concerne le associazioni di formazione extra-scolastica della persona si osserva, in primo luogo, che tali associazioni per poter essere ricondotte nell’ambito applicativo dell’art. 111 del T.U.I.R. non devono svolgere come attività principale l’organizzazione di corsi, atteso che tale circostanza comporterebbe la loro qualificazione come enti commerciali. Peraltro, l’espressione “formazione extra-scolastica della persona” non individua, in via generale, l’intero settore dell’attività di formazione, ma un più limitato ambito di tale attività che privilegia la crescita intellettuale dell’individuo, mirata allo sviluppo della sua personalità complessiva e che esclude la formazione professionale, intesa all’apprendimento di conoscenze specifiche finalizzate all’inserimento nel mondo del lavoro e alla particolare specializzazione professionale.”
      Un’associazione che fa i corsi non necessariamente è esclusa dall’agevolazione; dipende dalle sue finalità, dai suoi beneficiari, da come (o su cosa) fa i corsi.
      cm

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