Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un dibattito acceso sulla trasparenza nei rapporti tra brand e solidarietà, innescato dal caso Balocco–Ferragni e alimentato dall’iniziativa – oggi in stallo – del cosiddetto “DDL beneficenza”.
Ma chi lavora da tempo nel Terzo Settore o nella responsabilità sociale d’impresa sapeva bene che il tema era già nell’aria da tempo: quello di una collaborazione tra enti non profit e aziende che fosse sì efficace, ma anche più sostenibile, trasparente ed eticamente fondata.
In questo contesto, ho avuto l’onore e il piacere di contribuire alla nascita di uno strumento semplice, ma – lasciatemelo dire – onesto.
Parlo del MANIFESTO PER LE PARTNERSHIP RESPONSABILI, redatto per una collaborazione onesta tra enti e imprese, un documento che mette nero su bianco ciò che da anni si dice sottovoce: che servono regole chiare, intenzioni esplicite e soprattutto responsabilità condivisa quando si lavora insieme per una causa. Il gruppo di partenza mi ha visto al lavoro in compagnia di scafatissimi colleghi quali Paolo Ferrara, Monica Ramaioli, Marta Pieri e Daniele Tarzia, quindi di Terre des hommes, Fondazione Umberto Veronesi, Oxfam, Save the children.
Onestà tra le parti, onestà verso i terzi
Nel titolo di questo articolo ho voluto giocare con un’espressione letteraria e quotidiana: “l’importanza di chiamarsi onesto”.
Perché onesto deve essere chi promuove una campagna solidale, chi raccoglie fondi, chi costruisce partnership tra settori diversi.
Onesto deve essere il rapporto tra l’ente e l’impresa, fondato su reciprocità e chiarezza.
Onesto dev’essere anche ciò che si presenta al pubblico: il messaggio, la finalità, il meccanismo con cui si genera impatto o si attiva una donazione.
E in fondo, onesto è anche il Manifesto stesso: non dice nulla di più di ciò che è giusto dire, e nulla di meno di ciò che è necessario chiarire. Come un prezzo “onesto”, anche un accordo tra due realtà diverse ma complementari può essere così: giusto, congruo.
Perché serve oggi?
Perché le persone – consumatori, donatori, stakeholder – non vogliono solo emozioni, vogliono verità. Perché il rischio di strumentalizzazioni è alto. E perché il Terzo Settore non può permettersi ambiguità, né zone grigie.
L’onestà oggi è un vantaggio competitivo.
Domani sarà l’unico modo per restare credibili.
Se vuoi leggere o sottoscrivere il Manifesto, lo trovi qui 👉 [Manifesto]
Carlo Mazzini
