Le questioni in sospeso sulle ONG

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Di Gianpaolo Concari e Carlo Mazzini

Al superamento dei 500 giorni dalla sua entrata in vigore, la nuova legge sulla cooperazione internazionale (L 125/14) riprende slancio, anche se restano ancora alcuni nodi da risolvere per le ONG.

L’abrogazione definitiva della L 49/87 (1 gennaio) ha coinciso con l’insediamento del primo direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, Laura Frigenti, e sta così prendendo forma l’agenzia stessa che su molti temi sostituirà le funzioni della Direzione Generale già esistente alla Farnesina. Sul versante politico, la nomina del Vice Ministro della cooperazione allo sviluppo (Mario Giro) del 29 gennaio scorso ha consentito al Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo di riunirsi per la prima volta e fissare i parametri e i criteri sulla base dei quali l’Agenzia verificherà competenze ed esperienze delle organizzazioni della società civile che operano nell’ambito della cooperazione internazionale al fine di iscriverle nell’elenco omonimo. L’elenco delle Organizzazioni della Società civile (OSC) e altri soggetti senza finalità di lucro è la condizione essenziale per poter definire chi avrà diritto ai contributi erogati dall’Agenzia o dal Comitato (sopra i due milioni di euro) o potrà essere affidatario per la realizzazione di iniziative di cooperazione allo sviluppo.

Le linee guida per l’iscrizione dei soggetti senza finalità di lucro sono state rese pubbliche il 1° febbraio scorso e prevedono una corsia preferenziale per le “vecchie” ONG ex L. 49/87 che non dovranno allegare la documentazione richiesta ai nuovi soggetti ma solo citare il decreto di riconoscimento di idoneità ex L. 49/87 ed eventualmente comunicare l’aggiornamento dello statuto (sede legale e operativa, rappresentante legale, organi statutari) se non già precedentemente trasmesso. (qui il nostro post)

Per i nuovi soggetti che operano nella cooperazione allo sviluppo, la formazione dell’elenco è anche il presupposto per poter godere della non imponibilità – ai sensi IVA – degli acquisti di beni destinati ad essere spediti fuori dall’Europa per finalità umanitarie. Senza l’elenco, solo le “vecchie” ONG continuano a godere dell’agevolazione, grazie ad una provvidenziale previsione inserita nella legge di stabilità 2015.

Altri aspetti interessano il versante del personale. La nuova legge, non riportando più le definizioni di “cooperante” e di “volontario cooperante” come era in passato, avrebbe reso inefficace, per abrogazione tacita, il comma 8-bis dell’art. 54 TUIR e del relativo sistema di tassazione di favore dei compensi percepiti da questi lavoratori se inseriti nell’ambito di un progetto di cooperazione riconosciuto “conforme” alle direttive del Maeci.

Tuttavia il decreto interministeriale 16/12/2015 pubblicato all’inizio di gennaio (qui il nostro post) è andato in parte a sanare la questione, facendo diretto riferimento al sistema di tassazione convenzionale poiché, ai fini fiscali, previdenziali ed assicurativi, equipara per assimilazione il personale indicato nell’art. 28, legge 125/2014 ai cooperanti e ai volontari.

Purtroppo, la reintroduzione delle norme relative alla determinazione convenzionale dei compensi non forma un vero e proprio continuum in quanto esse si applicano a decorrere dal periodo di paga in corso nel mese successivo alla pubblicazione del decreto. Pertanto, la pubblicazione del decreto a gennaio apre un vuoto legislativo al momento insanabile: il periodo di paga di gennaio 2016 sarebbe soggetto a tassazione ordinaria.

Sempre in tema di risorse umane, il fatto che le Ong siano ora Onlus al pari delle altre e non “di diritto” com’era prima stabilito dal d.lgs. 460/97, crea qualche allarme in tema di retribuzioni, posto che non se ne possono erogare per un importo superiore al 20% al livello retributivo stabilito dai CCNL. Lo sforamento del limite riconduce l’ente alla presunzione assoluta di distribuzione indiretta di utili, prevista e vietata dall’art. 10, comma 6, lett. e), d.lgs. 460/97. Si tratta di una presunzione assoluta per la quale non vale nemmeno chiedere la disapplicazione di una norma antielusiva (cfr. ris. 10/09/2002 n. 294/E). Le soluzioni possibili sembrano essere due: o si cambia il CCNL, aggiornando i livelli retributivi o serve una norma che, preso lo stato di fatto, renda possibile il mantenimento degli attuali livelli retributivi.

Gianpaolo Concari e Carlo Mazzini

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