Beneficenza indiretta da Onlus alle parrocchie? Atroci dubbi

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file5191247069565Come sanno anche le pietre, il concetto di beneficenza indiretta – quella di un ente onlus a favore di altro ente (onlus o no) – si è arricchito di un riferimento importante perché legislativo e non solo interpretativo, con l’inserimento del comma 2-bis all’art 10 della legge Onlus.

La storia del comma è un pò travagliata e ne parlai qui.

Riporto il comma inserito dal DL 185/08 (art 30, comma 4)

“All’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:

2-bis. Si considera attivita’ di beneficenza, ai sensi del comma 1, lettera a), numero 3), anche la concessione di erogazioni gratuite in denaro con utilizzo di somme provenienti dalla gestione patrimoniale o da donazioni appositamente raccolte, a favore di enti senza scopo di lucro che operano prevalentemente nei settori di cui al medesimo comma 1, lettera a), per la realizzazione diretta di progetti di utilita’ sociale”

E’ stato un parto delle Fondazioni Bancarie che hanno così voluto favorire l’attività delle Fondazioni di Comunità, bella idea importata dagli Stati Uniti dove sono nate (all’inizio del secolo scorso), anche per opera del prof Barbetta, noto studioso del non profit.

O, dicendola tutta, hanno voluto far uscire dalle secche le Fondazioni di Comunità che si dicevano Onlus MA intendevano erogare fondi anche a soggetti non Onlus, come parrocchie ma non solo. Nell’intenzione del legislatore e del suo suggeritore l’inserimento del comma 2-bis avrebbe dovuto risolvere tutto.

Così come è scritto (il comma), però, non sembrerebbe praticabile sic et simpliciter l’erogazione di una Onlus (ad es Fond di Comunità) a favore di una parrocchia, per una ragione molto semplice.

Infatti leggiamo che i destinatari sono “enti senza scopo di lucro (e qui le parrocchie rientrano) che operano prevalentemente nei settori di cui al medesimo comma 1, lettera a), …”.

Basta capirsi.

Domanda: qual è l’attività prevalente di una parrocchia?

Risposta: l’esercizio del culto, che non risulta tra le attività “da Onlus”.

L 222/85, art 16 – Nozione di attivita’ di religione o di culto.

“Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:

a) attivita’ di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana;

b) attivita’ diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attivita’ commerciali o a scopo di lucro.”

La parrocchia può realizzare attività diverse ma è evidente che il suo fine principale e prevalente è quello sub a).

Anche l’art 2 della stessa legge 222/85 lo dice:

“Sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari.”

C’è chi la pensa diversamente, e vi invito a leggere l’interessante articolo della dott.ssa Clementi (Incaricata settore fiscale Ufficio Avvocatura – Curia Milano) in Enti non profit IPSOA 6/09 pag 12 e segg. Lì vi ho letto un’esaustiva analisi sulle novità della beneficenza, sull’assenza di lucro delle parrocchie ma nulla sulla prevalenza dell’attività di culto – come a me sembra – rispetto a quelle di assistenza ecc.

La discussione è aperta.

Carlo Mazzini

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