#riformaterzosettore e 5 per mille: tra scivolate e conferme

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L’impatto della riforma del Terzo settore sul cinque per mille. Cosa cambia nel prossimo futuro e cosa è ancora da fare.

Con la riforma del Terzo settore si è resa necessaria un’ulteriore modifica alle regole di ripartizione e rendicontazione dei fondi cinque per mille, dopo quella recente, effettuata con il d.p.c.m. del 07/07/2016.
In attuazione della legge delega n. 106/2016, è stato perciò emanato il d.lgs. 03/07/2017 n. 111 (in vigore dal 19/07/2017) che ha apportato alcune modifiche, rimandandone altre ad un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ciò che oggi è destinato al sostegno del volontariato, alle Onlus, alle Aps iscritte nei registri (nazionali, regionali e provinciali) previsti dall’art. 7, legge 383/2000 nonché dalle associazioni riconosciute e fondazioni che operano nei settori Onlus, sarà destinato agli enti del Terzo Settore iscritti nell’apposito Registro unico nazionale del Terzo settore.
Permangono le destinazioni a favore:

  • degli enti della ricerca scientifica e dell’università
  • del finanziamento della ricerca sanitaria
  • del sostegno delle attività sociali svolte nel comune di residenza del contribuente
  • del sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal CONI e che svolgono una rilevante attività di interesse sociale

Non essendo al momento ancora operativo il Registro unico nazionale del Terzo settore è stabilito che si continuerà a destinare i fondi cinque per mille a favore delle Onlus, delle Aps ecc., come fatto finora, sino alla piena operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore.

Entro 120 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. 111/2017 (cioè entro il prossimo 15/11/2017), si dovrà provvedere all’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri[1] mediante il quale si dovranno definire:

  • le modalità e i termini per l’accesso al riparto del cinque per mille da parte degli enti destinatari;
  • le modalità e i termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione dell’elenco permanente degli enti iscritti;
  • la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi;
  • i criteri di riparto, la quota minima erogabile risultante per effetto dalle scelte effettuate e le modalità di riparto delle scelte non espresse dai contribuenti;
  • le modalità per il pagamento del contributo e i termini entro i quali i beneficiari dovranno comunicare alle amministrazioni che lo erogano i dati necessari per il pagamento delle somme assegnate, al fine di consentire l’erogazione entro il termine di chiusura del secondo esercizio finanziario successivo a quello di impegno.

Facciamo un breve ragionamento:

  • esiste una legge delega (legge n. 106/2016) che…
  • ha delegato il Governo ad emanare un provvedimento legislativo delegato (il d.lgs. 111/2017) che…
  • rinvia ad un ulteriore decreto attuativo della Presidenza del Consiglio dei ministri (un dpcm) che dovrà regolamentare definitivamente la materia.

Il primo risultato del ragionamento è che il d.lgs. 111/2017 contiene, in sostanza, una “delega nidificata” che serve a giungere ad un testo definitivo. Ciò che scaturirà, sarà (salvo sorprese) un provvedimento che conterrà un “eccesso di delega”.
Vediamo il perché.

Mettendo a confronto le linee guida impartite dal Parlamento (legge n. 106/2016, art. 9, comma 1, lettera c) con quelle del decreto delegato (d.lgs. 111/2017, art. 5, comma 1), vediamo che…

Legge delega Decreto delegato
 a.    il completamento della riforma strutturale dell’istituto della destinazione del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in base alle scelte espresse dai contribuenti in favore degli enti di cui all’articolo 1,
b.    la razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e
c.    dei requisiti per l’accesso al beneficio
d.    nonché semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l’erogazione dei contributi spettanti agli enti;
a.    le modalità e i termini per l’accesso al riparto del cinque per mille da parte degli enti destinatari;
b.    le modalità e i termini per la formazione, l’aggiornamento e la pubblicazione dell’elenco permanente degli enti iscritti;
c.    la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi;
   d.1      i criteri di riparto,
   d.2      la quota minima erogabile risultante per
effetto dalle scelte effettuate e
   d.3      le modalità di riparto delle scelte non
espresse dai contribuenti;
e.    le modalità per il pagamento del contributo e i termini entro i quali i beneficiari dovranno comunicare alle amministrazioni che lo erogano i dati necessari per il pagamento delle somme assegnate, al fine di consentire l’erogazione entro il termine di chiusura del secondo esercizio finanziario successivo a quello di impegno.

E’ facile riscontrare che i punti d.1, d.2., d.3 del decreto delegato sono un chiaro esempio di “eccesso di delega” poiché la legge nulla dice (a torto o a ragione) circa i criteri di riparto, la statuizione della quota minima erogabile e le modalità di riparto di ciò che conosciamo anche come i “resti” cioè i fondi destinati ad una categoria beneficiaria ma non ad uno specifico ente beneficiario.
Sicché potrebbe accadere che tutta questa spinosa materia, già sollevata da illustri commentatori, se ripresa in sede di dpcm, potrebbe scatenare il giusto malcontento, delle organizzazioni maggiori.
In tali organizzazioni i resti sono infatti attribuiti proporzionalmente sulla base delle scelte espresse e contribuiscono per una consistente misura alla formazione del totale dei fondi attribuiti.

E’ stato matematicamente dimostrato e senza grandi fatiche che, togliere l’inoptato alle più grandi per attribuirlo alle più piccole, non porterebbe alcun beneficio a queste ultime salvo appesantire il meccanismo del riparto.
Toglierebbe invece un apporto finanziario importante alla maggiori.
Sarebbe solo una mossa populista senza alcun effetto pratico esposta peraltro a ricorsi alla Corte Costituzionale per eccesso di delega.

Tornando all’esame del decreto legislativo si è disposto quindi che, al fine di accelerare le procedure di erogazione del cinque per mille, non si tenga conto delle dichiarazioni tardive (presentate entro i 90 giorni successivi al termine normale) e di quelle integrative, dalle quali derivino un maggior debito o credito di imposta, presentate entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
In effetti le dichiarazioni tardive e quelle integrative rappresentano una quota trascurabile rispetto a quelle ordinariamente inviate all’Agenzia delle entrate.

Tuttavia con lo stesso dpcm si stabiliranno le regole relative alle dichiarazioni tardive ed integrative, probabilmente per sistemare le maggiori o minori assegnazioni agli enti beneficiari, derivanti dalle dichiarazioni inviate oltre i termini.

Si è ribadito il divieto di utilizzo dei fondi cinque per mille per il pagamento delle campagne pubblicitarie.
Diversi commentatori hanno già rilevato, come in passato, che il divieto è del tutto inutile: i fondi cinque per mille consentono comunque la liberazione di risorse finanziarie che sarebbero state utilizzate per i fini istituzionali e quindi indirettamente, in ogni caso, il finanziamento lo si può fare.
In altri termini se l’ente beneficiario ha preventivato una spesa di 1.000 per fini istituzionali e tale spesa è sostenuta per intero dai fondi cinque per mille, è chiaro che nel budget dell’ente si libereranno 1.000, già raccolti attraverso altre fonti di finanziamento, per poter pagare la campagna di pubblicità.

Le norme sulla trasparenza circa la destinazione del cinque per mille sono contenute nell’art. 8 del d.lgs. 111/2017, dove si prevede che:

  • entro un anno dalla ricezione delle somme, gli enti beneficiari del riparto del contributo devono redigere un apposito rendiconto relativo all’utilizzo delle somme;
  • nei successivi 30 giorni gli enti destinatari devono pubblicare sul proprio sito web l’ammontare di quanto percepito e il rendiconto;
  • nei successivi 7 giorni l’ente beneficiario comunica all’amministrazione erogatrice di aver adempiuto agli obblighi di pubblicazione nel web di quanto previsto al punto precedente;
  • l’amministrazione erogatrice, in caso di violazione degli obblighi di pubblicazione dei documenti di rendicontazione, diffida l’ente beneficiario ad adempiere entro 30 giorni agli obblighi e, nel caso di inerzia, provvede ad irrogare una sanzione amministrativa pari al 25% del contributo percepito;
  • ciascuna amministrazione erogatrice sul proprio sito web pubblica, entro i successivi 90 giorni dall’erogazione del contributo, l’elenco degli enti beneficiari, popolandolo ulteriormente con i link al rendiconto pubblicato sul sito web del beneficiario nei successivi 30 giorni dall’acquisizione degli elementi informativi;
  • è altresì prevista una sanzione a carico dell’amministrazione erogatrice, nel caso di violazione degli obblighi di pubblicazione.

Al di là dello scambio di link e degli obblighi ente beneficiario/amministrazione erogatrice, oltre a qualche miglioria in tema di accelerazione delle operazioni di erogazione dei fondi (vero punto nodale della questione), non vi sono grandi cambiamenti all’orizzonte, a meno che il dpcm di prossima emanazione vada a sistemare alcune incongruenze già segnalate in tema di iscrizione o rinnovo della stessa (inutile nel caso del cambio del legale rappresentante) o di trasmissione della documentazione già evidenziati in questo articolo.
Un tema molto delicato, sul quale è facile scivolare in questa fase, è quello della perfetta coordinazione tra la novellata normativa e quella che sarà introdotta con il dpcm di prossima emanazione.

Gianpaolo Concari

[1] Su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per profili finanziari

 

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