Riforma del Terzo Settore: i volontari possono essere pagati

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Quasi fosse un easter egg, ecco a voi una sorpresina che i nostri eroi (in questo caso i deputati) hanno confezionato per rendere indigesta la Riforma del Terzo Settore.
Quando una Commissione referente incardina una proposta di legge e la mette all’ordine del giorno, va a recuperare alcune delle altre proposte che nel corso della legislatura altri deputati hanno presentato sulle stesse materie.
Così è successo con la Riforma del Terzo Settore, in discussione alla XII Commissione della Camera.
Nel febbraio di quest’anno, alcuni deputati hanno presentato un disegno di legge che prevede
a. che le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possano rimborsare i propri associati per le spese effettivamente sostenute anche se non documentabili entro limiti prestabiliti;
b. per i volontari, questi “rimborsi” sono redditi diversi ex art 67 TUIR
c. fino a 2.000 euro questi “rimborsi” non concorrono a formare il reddito della persona fisica (quindi del volontario).
Qui trovate il testo della proposta di legge.
Come anticipato, questa proposta di legge è associata al disegno di legge sulla Riforma del Terzo Settore.

In merito a questa porcheria, vi sono due profili da analizzare.
Il primo è quello di “senso”.
L’art 2, c 2 della L 266/91 è una pietra miliare da 23 anni a questa parte; esso afferma

“2. L’attivita’ del volontario non puo’ essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attivita’ prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.”

E’ pura poesia, non c’è nulla che non possa essere compreso; la prosa è chiara, limpida e cristallina come deve essere un testo di legge e rispecchia la chiarezza del concetto di volontariato.
Mi chiamo volontario se non ho una retribuzione dall’attività. Mi chiamo collaboratore occasionale, a progetto, professionista, dipendente ecc se sono retribuito.
Tutta l’Italia del non profit – e non solo gli iscritti ai registri del volontariato -e anche il senso comune intende il lavoro del volontariato come un lavoro assolutamente non pagato.
La sragione per la quale alcuni deputati vogliono cambiare il senso del volontariato è la seguente (dalla descrizione del testo della proposta di legge)

“Nello svolgere le attività d’istituto, ormai le più variegate, le associazioni si avvalgono sempre più spesso dell’esperienza personale, della disponibilità e delle capacità dei propri associati, richiedendo loro un impegno costante e gratuito. Tale gratuità è stata in parte temperata, ai sensi della normativa vigente, dalla possibilità di riconoscere ai volontari rimborsi per le spese effettivamente sostenute e documentate dagli stessi nell’esercizio dell’attività cui sono dediti. Questa modalità ha ingenerato negli anni dubbi e perplessità applicativi, oltre a determinare un significativo appesantimento burocratico per i soggetti preposti alla rendicontazione e al controllo, non ultime le amministrazioni locali che con sempre maggiore frequenza intrattengono con il volontariato sociale rapporti di collaborazione in forma convenzionata.”

Cosa ci dicono, quindi, questi geni con in mano la soluzione “fine di mondo”?
Che è difficile tenere ricevute e fatture, e che ciò si ripercuote in un appesantimento burocratico per i comuni, le province e le regioni.
Me li vedo mentre scrivono questa stupidaggine: “Ma sei sicuro che possiamo scrivere questa cretinata?” e l’altro: “Ma sì, dai. Tutti danno contro la burocrazia; se scriviamo che l’attività sociale dei volontari è bloccata da assurde richieste della burocrazia, vedrai che ci danno ragione!”.
Ecco. Capite bene che se il problema è tenere le ricevutine e il costo del controllo da parte dei soggetti che erogano somme al non profit, allora abbiamo un problema, che è ben più grande delle ricevute. Stiamo svendendo il senso stesso del volontariato, del dono e della gratuità per evitare uno sforzo antipatico ma necessario per distinguere l’attività gratuita da quella ricompensata. Cose da matti!

Il secondo profilo è tecnico.
Questi einstein del codicillo non hanno la cognizione di causa delle cose che scrivono.
Con riferimento alla 266 scrivono “Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, anche se non documentabili, entro i limiti stabiliti dalla legge”. Uno si pensa che i 2.000 euro defiscalizzati siano i limiti stabiliti dalla legge. Ed invece no. Quelli sono i soldi che l’ente può dare affinché non siano considerati (per il volontario) fonte di reddito tassato. I limiti stabili dalla legge non ci sono. Una cosa è dire: l’organizzazione può dare – come rimborsi – fino ad un tot ad ogni singolo volontario e comunque il volontario rimane tale. Questo non viene detto dalla proposta di legge.

Altro è dire – rivolgendosi al volontario – fino a 2.000 euro i rimborsi sono defiscalizzati, sopra questa soglia sono redditi diversi.
Nella proposta di legge non è stata indicata la somma che stabilisce il confine tra attività di volontariato e attività retribuita: i limiti stabiliti dalla legge non sono stati stabiliti!!! E’ stata stabilita una soglia di non tassabilità!
Esempio: io sono un volontario e pretendo dall’associazione (magari ho una posizione dominante) 12.000 euro all’anno. Secondo questa proposta, posso continuare a dirmi volontario, e pago tasse su 10.000.
Gli altri 9 sodali, dicono: “e noi, cosa siamo? gli scemi del villaggio?” E pretendono e ottengono dall’associazione lo stesso trattamento. Chiamereste questo ente ancora “organizzazione di volontariato”?
Anzi. Lo chiamereste ente senza scopo di lucro?
Solo due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi.
Albert Einstein.
Carlo Mazzini

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1 commento

  1. Chi in un modo o nell’altro paga i volontari non deve essere destinatario del 5 mille,
    Semplicemente perchè è imprescindibile che le risorse pubbliche vadano a beneficio di chi è etico e trasparente. Nascondersi dietro l’etichetta del volontariato e poi non esserlo è una cosa deleteria.
    Ed è molto dubbio che chi si comporta così faccia un utilizzo corretto delle risorse pubbliche che riceve.

    Che venga maggiormente aiutato chi fa impresa profit o non profit che sia e non tutto questo volontariato che volontariato non è

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