Rischio revisione annuale delle agevolazioni al non profit

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Uno spettro si aggira nella paludosa foresta della legislazione non profit. No, non è la Riforma del III settore, gufi e malpensanti che non siete altro!
Si tratta di una nuova disposizione – che a breve diventerà Decreto Legislativo – che per come è scritta può far pensare male relativamente alle sorti future delle norme sulla deducibilità e detraibilità fiscale delle erogazioni liberali e sui regimi di decommercializzazione di cui ora si avvantaggiano le non profit (raccolte pubbliche, vantaggi IVA, regime opzionali, esenzioni o esclusioni varie).
Tutto parte dalla legge delega fiscale dell’allora Letta (il nipote) L 23/14, quello che ancora per poco stava sereno ma non ne aveva tanta ragione. Ora siamo noi a non stare sereni.
Il Decreto Legislativo ha passato il vaglio delle Commissioni di Camera e Senato ed introduce un principio sacrosanto, ovvero che ogni anno si sappia quanto costano le esenzioni o riduzioni fiscali che la normativa prevede a favore di singoli, famiglie, aziende, non profit.
E fin qui tutto bene.
Poi c’è dell’altro. Da questa analisi – che solo nel 2011 è stata fatta in modo completo (famosa relazione del gruppo di lavoro sull’erosione fiscale) – il Governo prende le mosse per scrivere la manovra di stabilità dell’anno successivo. E fin qui ok, dato che con il riesame delle agevolazioni si intendono ottenere nuovi fondi, e dove si reputino superate alcune previsioni, si vadano a recuperare soldi.
In un articolo del decreto legislativo però si legge: (va a introdurre c 5-bis ad art 10-bis, L 196/09)

“La Nota di aggiornamento di cui al comma 1 è corredata altresl da un rapporto programmatico nel quale sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica. Nell’indicazione degli interventi di cui al precedente periodo resta ferma la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’istruzione, nonché dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica. Le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma.”

Il che vuol dire che COL CAVOLO che il “Terzo settore in realtà è il primo” (cit. Renzi, Bobba, Boschi, Patriarca). Se avessero inserito anche il non profit, avremmo dormito sonni più tranquilli. La + dai, – versi, la 398/91, la stessa 460 in merito alle defiscalizzazioni di associazioni ed Onlus: hanno tutte più di 5 anni e ogni anno potranno ogni anno correre il rischio di essere eliminate, ridotte, modificate o – spiegabilmente – confermate.
Direte: bravo furbo! Il rischio c’è sempre! Rispondo: eh no, cari lettori. C’è rischio e rischio. Se per legge il legislatore deve ripercorrere ogni anno la lista di agevolazioni e fare la spunta – in reiterata condizione di ricerca spasmodica di soldi – su cosa tener fermo (i settori di cui sopra) e cosa modificare, capite bene che il Terzo Settore rischia di fare la fine del vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro (cit. Don Abbondio).
Gli altri (confindustria, confcommercio ecc) hanno le lobby, noi abbiamo al massimo gli hobbit nel senso di “nani politici”.
Certo, avessimo buone rappresentanze degne di questo nome, queste sarebbero intervenute nell’iter dei presente decreto legislativo e in futuro facendosi inserire nella commissione che verrà istituita che dovrà ogni anno fare la spunta di cui sopra. Pensate, per legge ne fanno parte persino le associazioni familiari!
Ma le rappresentanze del non profit no!
Siamo una squadra fortissimi, eh? (cit. C. Zalone)
Carlo Mazzini
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