Se il Codacons attacca chi fa le raccolte fondi

0

Una delle molte associazioni di consumatori (il Codacons) ha inviato a chi – inclusi enti non profit – ha promosso campagne di raccolta fondi pro terremotati una lettera in cui
a. invita tutti ad avviare campagne che facciano riferimento esclusivo alla protezione civile, e che quindi destinino i soldi direttamente alla struttura statale
b. invita i riottosi (coloro che comunque se ne fregherebbero del gentile suggerimento di Codacons) di fare per bene le loro campagne (rendicontazione ecc) perché il Codacons stesso monitorerà ognuna di queste campagne
c. rammenta che ci sono “n” leggi che regolano la rendicontazione delle raccolte pubbliche di fondi
d. si incasina nella questione del 5 per mille facendo un parallelismo a mio avviso improprio
e. diffida (quindi invita anzi intima) a rendere pubblici i dati sulle somme raccolte, sui nominativi dei soggetti pubblici e privati ai quali le stesse sono destinate (per i secondi ci sarebbe una questioncina di privacy, ma figurarsi)
f. invita il Ministro dell’Interno a interrompere, sequestrare e sospendere qualsivoglia attività di raccolta fondi non facenti capo alla Protezione Civile, specie allorquando, in dette campagne non sia chiara la finalizzazione delle somme e/o l’indicazione dei soggetti intestatari dei fondi e/o l’indicazione delle finalità precipue e delle modalità di raggiungimento.

Questa la crème.
Ora, quando l’ho letta mi sono davvero allarmato. Cavolo! Se una delle più famose e conosciute (anche riconosciute in termini di campagne condivise e condivisibili) associazioni dei consumatori scrive un testo così duro in cui invita (in caratteri tutti maiuscoli) e poi diffida (di nuovo, maiuscolo), allora la situazione delle campagne di raccolta fondi deve essere davvero grave.
Ma possibile che nessuno di noi non se ne sia accorto?
Non dal Festival del Fundraising, né da Assif, né dai maggiori fundraiser o dalle organizzazioni stesse; nulla di nulla è trapelato di questo fatto che gli enti non profit non sanno rendicontare onestamente, un cancro ormai arrivato a metastasi che porta a sicura morte (fallimento per incapacità di render conto) ogni raccolta fondi che non sia diretta alla Protezione Civile (cioè allo Stato)!

Sono davvero preoccupato, è da anni che andiamo in giro con fette di salame sugli occhi, è evidente. Anzi non è evidente a noi che infatti andiamo in giro con fette di salame sugli occhi, ma è evidente alle associazioni dei consumatori le quali con spirito di abnegazione ci alzano un lembo delle fette e ci fanno vedere la realtà nella quale peraltro siamo immersi.

Ora che mi inizia ad esser chiaro tutto, grazie all’illuminante disvelamento del Codacons, sapete cosa faccio? Chiederò lumi alle organizzazioni non profit.
Alzo il telefono e ne chiamo una, di quelle grandi, e dico:
“Associazione, basta frottole! Dimmi, che fine fanno i soldi che raccogli per il terremoto?”
Silenzio sospetto. Tra me e me penso: “li ho presi in castagna! Non si sarebbero mai pensati che se raccolgono fondi in pubblico allora devono poi dire al pubblico che fine fanno quei soldi”
Poi il direttore dell’associazione risponde timidamente, sentendo il mio tono deciso, e con una certa deferenza, sapendo come io ricopra da questo austero sito il ruolo di moralizzatore dei costumi:
“Carlo, in breve te la dico così, anche se so che tu queste cose le sai già. Abbiamo un progetto ben definito rispetto al quale abbiamo dei costi preventivati. Abbiamo un codice etico collegato alla 231/01 che applichiamo anche in questo caso sia a valle – se forniamo servizi alla pubblica amministrazione – sia a monte sulla corruzione tra privati o con enti pubblici. Abbiamo un consiglio di amministrazione che comunque risponde all’assemblea – oltre che alla pubblica opinione – delle scelte che fa. Ci siamo dati un codice di comportamento per evitare i conflitti d’interesse (scusa la parolaccia!). Rendicontiamo da anni sia le iniziative singole di raccolta pubblica di fondi, sia in generale l’attività complessiva. Sottoponiamo il bilancio (inclusivo delle raccolte e del 5 per mille) ai revisori. Inoltre ci facciamo fare una relazione della società di revisione indipendente.
Anzi, ti dico che pubblichiamo i seguenti documenti sul nostro sito, ad un click soltanto dalla homepage:
Relazione del Consiglio Direttivo sulla Gestione dell’Esercizio, Stato Patrimoniale, Rendiconto di Gestione, Nota integrativa, Prospetto della movimentazione del patrimonio netto, Rendiconto finanziario, Relazione della Società di Revisione, Relazione del Collegio dei Revisori
Tutto questo, come puoi immaginare, ci costa anche un po’, ma per avere noi stessi la sicurezza di dare i dati giusti e per fugare dubbi sull’onorabilità (nostra personale e di associazione) siamo ben disposti a farlo. Di recente è venuta a trovarci l’Agenzia delle Entrate per controlli di routine e se ne sono andati chiedendoci come loro possono collaborare con noi, magari con un payroll giving a favore dei nostri progetti. Ah, dimenticavo, siamo persone giuridiche e quindi siamo controllati anche dalla prefettura, siamo ONG e periodicamente il Ministero degli affari esteri attraverso la nuova Agenzia per la cooperazione ci chiede la rendicontazione puntuale dei nostri progetti.
Se proprio devo dire ciò che ci manca è chi ci controlla con competenza; voglio dire, benissimo Agenzia delle Entrate ecc, ma a volte siamo – rispetto a questi controllori – un po’ degli alieni. Non conoscono benissimo le dinamiche e a volte le richieste ci appaiono un po’ astruse, ridondanti, quando sarebbe davvero semplice mettere su un organismo indipendente di controllo e indirizzo del non profit.”
Poi conclude: “Ma Carlo, perché mi chiedi tutto ciò? Non fai consulenze proprio su questo? Detto diversamente, perché rompi i cabbasisi a noi?”
Alla citazione camilleriana non so dare una risposta ferma e decisa.
Abbozzo: “Ma sai, è che i cittadini, i consumatori, i donatori … vogliono sapere”
Al che capisco di averla fatta fuori dal vaso. Il direttore infatti mi risponde: “E lo vieni a dire a me? Con il mazzo che mi faccio per mettere in sintonia la professionalità dell’amministrazione con le richieste del CdA, le paturnie dei volontari, i rimbrotti dei donatori che non riescono a leggere bilanci resi difficili non da noi ma da tecnicismi dai quali noi stessi fuggiremmo, solo potessimo?
Lo sai, Carlo, che in Italia non abbiamo un form 990 come negli Stati Uniti, che non abbiamo una Charity Commission come in Inghilterra. Siamo abbandonati a noi stessi e temiamo che la riforma del terzo settore ci complicherà ulteriormente la vita e la comunicazione con i donatori.”
Abbozzo ulteriormente: “Ma che ne diresti di dare tutti i soldi per il terremoto alla Protezione Civile?” Cavolo, non l’avessi mai detto! Mi risponde davvero inferocito: “Ma tu l’hai mai letto un bilancio pubblico? E cosa ci hai capito?   E perché mai lo Stato dovrebbe dare maggiori garanzie del privato sociale? Ma scusa, ti chiedo: la Costituzione non ci dà la libertà di associarci e le leggi che ne derivano non ci danno la libertà di raccogliere fondi? E non sono quelle stesse leggi – spesso scritte male – a imporci limiti, a volte astrusi, a chiederci verifiche interne ed esterne, a metterci sotto il controllo di autorità pubbliche? Ma se tutto questo non basta, cosa dovremmo fare in più? Me lo sai dire? Mazzini, – ahi, è passato al cognome – di cosa ti sei fatto stamattina? Hai mica incontrato tua suocera?”
E butta giù il telefono.

In effetti, tra il leggere la lettera del Codacons e incontrare mia suocera, avrei preferito la seconda!

Carlo Mazzini

Related Posts with Thumbnails
Share.

About Author

Leave A Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Questo sito utilizza cookie per funzioni proprie. Se continui nella navigazione o clicchi su un elemento della pagina accetti il loro utilizzo Per maggiori informazioni vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy"

Vai in fondo alla pagina e clicca su "Privacy Policy" - Per contattarci su questioni "Privacy" scrivi a "studiouno (chiocciola) quinonprofit.it"

Chiudi