Pubblicazione online delle entrate pubbliche: un gran pasticcio e una bella soluzione

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Vi ricordate la questione della Legge 124/17? Ne scrissi il 6 settembre scorso; si tratta di una disposizione che obbliga le Onlus, associazioni e fondazioni a pubblicare sul proprio sito entro il 28 febbraio le informazioni (non meglio precisate) sulle entrate di natura pubblica (se maggiori a 10.000 euro) incassate nel corso del precedente anno.
In queste ultime settimane ha ripreso piede la questione perché succede che il tempo passi e succede che il 28 febbraio si avvicini.
Succede.
Succede anche che alcuni abbiano interpretato la norma nel senso che la sua prima applicazione sarebbe da postdatare al 2019 e altri – tra cui il sottoscritto – ritengono che invece l’obbligo parta da quest’anno.
Ora, senza voler insegnare nulla a nessuno, la mia posizione è dettata da alcuni indizi.
Il primo è l’interpretazione letterale della norma che afferma che “A decorrere dall’anno 2018 … le associazioni, le Onlus e le fondazioni … pubblicano entro il 28 febbraio di ogni anno …”. La decorrenza è chiaramente riferita all’obbligo a pubblicare e non all’annualità delle entrate.
Il secondo indizio è il parere del Servizio studi del Senato che afferma: “Gli obblighi di pubblicazione di cui sopra decorrono dall’anno 2018 e la pubblicazione deve avvenire entro il 28 febbraio di ogni anno con riferimento alle informazioni riferite all’anno precedente.”
Il terzo è che quando è stato presentato l’emendamento che ha introdotto la norma era il 2016 e si parlava di obbligo dal 2017; essendo stata approvata la norma nel 2017, hanno spostato di un anno la partenza.
“Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova”, scriveva Agatha Christie; prova non sufficiente per alcuni enti che nei giorni scorsi hanno pubblicamente asserito che l’obbligo decorre dal prossimo anno per poi far retromarcia e affermare che forse, chissà, bisogna capire: è più facile comprendere le quartine di Nostradamus che i loro comunicati stampa.
Qualche giorno fa, giusto per non incasinarci le menti, è comparso sul Sole 24 Ore un articolo nel quale l’ANAC affermava “Se guardiamo all’applicazione pratica, però, il dettato non sembra in grado di imporla davvero, perché non stabilisce a chi spetta la vigilanza, chi è tenuto a irrogare le sanzioni e quali sono le conseguenze di una eventuale rifiuto a restituire le somme percepite”.
Quelli dell’ANAC annunciano che loro non scriveranno linee guida perchè la legge non le prevede, e che non commineranno sanzioni a enti non profit privati perchè non hanno alcun titolo per farlo.
Su quanto detto dall’ANAC dissentiamo, però. La sanzione (spropositata tanto che odora d incostituzionalità) esiste nel senso che bisognerebbe restituire la somma se non pubblicata. In relazione all’irrogazione della sanzione, la legge stabilisce che sono le stesse amministrazioni pubbliche che devono richiedere indietro le somme.
Una cosa è dire che la norma è stata scritta con i piedi ed è espressione di un ceto politico incapace di fare le cose semplici e possibilmente utili. Altro è dire che non ci sono scritte delle cose (che sono scritte) per quanto non condivisibili.

E ora? Cosa consigliare di fare?
Io consiglio di predisporre un semplice schema nel quale inserire le diverse voci di entrata di natura pubblica, con riferimenti all’ente erogatore, alla somma ricevuta nel 2017 (ricevuta vuol dire incassata), la data dell’incasso e la causale.
In calce allo schema aggiungerei una dichiarazione del legale rappresentante che afferma che i dati riportati corrispondono al vero.

Come spesso succede, viene in soccorso italianonprofit.it che mette a disposizione gratuitamente (ah, come suona bene questa parola alle orecchie di un genovese!) un tool che consente di ottenere il sopra citato “semplice schema”.
Con orgoglio vi dico che in una qualche misura ho contribuito anch’io all’ideazione del tool; per tutto il resto, c’è Italianonprofit.

E se in questi pochi giorni un ente (ministero, si spera) dovesse dire “abbiamo tutti scherzato, si inizia nel 2019”, possiamo dirci sicuri anche se non pubblichiamo le informazioni sul nostro sito? A mio avviso no, ed ecco perché.

Il Comune di Stracciatollo sul Besugo ha finanziato nel 2017 la Sagra degli Allocchi, erogando una somma di 15mila euro all’associazione locale. Il Comune era retto dal partito “Orgogliosi di Stracciatollo”. Nelle recenti elezioni comunali ha vinto la lista civica “Cambiamo ‘sto cavolo di nome a ‘sto cavolo di paese”. Guarda caso, i “Cambiamo” hanno in uggia l’associazione locale destinataria l’anno precedente del finanziamento e, avvertiti del fatto che l’associazione locale non ha adempiuto all’obbligo di pubblicazione delle entrate pubbliche, richiedono le somme indietro. Certo, nel frattempo il Ministero del Buon Umore era uscito con una lettera vergata su carta da parati nella quale sentenziava che l’obbligo era da riferirsi al 2019 e non al 2018. Il sindaco dell’allegro paesino fa spallucce e intima all’associazione di restituire al Comune i soldi (ormai utilizzati lo scorso anno). Il Presidente e i consiglieri dell’associazione locale sanno che da quel momento inizierà un calvario di carte bollate, ansie, ripicche e azioni di responsabilità. Vogliamo aiutare l’associazione locale dell’allegro Stracciacollo sul Besugo? Suggeriamole di fare lo schema e di pubblicarlo su un sito che probabilmente non ha (e anche qui Italianonprofit ha la soluzione).

Non è giusto? Volete una garanzia che ciò che dico si avvererà?

“Se vuoi una garanzia, compra un tostapane.” (Clint Eastwood – La recluta)

Carlo Mazzini

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9 commenti

  1. Buongiorno,
    grazie per questo interessante articolo.

    Siamo una onlus e abbiamo una domanda da porle: i ricavi provenienti dal 5×1000 vanno considerati come entrate di natura pubblica e quindi pubblicati in questo modulo?
    Grazie

    • Gianpaolo Concari on

      Si ritiene che non si debbano indicare i fondi del 5 per mille poiché non si tratta di fondi pubblici ma di natura privata e questo principio è stato affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 18/06/2007 n. 202. A sostegno di ciò vi è anche il fatto che i fondi 5 per mille assegnati ai vari enti sono già oggetto di pubblicazione negli appositi elenchi diramati dall’Agenzia delle entrate e liberamente consultabili in rete.

  2. Buongiorno, domanda probabilmente superflua ma non si sa mai con queste persone…entrate da parte della Diocesi (dalla Chiesa….) ad una Onlus, qualora questa offerta provenga dall’8xmille donato alla Chiesa….? Io propenderei per il “no” poichè la Chiesa non è un ente dello Stato ma si sa…meglio prevenire che…

  3. PS. Forse mi sono espresso male: donazione da parte di una Diocesi ad una Onlus (qualora la donazione provenga dall8 per mille)

  4. Forse mi sono perso qualche passaggio o peggio non riesco a comprendere a pieno la norma (e spero di non essere il solo a non comprendere) e mi cheidevo, e qui giro la cosa al dott. CARLO MAZZINI, ma la franchigia dei 10.000 eu è giusto calcolarla sul totale fondi ricevuti da tutti gli Enti Pubblici oppure deve essere preso in esame ogni singolo rapporto? Mi spiego meglio ” l’associazione X ha ricevuto meno di 10.000 eu anche sommando gli importi ricevuti da Enti diversi e pertanto non deve pubblicare nulla mentre se ha ricevuto più di 10.000 eu che sono la somma di fondi ricevuti da più Enti è obbligata a pubblicare ???

    dario

    • Lei ha centrato uno dei problemi interpretativi.
      Io rimango persuaso del fatto che sia la somma che fa il totale 🙂 e che per ragioni di prudenza e di interpretazione della norma rispetto ai suoi fini (anti corruzione) il limite sia da applicarsi rispetto al totale delle somme incassate
      cm

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