Erogazioni liberali e dichiarazioni precompilate

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L’Agenzia delle entrate detta le modalità definitive per la trasmissione dei dati annuali delle erogazioni liberali in denaro agli enti non profit.
E ci sono risvolti anche in chiave fundraising.

Come ha scritto il collega Carlo Mazzini, tutto ha avuto inizio a fine gennaio 2018 quando il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) con un proprio decreto, ha stabilito in via sperimentale l’obbligo di trasmissione dei flussi delle erogazioni liberali per gli anni 2017, 2018 e 2019.
La questione aveva sollevato un po’ di malumori perché stabilire un adempimento nel gennaio 2018 riguardante i flussi delle erogazioni liberali avvenute nel 2017 e quindi con effetto retroattivo, non rappresentava una mossa tempestiva e tantomeno vincente sul piano della reciproca collaborazione.
Tuttavia l’Agenzia delle entrate aveva aperto un tavolo di concertazione con le organizzazioni maggiori che, nel corso dei successivi anni, hanno rappresentato le difficoltà che via via si sono presentate per avviare l’operazione
L’operazione sperimentale avrebbe dovuto terminare con l’invio dei flussi riguardanti l’anno 2019 nel 2020 ma, complice la pandemia, il ritardo nella definizione del decreto definitivo e quello dovuto al processo attuativo della riforma del Terzo settore, senza tanti annunci, si è preferito spostare il tutto al prossimo 16 marzo, termine che riguarda anche altre tipologie di oneri deducibili/detraibili

I donatori interessati
Si tratta delle persone fisiche e l’elemento di novità, rispetto al precedente decreto, è rappresentato dal comma 2 dell’art. 1 nel quale troviamo la risposta alla domanda “ma si devono trasmettere i dati del 100% delle erogazioni liberali ricevute?” che rappresenta lo scoglio maggiore dell’operazione
E’ bene sapere che nella procedura, le erogazioni liberali si inseriscono per codice fiscale e altro non è richiesto.
Su questo punto si osserva che gli istituti di credito non hanno mai mostrato alcuna volontà di fornire i codici fiscali dei loro correntisti. In altri termini è impossibile risalire al codice fiscale (e quindi acquisirlo) di chi ha disposto il bonifico.
Nel decreto in rassegna il punto viene risolto prevedendo la trasmissione dei dati delle erogazioni liberali relativi a:

  • donatori continuativi cioè relative ad erogazioni effettuate con SDD (Sepa Direct Debit) conosciuti come “i vecchi RID”
  • donatori diversi dai precedenti, purché dal pagamento risulti il codice fiscale del soggetto erogante

Questo significa che se da una parte avremo comunque un problema di gestione della mole di dati in ingresso, dall’altra gli enti non dovranno inventarsi l’impossibile per ottenerli, fermo restando che dal canale interbancario arriveranno poche informazioni utili ad un trattamento automatico tout-court.
Ne potrebbero arrivare molti di più se gli istituti di credito stabilissero un canale specifico per l’esecuzione dei bonifici diretti agli ETS, al pari di quelli attualmente “canalizzati” per il pagamento delle spese di recupero del patrimonio edilizio ecc.: la possibilità di poter acquisire mediante procedure informatiche le erogazioni liberali avrebbe ripercussioni positive sia in tema di attendibilità dei dati (ai fini dei controlli dell’Agenzia delle entrate) sia in tema di successive operazioni di fidelizzazione dei donatori (privacy permettendo).

E quelli no
Non devono essere oggetto di comunicazione le erogazioni liberali raccolte da un unico soggetto in nome e per conto di altri soggetti (art. 1, comma 5). E’ il tipico esempio di una persona che fa una colletta tra amici e poi effettua un unico versamento.

I conti correnti cointestati
Irrisolto al momento è il caso in cui un donatore utilizzi un conto corrente cointestato con il coniuge: a meno che nella causale del bonifico sia espressamente indicato il codice fiscale del donatore per l’ente beneficiario sarà complicato intercettare il dato per la compilazione della comunicazione.
In sede di tavolo di confronto è emerso che l’erogazione liberale potrebbe essere attribuita, in modo salomonico, ad entrambi i cointestatari del conto, sempreché l’ente disponga del codice fiscale del coniuge.
Su questo aspetto scattano per l’ente due opzioni:

  • si sceglie un profilo di minimo rischio e decide di non andare a caccia dei dati mancanti per non commettere errori limitando così eventuali sanzioni
  • oppure decide di ricercare i dati mancanti del donatore, considerando questa azione come un modo per fidelizzarlo offrendogli un servizio che ha il suo epilogo nel momento della dichiarazione precompilata.

Un avvio graduale ma…
Come ha già scritto Carlo Mazzini, L’avvio delle operazioni sarà graduale ma… c’è un “ma”.
Il legislatore usa come sistema di misurazione dei proventi il bilancio di esercizio di cui all’art. 13 del d.lgs. 117/2017.
Ma siamo sicuri che anche le fondazioni e le associazioni riconosciute che svolgono attività di tutela dei beni culturali e del paesaggio e di ricerca scientifica si iscriveranno nel Runts e adotteranno il modello di riclassificazione previsto dall’apposito decreto?
Quindi: con quali principi di determinazione calcoleranno la soglia oltre la quale scatta l’obbligo di trasmissione dei dati?
La domanda è un po’ tendenziosa certo, ma si vuole evidenziare che quando si stabilisce una soglia, tale soglia deve valere per tutti i soggetti interessati.
A questo possiamo aggiungere che all’inizio dell’anno, quando l’ente non sa ancora cosa accadrà, si deve stabilire se impegnare o meno risorse umane (adeguatamente formate, vista la delicatezza dell’operazione) nella raccolta dei dati utili per adempiere all’obbligo di trasmissione.
E’ vero che normalmente gli enti approvano un budget preventivo e quindi l’attività è improntata a questo, ma sono innumerevoli i casi in cui si parte con una previsione che, in corso d’anno, si rivela errata per cause di forza maggiore.
Un esempio è sicuramente la pandemia che stiamo vivendo e che ha causato non pochi stravolgimenti degli orizzonti di previsione.
Quindi gli organi direttivi devono fare particolare attenzione alla programmazione, soprattutto se gli importi dei proventi complessivi si avvicinano alle soglie indicate sopra: rincorrere a ritroso i dati per popolare l’archivio è un’operazione alquanto difficoltosa.
Si apre comunque un altro scenario: l’ente, pur non essendo tenuto alla comunicazione per limiti dimensionali, decide di avviare ugualmente lo strumento come strategia di fidelizzazione del donatore rendendo disponibile, come si è già detto in precedenza, il dato delle sue erogazioni liberali nella dichiarazione dei redditi precompilata che recupera attraverso l’Agenzia delle entrate.

Il rispetto della privacy
La raccolta e la trasmissione dei dati che riguardano le erogazioni liberali in modo così massivo rappresenta un momento delicato per la tutela della privacy dei donatori in quanto possono rivelare il loro orientamento politico, religioso, filosofico ecc.
Tuttavia il Garante per la Protezione dei Dati personali ha ritenuto rilevante l’interesse pubblico sottostante al trattamento dei dati suddetti, basato sulle disposizioni legislative in ambito tributario connesse al riconoscimento della detrazione/deduzione fiscale delle erogazioni stesse e pertanto ne ha autorizzato il trattamento con il provvedimento n. 3 del 14/01/2021 purché i dati raccolti annualmente restino immagazzinati in uno specifico archivio, separato dagli altri archivi dell’Anagrafe tributaria, e non saranno accessibili dall’Agenzia delle entrate fino allo scadere del termine per l’esercizio dell’opposizione da parte degli interessati.
Tutto questo riguarda l’utilizzo dei dati per la preparazione delle dichiarazioni precompilate poiché il rapporto tra contribuente e Agenzia delle entrate è limitato a questo. L’Agenzia delle entrate non mette a disposizione di terze parti le informazioni riguardanti le erogazioni liberali. Né tali informazioni possono essere utilizzate da altre amministrazioni.

L’opposizione all’utilizzo dei dati
Un problema spinoso è rappresentato dalla procedura per la comunicazione annualeall’ente beneficiario dell’erogazione liberale o all’Agenzia delle entrate dell’eventuale opposizione all’utilizzo dei dati relativi alle erogazioni liberali.
La gestione delle opposizioni da parte dell’ente beneficiario si preannuncia alquanto laboriosa: può funzionare in fase di trattamento di un’erogazione liberale saltuaria dove il donatore potrebbe esprimersi non fornendo il proprio codice fiscale e/o esprimere il diniego esplicito alla comunicazione dei dati all’Agenzia delle entrate.
Per gli SDD il codice fiscale è un elemento non essenziale della modulistica ma richiesto quasi sempre per cui il donatore dovrà porre attenzione all’espressione del diniego.
L’opposizione all’utilizzo dei dati raccolti dagli enti, in realtà, rischia di essere inefficace: poniamo il caso che un donatore, un po’ sbadato, non esprima il diniego per un’erogazione liberale saltuaria effettuata presso un ente e invece lo esprima per un’altra erogazione liberale presso lo stesso ente oppure presso un altro. I dati che saranno comunicati all’Agenzia delle entrate saranno incompleti.
Diverso è il caso in cui l’opposizione è inviata all’Agenzia delle entrate: in questo caso avrà la validità per tutte le erogazioni liberali intestate a quel contribuente, da qualsiasi ente esse provengano.
Mentre per gli enti l’opposizione sarà gestita in base all’organizzazione interna dei flussi informativi e quindi con propria modulistica e organizzazione del software, per quelle dirette all’Agenzia delle entrate, è previsto un apposito modello che dovrà essere inviato tra il 1° gennaio e il 20 marzo dell’anno successivo a quello in cui le erogazioni sono state effettuate a mezzo posta elettronica (semplice) oppure via telefax, allegando un documento di riconoscimento.

Per ulteriori informazioni l’Agenzia delle entrate ha un’apposita pagina sull’argomento che, al momento della chiusura di questo intervento è aggiornata all’anno 2019.

Il caso delle restituzioni
Sebbene infrequente, può accadere che un’erogazione liberale sia successivamente restituita al donatore per varie ragioni che qui non interessa indagare.
Si tratta di due operazioni normalmente distinte ancorché facciano parte dello stesso flusso. In altri termini sono due sezioni diverse della comunicazione.
Se l’erogazione liberale avviene nello stesso anno fiscale della restituzione in tutto o in parte, a parere di chi scrive, non si commette peccato a compilare un unico record riportante la somma algebrica delle due operazioni. Tuttavia se si tengono distinte tra loro è meglio, perché in caso di controllo l’operazione di riscontro con i movimenti finanziari risulterà più immediata.
Se l’erogazione liberale è relativa all’anno n e la restituzione è invece riferita all’anno n-1 allora si tratta di due operazioni da tenere distinte poiché nella dichiarazione andrà a costituire un onere successivamente rimborsato che, a scelta del contribuente, può essere ripreso a tassazione ordinaria oppure costituisce un reddito soggetto a tassazione separata.

E quello del controllo dei codici fiscali
Nel decreto non viene risolto il problema della verifica della validità del codice fiscale sicché potrebbe accadere che, effettuato l’invio, il sistema scarti l’intero file inviato oppure il record relativo al nominativo per il quale il codice fiscale non è valido.
Ricostruire il codice fiscale attraverso i tools di calcolo mediante i dati anagrafici del donatore non è una buona soluzione: i casi di omocodia sono sempre più numerosi, soprattutto tra i codici fiscali dei contribuenti nati all’estero.
Sarebbe assai di aiuto alle organizzazioni poter effettuare un controllo preventivo sulla validità dei codici fiscali per poter bonificare quelle posizioni che non risultano presenti nell’Anagrafe tributaria.

Il caso delle erogazioni liberali a cavallo d’anno
Non è infrequente che le erogazioni liberali disposte il 31 dicembre siano accreditate all’ente beneficiario il 2 gennaio dell’anno successivo.
Come vanno considerate ai fini della comunicazione all’Agenzia delle entrate? sono dell’anno n o dell’anno n+1?
La questione riguarda anche gli SDD che normalmente scadono a fine mese che, se l’anno chiude con un sabato o una domenica, generano per forza movimenti nell’anno successivo. L’Agenzia delle entrate si era pronunciata sull’argomento affermando che devono essere considerate nell’anno n ancorché le scritture sul conto corrente del beneficiario avvengano nell’anno n+1 perché incontrovertibilmente si riferiscono ad operazioni disposte nell’anno n.
Utilizzando lo stesso principio, le erogazioni liberali di questo tipo dovranno essere inserite nella comunicazione relativa all’anno n.

Infine: e le donazioni?
Nel decreto si parla esclusivamente delle erogazioni liberali. Cosa accade però se un donatore effettua una donazione in denaro ex art. 769 cod.civ., conclusa con la solennità prevista dal successivo art. 782?
Le erogazioni liberali sono infatti delle donazioni di modico valore che, proprio per questo, sono valide ancorché non sia rispettata la forma dell’atto pubblico.
Come molti sapranno non esiste un limite stabilito dal legislatore oltre il quale una dazione in denaro a titolo di liberalità è considerata donazione o, al di sotto del quale è considerata erogazione liberale.
Il legislatore rinvia il distinguo alla capacità patrimoniale del soggetto che dona.
E’ parere di chi scrive che la questione debba essere affrontata dall’ente con un proprio manuale delle procedure interno nel quale si stabilisce una soglia, in funzione del costo per la redazione del contratto di donazione in forma pubblica e quindi dell’economicità dell’operazione, le liberalità in denaro sono considerate semplici erogazioni liberali o donazioni vere e proprie.
E’ altresì parere di chi scrive che entrambe le forme, se effettuate in denaro e mediante mezzi di pagamento tracciabili, debbano essere oggetto di rilevazione e successivo invio all’Agenzia delle entrate, ancorché questa abbia, per altra via (registrazione dell’atto) la possibilità di recuperare tutti i dati necessari. Questo perché l’esiguità del tempo a disposizione e le finalità dell’operazione (popolamento dei dati delle dichiarazioni fiscali) sono operazioni che necessitano di canali diretti dai quali derivano i dati.

Quali i canali di trasmissione?
L’inoltro telematico sarà effettuato sia in proprio dagli enti attraverso il canale Fisconline sia attraverso gli intermediari telematici attraverso il canale Entratel


Si ringrazia Alberto Almagioni per la gentile collaborazione nella stesura di questo intervento

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