A pag 2 de Il Sole 24 Ore di oggi, trovate i primi dati di una ricerca condotta dalla Fivol in merito alla sussistenza dei requisiti ex L 266/91 nelle organizzazioni di volontariato.
Il succo è che alcune ODV si dicono tali anche quando non le sono.
Bisogna intendersi; continuiamo a NON parlare dei casi “truffaldini”, di dolo, anche perchè il bravo truffatore non si fa scovare da un’indagine statistica, non risponde ad un questionario “sì è vero, vi piglio tutti per il naso; non sono una ODV”.
Qui stiamo parlando di organizzazioni che – a volte con molto pelo sullo stomaco – continuano a dirsi ODV anche quando sanno che uno dei requisiti sostanziali richiesti dalla legge non sono stati rispettati.
Ora, senza anticipare i risultati e l’articolo interessante di Elio Silva, le irregolarità riscontrate sulle ODV sospette (solo su quelle, non sul totale delle ODV!) rilevano che:
– il 50% fornisce prestazioni non gratuite
– il 21% ritiene opportuno riconoscere rimborsi spesa forfettari
– il 29% vede prevalere il lavoro pagato sull’attività volontaristica
Nella stessa pagina trovate un articolo sui requisiti e benefici dell’iscrizione ai registri, a firma di un oscuro personaggio; ma molto più interessanti sono le posizioni – che è dir poco definire “in antitesi tra loro” – sulla questione della gratuità / volontariato di AUSER e MOVI.
Riprendono la vexata quaestio che ha dato origine tra l’altro al botta e risposta tra il Forum del Terzo Settore e il MOVI che trovate a partire da questa lettera dei secondi, pubblicata su Vita.
Da questi dati e a partire da queste posizioni si può iniziare un cammino di riforma della Legge quadro sul volontariato.
Carlo Mazzini
