Dal punto di vista mediatico, non c’è nulla da dire. La campagna #NoprofitNoIva sta avendo successo grazie a Corriere e La7, i quali, avendo promosso una lodevolissima campagna ai tempi del terremoto in Emilia, scoprono oggi che con quei soldi acquistano beni e servizi gravati di IVA.
Fanno bene i mass-media (a partire da Corriere Sociale) a spingere sul tema, in quanto si tratta di un vero paradosso (etimologicamente “contro l’opinione comune della gente”) il fatto che sugli acquisti effettuati con le donazioni si debba pagare l’IVA. Che poi, come scrive Concari, ciò abbia una sua logica tributaria, è anche vero e sottoscrivo totalmente. Rimane però il retrogusto amarognolo di leggera presa per i fondelli.
Fanno male però – i mass media e non solo loro – a far entrare nell’argomento #Noprofitnoiva anche la questione delle detrazioni / deduzioni sulle donazioni, perché lo capirebbe chiunque che si tratta di due argomenti che si sfiorano soltanto. Capisco la voglia di far aumentare l’indignazione nel lettore, ma si rischia di perdere l’obiettivo che è quello di farci dire dai politici se credono che possa esserci qualcosa da fare sulla questione IVA oppure no.
Ma la tentazione è grande, e alla fine ci sono caduto anch’io quando, alcuni giorni fa, una gentile giornalista del Corriere mi ha posto qualche domanda al telefono, mentre febbricitante mi facevo di Tachipirina che neanche Bob Marley nei suoi anni migliori … . Fossi stato un po’ più lucido, e la colpa non è solo della febbre ma soprattutto della mia dabbenaggine, avrei dovuto chiedere: “ma perché mi chiede delle detrazioni / deduzioni? Che c’entrano con la vostra giusta “battaglia” contro l’Iva sugli acquisti effettuati con le raccolte fondi?” Ahimè, in quel momento non mi è passato un refolo di intelligenza nella scatola cranica, e così li ho informati che esisteva la “+ dai, – versi” e anche una recente norma che riconosce un credito d’imposta a chi finanzia i beni culturali pubblici. Giusto per fare un inutile minestrone.
A parte la mia defaiance, ho notato che anche i nostri politici hanno straparlato, confondendo i due piani. Per carità, non è propriamente una novità, ma per l’occasione non si sono smentiti.
Quello che viene dall’Antico Testamento – il Patriarca – afferma a Repubblica (l’aveva già fatto col Corriere):
“Non si può tassare la solidarietà. La riforma del terzo settore prevede la razionalizzazione e la semplificazione del regime di deducibilità e detraibilità delle erogazioni liberali per il no profit. Per me ‘razionalizzare’ significa abbattere l’Iva e raggiungere la detrazione totale delle donazioni, senza prevedere alcun tetto massimo”.
Un altro che normalmente è molto più misurato del collega nelle sue uscite – il sottosegretario Bobba – afferma a Vita:
“Sulla questione dell’esenzione Iva per le non profit, di cui si discute molto sui giornali in questi giorni, dico solo che occorre fare attenzione, perché premiando il donatore si rischia poi di non poter più favorire chi riceve“. Il significato della frase mi è davvero oscuro, provate a rileggerla! Ma bisogna capirlo, era a Rimini al Meeting di CL, e si sa che essi si esprimono in modo che gli altri non capiscano, e lui evidentemente si è adeguato.
Ma mettiamo ordine nell’argomento.
– Se si vuole “abbattere l’IVA e raggiungere la detrazione totale delle donazioni” (l’ha detto quello del Monte Sinai) ci vogliono i soldi: ma la Grande Riforma del Terzo Settore deve essere fatta con euro zero, dato che Bobba, Patriarca e Co. hanno scritto nel disegno di legge delega (art 7, c 1) “Dall’attuazione delle deleghe di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Quindi o non sanno quello che dicono, o non sanno quello che hanno scritto. Legislatori a loro insaputa!
– Come già detto da Concari, la legge Iva deriva da una norma comunitaria non aggirabile, pena sanzioni. Trovino loro – i nostri eroi parlamentari e di governo – il modo di prevedere nella prima norma (quella comunitaria) una modalità per abbattere o ridurre il peso dell’Iva sui beni e servizi acquistati per le buone cause. A livello di normativa italiana, si potrebbe ricorrere al credito d’imposta riconosciuto al venditore, ma una cosa è applicarlo alle ambulanze come succede da una quindicina d’anni (le ambulanze sono beni mobili registrati non utilizzabili per altre finalità), altro è farlo in riferimento a computer o beni di consumo, con rischio abuso davvero alto. Tutto ciò, peraltro, continua ad avere un peso sulle finanze. Chi lo paga?
– La razionalizzazione delle misure fiscali di detrazioni e deduzioni alle donazioni (riportata meritoriamente nel ddld) passa necessariamente da un taglio non dei benefici ma del numero di norme (circa 30) che oggi infestano il TUIR, e che si incrociano poco magicamente tra loro. Ridurre le agevolazioni a pochi casi, chiarire i soggetti beneficiari delle donazioni, palesare le attività premiate, semplificare le modalità di erogazione, ridurre gli adempimenti a carico di chi eroga. Fatto questo, i nostri eroi riceverebbero il plauso della nazione intiera!
– Basta – cari Parlamentari – con le frasi ad effetto “non si può tassare la solidarietà!”. Non è credibile in bocca di chi regge con il suo voto il Governo (o ne fa parte) che sta tassando la solidarietà in perfetta continuità con i governi precedenti. Prima togliete o riducete le imposte (per quanto in questo momento è possibile fare, si capisce) e poi venite a dire “Visto che ce l’abbiamo fatta?”. E noi ci spelleremo le mani dagli applausi che vi meriterete. Per ora, davanti alla frase “non si può tassare la solidarietà!” io rispondo “e lo dici tu? a me?”
Cari Parlamentari, prima di stracciarvi le vesti e strapparvi i capelli, folgorati dalle notizie non nuove come quella dell’IVA e delle donazioni, ricordatevi che siete stati investiti – anche se non abbiamo ancora capito da chi – di un grande potere. VOI potete fare la differenza, e ci aspettiamo che la facciate.
E ricordatevi quello che disse un grande pensatore moderno, Professore Peter Parker, della Marvel University: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità!”
Carlo Mazzini