5 per mille: anche con pochi dati si può scoprire molto

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Partiamo da un concetto facile facile: più dati vengono messi a disposizione dei cittadini, maggiore conoscenza può essere condivisa. Il “può” è d’obbligo, e indica una potenzialità, non un automatismo, una condizione necessaria (senza i dati non si fa nulla) ma non sufficiente, in quanto ci deve essere qualcuno che elabora e pubblica i dati.

Da alcuni anni NPsolutions offre gratuitamente sul suo portale un comodissimo tool grazie al quale ogni organizzazione può esaminare il proprio 5 per mille, gli andamenti totali, le quote pro-capite, il numero di preferenze. E’ davvero un bel lavoro, che all’inizio ha dovuto fare i conti con alcuni errori che i tecnici della società hanno riscontrato negli elenchi, ma che di anno in anno è stato affinato.

Provatelo da qui.

A metà giugno, il Sole 24 Ore ha messo online un altro strumento altrettanto interessante, a cura di Michela Inizio, in questo caso riferito al solo 2013, le cui liste sono state pubblicate a metà maggio dall’Agenzia delle Entrate, con il solito inspiegabile ritardo.

Qui trovate una slideshow con alcuni casi “particolari”, di enti con altissime quote pro-capite.

Qui trovate un’infografica molto accattivante che riporta diversi dati, tra i quali: la classifica generale, gli enti con l’importo medio più alto, i Comuni che hanno ricevuto – per le proprie attività sociali – i maggiori importi, la distribuzione dei fondi per provincia. Andateci, provatelo: ci perderete (ops!) passerete un sacco di tempo.

Altro passaggio, questa volta autobiografico. A gennaio di quest’anno, ho tenuto un corso – per Confinionline – sul 5 per mille ad una quarantina di pazienti uditori, durato ben 7 ore! Cosa avrò detto in 7 ore? Curiosoni, dovevate venirci. Sappiate che sono partito dai dati delle dichiarazioni dei redditi, gli stessi che hanno permesso a me e a Valentina Melis di dire quello che abbiamo detto sul Sole 24 Ore in relazione alla ruberia di Stato che negli ultimi anni si è inglobato 500 milioni (!) mettendo i famosi tetti ai 5 per mille. Estrapolando i dati delle dichiarazioni dei redditi sono venute fuori molte informazioni, ovviamente non completissime, in quanto erano – appunto – estrapolazioni. Ad esempio, se un ente mi chiedesse “dobbiamo fare un’inserzione sul giornale, ma dobbiamo scegliere – per budget di spesa limitato – se andare sull’edizione del Nord Ovest piuttosto che su quella del Nord Est: qual è la scelta migliore?” Risponderei, come ho fatto, “Poniamo il caso che siate presenti con le vostre attività tanto da una parte quanto dall’altra, la scelta migliore è …” e gliel’ho detto … 😀

E qui veniamo all’ultima questione.

Dicevo che più dati abbiamo e maggiore è la consapevolezza dei cittadini. In realtà, sul 5 per mille sappiamo davvero poco, e questo perché lo Stato non offre statistiche utili alle organizzazioni per indirizzare meglio le loro politiche di fundraising. E perché non lo fa? Direi che non lo fa per un misto di supponenza (io sono lo Stato e voi siete sudditi, non cittadini) e ignoranza, ma di quella crassa crassa.

L’ignoranza è sul fundraising, materia non banale, ma che come tante cose viene trattata con sufficienza da chi guida le nostre sorti comuni.

Nella realtà, le strutture ministeriali vivono il 5 per mille come una vera iattura, uno di quei compiti dei quali farebbero volentieri a meno, ed invece di approfondirne il meccanismo (economico, fiscale, sociologico, di marketing) lo trattano come elemosina di Stato.

Se non pensassero che le organizzazioni devono accontentarsi di ciò che arriva loro dal 5 per mille senza farsi troppe domande, così come il povero non chiede nome e cognome di chi gli dà i soldi, se non ci trattassero come soggetti non professionali (storcono la bocca, alzano le sopracciglia, corrugano la fronte quando sentono parlare di professionisti al servizio delle non profit), se non fossero così concentrati sul loro ombelico, capirebbero che dare maggiori dati alle organizzazioni farebbe aumentare l’efficienza delle attività di fundraising di piccole, medie e grandi organizzazioni.

Raccolgo alcune idee (di altri) emerse in questi anni, aggiungendo qualcosa di mio.

1. inserire nella dichiarazione dei redditi la casella “desidero che i miei dati anagrafici siano inviati al soggetto che ho scelto per il 5 per mille”. Diamo libertà al contribuente se farlo sapere o meno. Ogni estrazione per ente potrebbe avere un prezzo (diciamo 20 euro). Se lo chiedessero 50mila organizzazioni, l’Agenzia delle Entrate otterrebbe 1 milione di euro.

2. Inserire nei dati delle dichiarazioni dei redditi diffusi sul sito delle finanze anche quelli relativi al 5 per mille

3. comunicare i dati percentuali ed assoluti delle tipologie di contribuenti (pensionati, lavoratori autonomi, dipendenti ecc) e di dichiarazioni (730, unico, CU)

Volete proporre qualcos’altro?

Carlo Mazzini

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