5 per mille 2011: l’insostenibile leggerezza dell’essere di Agenzia per le Onlus e Istituto della Donazione

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Come Gianni e Pinotto. Fanno ridere, ma dalle battute capisci che sono un retaggio del passato. Che adesso la sensibilità è cambiata e quando senti le loro battute ti rimane addosso un velo di tristezza.

L’Agenzia per le Onlus e l’Istituto Italiano della Donazione, peraltro, non sarebbero comici, ma danno il meglio di loro stessi in occasione delle crisi, dei casus belli, della deflagrazione mediatica di una qualche porcheria che danneggia il non profit.

Agenzia per le Onlus.

Nello stesso giorno in cui Isabella Bossi Fedrigotti lanciava il suo grido d’allarme sulla prima pagina del Corriere, il Prof Zamagni parlava (Italia Oggi) di “intangibili”, in occasione di un suo intervento ad un convegno. Gli intangibili – scusate la banalizzazione – sono quei fenomeni che non possono essere misurati facendo ricorso alle dimensioni economiche ma che sono rilevanti per misurare le attività sociali (tanto del non profit quanto di istituzioni e aziende).

Il Presidente dell’Agenzia per le Onlus parlava pertanto dell’Agenzia stessa, mi verrebbe da chiosare.

Intangibile.

E pensare che mi sforzo sempre di parlarne bene – dell’Agenzia – in quanto ho fiducia nei suoi funzionari. Più volte l’Agenzia si è dimostrata utile, seppur sempre ben al di sotto delle aspettative per un paese civile.

Con la scusa che non hanno soldi – che è un’ottima scusa ma rimane … una scusa – sono fermi immobili, intangibili.

Eppure hanno le conoscenze (spesso, non sempre), hanno al proprio interno consiglieri capaci, famosi per avere un sapere ponderato negli anni sul non profit, a partire proprio dal Presidente.

L’altra scusa è che dipendono dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. E allora? Di cosa hanno paura? Di protestare troppo? Cosa rischiano, di non essere più rieletti? Ma è una certezza, dato che ad oggi la norma non consente la rielezione dei consiglieri. Non comprendo proprio perché mai, dopo aver presentato – due anni fa – una lettura evolutiva del 5 per mille (con un’analisi che non condivido in pieno ma che è una SIGNORA analisi con buone e perfettibili proposte) l’Agenzia non dica pubblicamente la propria.

Certo, se è per dire – come fece su Vita Zamagni ad Aprile in occasione della quintuplicazione delle tariffe postali per il non profit – che il non profit non deve fare rivendicazioni neocorporative … allora è meglio stare zitti.

Istituto Italiano della Donazione

l’IID è un’iniziativa privata, ha padri e madri nobili; ha una funzione più che condivisibile.

Ha però un difetto del quale prima riesce a disfarsi e meglio è; l’autoreferenzialità.

Sia su Vita che sul sito dell’Istituto, l’IID dà letteralmente i numeri: vi si legge

“Dall’indagine emerge infatti che ben il 52% delle Organizzazioni italiane attribuisce agli introiti derivanti dal 5 per mille un’incidenza maggiore del 5% sul totale dei propri proventi. Di questa percentuale (52%), il 18% segnala un’incidenza degli introiti 5 per mille superiore al 15% del totale delle proprie entrate.”

Per parlare del 5 per mille fanno riferimento ad una lodevolissima indagine che periodicamente l’IID realizza sulle raccolte fondi nel non profit.

Ma poco prima si legge, attoniti:

“il 5 per mille, nonostante i ritardi nelle erogazioni e il suo stato precario a ogni approvazione di Finanziaria, si è confermato nel tempo uno strumento su cui praticamente la totalità delle Organizzazioni Non Profit italiane (90%) fa affidamento

E’ qui che mi sono fermato ed ho pensato … non è che credono che ciò che rilevano rappresenti tutto il non profit? Davvero sono cisì sprovveduti?

Ma se gli iscritti al 5 per mille sono tra i 40 e i 70 mila (dipende dagli anni e dalla fregola del legislatore), vorrebbe dire che vi sono solo 4 o 7 mila enti “esclusi”, che non hanno diritto ad entrare nella misura. E pensare che io mi ero fatto incantare dai numeri dell’ISTAT di 10 anni fa (oltre 220mila organizzazioni) e quelli analoghi di due anni fa comunicati dall’Agenzia delle Entrate, per il modello EAS (solo associazioni e non Onlus ecc).

A prima vista, direi che sono degli sprovveduti a pensare veramente che il loro campione di 104 organizzazioni abbia le caratteristiche di un campione rappresentativo.

Mettiamo le cose in chiaro. Anche dalla lettura della slide 4 del pdf (settore di attività del campione) si capisce che non è rappresentativo di nulla.

O credete veramente che il non profit sia composto per il 56% da ONG (nella realtà sono meno dell’1%)?

IN CONCLUSIONE

Tante cose potevate dire, cari Agenzia e Istituto. Potevate unire, al grido di dolore del non profit, la vostra voce con autorevoli – e comprensibili, per cortesia – commenti.

Ancora una volta, non avete colto l’attimo.

Carlo Mazzini

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