L’inutilità dei rendiconti 5 per mille: i fatti sono più forti delle opinioni

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CalculatorsTrasparenza! Guai ai ladri! Caccia ai furbetti!

Queste grida si alzarono dopo due anni di 5 per mille perché qualcuno – poco e quindi mal informato – iniziò a sospettare sulla vera destinazione di tutti quei soldi arrivati dai contribuenti alle Onlus e dintorni. Ovviamente quel qualcuno abitava “il palazzo” e forse anche qualche giornale (che del “Palazzo” è sempre più una dependance).

Tanto rumore fu fatto che nel 2008 venne introdotta la norma relativa alla rendicontazione del 5×1000. Giusta? Opportuna? Furbetta? Diciamo un pò tutte e tre le cose insieme, ed il perché l’ho già spiegato qui argomentando le mie opinioni in merito a quella che mi appare la necessaria abolizione dello specifico rendiconto.

Diciamo che i Ministeri fanno di tutto per darmi ragione, e il perché è presto spiegato.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha il compito di erogare e vigilare sul 5 per mille dato al cd “volontariato”.

Per il 2008 – quando era fatto obbligo di invio del rendiconto alle organizzazioni che avessero incassato cifre pari o superiori a 15.000 euro – il numero di soggetti da esaminare sono 2.641. Nei giorni scorsi, il Ministero ha aperto una nuova pagina nel suo sito e ha pubblicato i decreti dirigenziali con gli esiti delle riunioni di commissioni istituite ad hoc in cui sono stati esaminati i casi, cioé i rendiconti. Logica vorrebbe che a fine lavoro presentassero un excel con l’elenco delle organizzazioni sopra i 15k € e due colonne dove si veda a) se queste hanno presentato il rendiconto, b) se il rendiconto è congruo rispetto alle linee guida dettate dal Ministero.

Il Ministero, in logica ministeriale – quindi non umana -, presenta i decreti dirigenziali (!!) con in allegato elenchi parziali delle organizzazioni probe. A cosa servono queste documentazioni? A nulla, in quanto le organizzazioni devono scaricarsi “n” file prima di capire se hanno passato l’esame, e se dopo un bel pò di megabyte di scarico non si trovano, non devono tremare pensando di non aver passato l’esame ma solo aspettare il loro turno di controllo. Ma questo nessuno glielo dice: nessuno dice che è un work in progress, che ad oggi il Ministero è al 70% dei controlli.

L’utilità della supposta operazione trasparenza è pari a zero per le organizzazioni e pari a MENO di ZERO per i cittadini che vorrebbero una comunicazione ben più chiara. Ma il problema sta nel manico, nel senso che solo la pubblicazione online di tutto il rendiconto annuale (includente il 5 per mille) potrebbe calmare le ansie dei cittadini sospettosi di truffe.

Altro esempio preclaro di trasparenza (presunta) è dato dal Ministero della Salute il quale ha pubblicato sul sito – raccolti per ente – i progetti finanziati. Il cittadino dovrebbe tranquillizzarsi vedendo che l’ente “alfa” ha finanziato con oltre mezzo milione di euro lo “Studio dei fattori genetici e immunitari legati alla sterilità e a patologie correlati a difetti di impianto” e l’organizzazione “beta” ha utilizzato somme per “Genome‐wide analysis of transcription factor interplay …”. Possiamo elevare un accorato “ecchisenefrega”? Intendiamoci: gli enti hanno fatto bene a inviare i rendiconti ma non hanno elevato – e non è colpa loro – di un centimetro la loro affidabilità vedendosi pubblicare titoli di cui il 99% degli italiani non capiscono il senso.

 

Sono invece due gli obiettivi che il cittadino vorrebbe vedere centrati.

Uno è la sicurezza che i soldi siano stati effettivamente spesi per le finalità istituzionali degli enti, e che quindi non se li siano intascati – invento, intendiamoci – per acquistare lauree in Albania. Ma qui, nè il Min del Lavoro, né quello della Salute (Miur, Sport e interno non pervenuti) hanno competenze e risorse per dire se ciò sia successo oppure no. Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate invece sì.

Secondo obiettivo. Quali risultati hanno prodotto questi investimenti nella ricerca, nella sicurezza sociale, nella lotta contro la povertà ecc? E in quanti anni si misura la bontà degli investimenti? E come la si misura? E vogliamo accettare che a volte la ricerca scientifica – per sua stessa natura – viene diretta verso obiettivi non riscontrabili e altre volte è persino fallimentare? E perché non ricordare che non è fallimentare una ricerca che porta ad un vicolo cieco perché consente ad altri ricercatori di non intraprendere più quella strada, della quale a priori non poteva essere conosciuta la destinazione?

Come vedete, la questione della rendicontazione di utilità sociale e scientifica delle attività di una non profit è roba troppo seria per lasciarla fare a manipoli di ministeriali.

Il controllo di “legittimità” o di onestà è doveroso. Al netto di quello, tutto il resto dovrebbe essere oggetto di un esame non di processo ma di prodotto finale: allungamento della vita media, migliori cure, minore incidenza della povertà ecc. Questi sono gli outcome da cercare non su base annuale (presa per i fondelli di proporzione ciclopica) ma – a seconda del settore di intervento – pluriennale.

Carlo Mazzini

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2 commenti

  1. IL 5 x mille è da considerarsi un contributo pubblico o privato ??
    Grazie anticipate per un’eventuale risposta- Carlo

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