Le nuove regole di rendicontazione del 5 per mille: molto fumo per poco arrosto bruciacchiato

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Possiamo rallegrarci per le nuove norme sul 5 per mille del DPCM 7.7.16 pubblicate il 9 agosto scorso in Gazzetta Ufficiale? (Qui il provvedimento)
Sì e no.
Come spesso succede, ci troviamo ad associare al plauso per una norma attesa da “soli” 10 anni lo stupore per l’ennesima occasione persa. Ma andiamo con ordine.
La buona notizia è che a partire dall’edizione 2017 del 5 per mille gli enti non dovranno più reiscriversi ogni anno, in quanto persino nelle stanze ministeriali ci si è accorti che chiedere ogni anno lo stesso adempimento che poteva essere effettuato una volta sola è pratica utile alle sole poste (50.000 raccomandate) e agli intermediari abilitati (CAF e commercialisti). In termini di “sicurezza” per la pubblica fede, le due iscrizioni reiterate anno per anno erano assolutamente inutili.
Gaudemus, igitur!
Ma – c’è sempre un ma -, dato che per ragioni a me assolutamente oscure si richiede che il legale rappresentante dica che il documento che ha inviato l’intermediario abilitato (con firma dello stesso legale rappresentante che lo autorizzava a farlo) ha un contenuto che corrisponde al vero (in quanto comunque dichiarato dallo stesso legale rappresentante, certo non dall’intermediario), allora cosa succede se – come normale – nel tempo il legale rappresentante cambia?
E qui casca l’asino, cioè il ministeriale di turno!
Se cambia il legale rappresentante, c’è necessità di una nuova dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà firmata dal nuovo legale rappresentante; dichiarazione che dovrà essere effettuata con modalità da stabilire.
Ma, e qui viene il BRUTTO, cosa succede se il nuovo legale rappresentante non viene informato dell’obbligo ad adempiere? Una cosa da nulla, cosa volete che sia! Semplicemente l’ente decade dal poter ricevere il contributo del 5 per mille!
Ora, io mi chiedo quale mente ottusa abbia potuto soltanto pensarla una eventualità del genere. Ma non si sono accorti che il 95% delle organizzazioni sono amministrate da volontari e che uno dei maggiori problemi è la trasmissione dei saperi burocratici da vecchia consigliatura a nuova consigliatura?
Oltre a questa bruttura, abbiamo altre “novità” neppure tanto stupefacenti. Dal lato ministeriale, i ministeri devono pubblicare non solo – come ora – gli elenchi dei beneficiari con gli importi da erogare (sempre in ritardo, qui nessuna novità), ma anche gli elenchi dei beneficiari con le date di erogazione effettive e gli importi. Inoltre i ministeri devono pubblicare i rendiconti e le relazioni illustrative inviate dai beneficiari (finalmente!!! In realtà MIUR e Sanità già lo facevano, ma senza relazioni illustrative).
Inoltre, proprio sul versante rendicontazione c’è la non novità dell’obbligo di rendicontazione riportando i seguenti dati (art 3, c 1):
“a) i dati identificativi del beneficiario, tra cui la denominazione sociale, il codice fiscale, la sede legale, l’indirizzo di posta elettronica e lo scopo dell’attivita’ sociale, nonche’ del rappresentante legale;
b) l’anno finanziario cui si riferisce l’erogazione, la data di percezione e l’importo percepito;
c) l’indicazione delle spese sostenute per il funzionamento del soggetto beneficiario, ivi incluse le spese per risorse umane e per l’acquisto di beni e servizi, dettagliate per singole voci di spesa, con l’evidenziazione della loro riconduzione alle finalita’ ed agli scopi istituzionali del soggetto beneficiario;
d) le altre voci di spesa comunque destinate ad attivita’ direttamente riconducibili alle finalita’ ed agli scopi istituzionali del soggetto beneficiario;
e) l’indicazione dettagliata degli eventuali accantonamenti delle somme percepite per la realizzazione di progetti pluriennali, fermo restando l’obbligo di rendicontazione successivamente al loro utilizzo.”
Non molto di nuovo sotto il sole se non che bisogna capire che livello di dettaglio si intenda chiedere.
Come al solito ci ritroveremo a spendere fraccate di ore di amministrazione perché qualche ministeriale capisca come abbiamo speso i soldi. Come fare poi a evidenziare la riconduzione di certe spese alle finalità istituzionali? Voglio dire: cosa capiranno di certi costi? Se un ente acquista un servizio di consulenza sulla legislazione del non profit (giusto il mio caso), ci sarà qualcuno che potrà fare le pulci su questo acquisto? Hanno già fatto tanti guai vietando – inutilmente e ottusamente – l’acquisto di pubblicità per il 5 per mille; andranno avanti in questo tragitto di ottusità e di ignoranza di come funziona un ente? E per andare dove? Perché questo, in fondo, è il quesito più lacerante: ma dove vogliono arrivare?
Carlo Mazzini
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