La Flat-Tax nuoce gravemente al Non-Profit

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Di come un qualsiasi programma di alleggerimento delle imposte potrebbe scardinare il 5 per mille.


Vi siete mai chiesti su quale casellina della dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle entrate va a calcolare la contribuzione del 5 per mille? e pure dell’8 e del 2 per mille?

La risposta è la casella dell’imposta netta.

Perciò si va a prendere (con riferimento ai modelli in uso nel 2019)

  • la casella RN26 del mod. Redditi PF oppure
  • la casella 50 del modello 730 oppure
  • il punto 21 del modello CU

e si calcolano i vari per mille del caso, in base alle scelte del contribuente.
Fino qui tutto bene.

Ma proviamo a pensare a cosa accadrà nelle dichiarazioni fiscali dei contribuenti che, già dal 2019, stanno applicando il primo abbozzo della flat-tax estesa a imprese e lavoratori autonomi con un volume di affari sino a 65mila euro.

Questa platea di contribuenti per prima cosa compilerà il mod. redditi PF ma non effettuerà la liquidazione delle imposte nel quadro RN perché la flat-tax è un’imposta sostitutiva e quindi va  liquidata in un quadro a parte.

Ciò significa che questi contribuenti, senza alcun correttivo, non potranno devolvere nessun “per mille”.

Ammettiamo ora che la flat-tax sia estesa anche alla platea dei lavoratori dipendenti.
L’ipotesi al momento sembra peregrina, considerata l’attuale situazione politica italiana.

Tuttavia, proviamo ad immaginare ora che un governo successivo decida di spingere verso una tassazione sostitutiva anche per i redditi da lavoro dipendente e assimilati.

Per prima cosa iniziamo col dire che attualmente più di 10 milioni di contribuenti italiani sono “incapienti” cioè hanno detrazioni di imposta tali da azzerare l’imposta lorda e quindi si presentano con la casella 50 del 730 o la casella RN26 del modello redditi PF a zero. Tutto questo esercito di contribuenti, anche se firmasse per la devoluzione di un qualche “per mille”, non devolverebbe nulla perché la base di calcolo è zero.
Si ricordi sempre la formula matematica (grossolana, ma rende l’idea) secondo la quale il tot per cento di un tubo (zero), è sempre uguale a un tubo (cioè zero).

Poi occorrerà vedere se il regime sarà di tipo obbligatorio o su scelta del contribuente in base ad una qualche clausola di salvaguardia: questo perché se il contribuente avesse oneri deducibili/detraibili, in un regime di imposta sostitutiva, questi non potrebbero essere fatti valere proprio perché l’aliquota inferiore dovrebbe “assorbire” gli sconti fiscali previsti dal regime ordinario di tassazione.

Fatta questa prima verifica, ammettiamo che il regime flat-tax sia conveniente per i lavoratori dipendenti: tutta questa platea non arriverebbe più a compilare il quadro RN del mod. Redditi PF o la casella 50 del mod. 730 perché l’imposta, sostitutiva dell’IRPeF, sarebbe liquidata in un altro quadro.

Il problema quindi non sarà il depauperamento del monte IRPeF bensì della platea dei contribuenti potenziali donatori dei vari “per mille”, soprattutto perché dal mondo del lavoro dipendente, storicamente, arriva una grossa fetta dei soggetti donatori.

E quand’anche si inserisse un correttivo al meccanismo di calcolo, per esempio si stabilisse che i “per mille” si calcolano anche sulla flat-tax, l’ammontare ne risulterebbe depauperato: la base di calcolo sarebbe inferiore, posto che la flat-tax sarebbe inferiore all’IRPeF ordinaria.

Il messaggio sottostante di questo intervento è perciò questo: cari fundraiser, enti non profit, università, istituti di ricerca, associazioni sportive dilettantistiche, confessioni religiose e… no… ai partiti politici non lo diciamo, perché sono loro che poi determinano queste distorsioni, attenzione a ciò che accadrà in tema di flat-tax perché nuoce gravemente al sistema di erogazione liberale attraverso le imposte sui redditi.

Gianpaolo Concari

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