Nell’ultimo numero di Vita, Arduini fa il punto della situazione sul pensiero intorno all’Impresa sociale. Ho più volte espresso la mia “alta” (mt 1,84) opinione su una legge di bassa, infima lega. La trovate qui.
Nell’inchiesta – della quale trovate una schematizzazione nel sito del mensile – si mettono a confronto 6 scuole di pensiero che pongono in antitesi la capitalizzazione allo slancio verso il sociale / la mutualità. Ha la stessa utilità del chiedere ad un bambino: “vuoi più bene alla mamma o al papà?”
Ma prendiamo per buona questa dicotomia. La disfida è tra i bocconiani (Aziendalisti), gli innovatori, gli imprenditori del volontariato, gli yunusiani (seguaci del modello di microcredito di Yunus), i cooperativisti e gli economisti del civile (capeggiati dal prof Zamagni). Devo dire che mi ritrovo – con mia grande sorpresa – a tifare per gli aziendalisti, quelli che con un certo ritardo si sono accorti che senza la previsione di una divisione seppur minima degli utili non si va da nessuna parte. Molto rispetto per chi crede ancora nel cooperativismo, anche se rimango dell’idea che le cooperative e i loro consorzi non riescono a coprire tutti i bisogni di imprenditoria sociale e che pertanto un altro tipo di impresa sociale non solo è possibile ma è auspicabile.
Gli imprenditori del volontariato mi lasciano un pò freddo, dato che a mio avviso prospettano più un ossimoro che un qualcosa di realizzabile. Gli innovatori (quelli degli hub e non solo) parlano di “modo” di far imprenditoria non di quale profilo giuridico fiscale dare alla nuova impresa sociale, e così anche gli yunusiani che a dispetto del nome da Star Trek portano in palmo di mano un modello vincente negli strati bassi della popolazione (chapeau!) ma nulla dicono quale forma deve avere l’impresa yunusiana (sembra di sentirli: “Diario del capitano: data astrale 9810 ..”).
E poi gli economisti civili. Più sento parlare il prof Zamagni e più mi chiedo perché – l’ho già scritto – sia caduto in disuso l’anno sabbatico. Copio dal sito di Vita la semplificazione di Arduini: “Non sono tanto interessati a una normazione speciale sull’impresa sociale, … Per loro la chiave di volta è la riforma del codice civile”. Capite? La legge sull’IS, quella che non è servita a nulla se non a farci rimanere all’età della pietra, non si tocca, oppure non è così rilevante modificarla. Certo però riformiamo il Codice civile!!! A me pare una contraddizione in termini, anche perché quando l’ultima commissione (Vietti? non ricordo) mise mano platonicamente – non se ne fece poi nulla – al codice civile, quello che partorì fu un marchingegno illeggibile utile solo a perpetrare ed incrementare il lavoro e i guadagni dei notai e di noi consulenti.
Ritornando alla questione centrale, credo che la contrapposizione tra le diverse scuole di pensiero sia in realtà fittizia. Dovrebbe essere evidente a tutti che senza la remunerazione dei capitali un’idea imprenditoriale non va da nessuna parte, anzi, non parte proprio (meno di 400 imprese sociali in 8 anni lo stanno a dimostrare!).
Poi, che a capitali disponibili uno voglia intraprendere la strada di Yunus, piuttosto che quella degli Hub, importa ma fino ad un certo punto. Il modello di sviluppo delle idee imprenditoriali sociali può essere declinato in diversi modi, ma, lo ripeto da cinico genovese, senza le palanche le idee rimangono idee.
Carlo Mazzini